Proprio a metà della Straniera, penultimo romanzo di Claudia Durastanti, la narratrice sente parlare della Basilicata, terra di origine della sua famiglia e dove a quel punto del romanzo è tornata a vivere, come di una terra di «geologie immortali»:

dalle nostre parti si trovavano paesaggi apocalittici e lunari che sarebbero stati molto richiesti dal mercato quando tutto il resto sarebbe stato banalizzato, ma per quella tigna ruvida e ostile tipica di certi comuni lucani, l’invasione non sarebbe mai riuscita: qualcosa nell’ecosistema si sarebbe ribellato, e avrebbe rinnegato ogni spora. Era vero, ma in qualche modo io ero rimasta, mia madre era rimasta: non eravamo attecchite, ma neanche eravamo state spazzate via, dimostrazione che la natura non è fatta solo da perdenti o vincenti; la maggior parte delle sue sostanze sta, e si dimentica.

Si può identificare in questo breve paragrafo quello che è il cuore di Missitalia, l’ultimo romanzo che Durastanti ha pubblicato nel 2024 sempre per La nave di Teseo. In questo libro multiforme, in cui l’autrice abbandona l’impianto autofinzionale della Straniera, la Basilicata è setting e oggetto di una narrazione stratificata su tre diversi piani temporali che, in un certo senso, ne illustrano il destino in relazione agli spazi e ai tempi della nazione. La prima parte è ambientata nei primi anni successivi all’Unità d’Italia; la seconda negli anni ’50, e la terza un secolo dopo – e più precisamente sulla luna.

Proprio la luna, che campeggia dorata sulla copertina del libro, come la Basilicata – ma, per estensione, come tutto il Sud – è simbolo allo stesso tempo di alterità e di conquista. Con Missitalia, infatti, Durastanti elabora il rapporto stretto tra estrattivismo e immaginazione geografica; o, in altre parole, tra colonizzazione del territorio e colonizzazione dell’immaginario.

La geologia estrattiva è ciò che scandisce i tempi e la struttura del romanzo. Le tre parti seguono la storia del petrolio nella Val d’Agri, un’area così ricca di questa risorsa da aver ricevuto l’appellativo di “Texas d’Europa”. Le tre parti del romanzo sono dunque organizzate in rapporto alla scoperta, allo sfruttamento e all’esaurimento dei giacimenti petroliferi; così, la geologia definisce la geografia – umana e fisica – della regione.

Queste tre parti hanno come protagoniste tre donne: Amalia Spada, Ada e A. La progressiva rarefazione dei loro nomi rispecchia quella delle tre storie. La prima parte, Le anguille, al tempo presente, è la più corposa e ricca di personaggi. In una Basilicata postrisorgimentale, non neoborbonica ma non ancora italiana, Amalia Spada è una sorta di avventuriera che, nella sua casa-alveare che si sviluppa nelle profondità di una caverna, dà rifugio a reietti e sbandati in fuga, e a un gruppo di ragazze senza famiglia: Rosa Spina, Amanda, Mena e Elisabetta. Questi personaggi si muovono quindi in una geografia ancora refrattaria allo spazio-tempo della nuova nazione e del progresso.

Nella seconda parte, Acquasporca o Detesto i sopravvissuti, è la voce in prima persona della giovane antropologa Ada a raccontare una Basilicata “magica” e sempre più dipinta come arcaica e desolata, in parallelo all’attivazione dei primi pozzi petroliferi e dei primi gasdotti. La terza e ultima parte, Siamo stati felici nel futuro, è la più breve e asciutta; è raccontata al passato remoto ma ambientata sulla luna negli anni ’50 del Duemila. Ormai esauriti i giacimenti di petrolio, la Basilicata è diventata spazioporto, base di partenza per le colonie lunari, dove è stata ricollocata gran parte degli abitanti originari e dove ora risiede A, che riflette sul ciclo infinito del progresso e soprattutto su ciò che ne resta fuori: gli scarti, e l’idea stessa di fine.

In questo romanzo sull’estrazione e sullo sfruttamento delle risorse, il tema dello scarto è centrale, e si estende tanto allo spazio-tempo della Basilicata quanto ai suoi abitanti, che si fanno a loro volta entità geologiche il cui destino è segnato dal valore che il progresso può attribuire loro o da loro estrarre. La geologia è una delle grandi discipline alla base dello sviluppo del colonialismo. L’appropriazione territoriale e le dinamiche estrattive creano continuamente entità di scarto – umane e non umane – tramite sfruttamento e alterizzazione. Nei suoi studi sulle corresponsabilità della geologia nel razzismo coloniale, la geografa Kathryn Yusoff usa il termine «geologie fantasma» per riferirsi a quelle modalità alternative di immaginare e raccontare la Terra, di concettualizzare il tempo e lo spazio, che sono state soffocate dal colonialismo (Geologic Life, 2024). Parlando di geologie fantasma, Yusoff fa anche riferimento all’idea di “Missing Earths”, terre scomparse o perdute, o mai nate. Miss-Italia, quindi, si legge anche così:

quando le veniva da piangere, Amanda diceva “I miss america”, e poi spiegava che ‘miss’ significava signorina, una che non si era ancora sposata, ma voleva dire anche mancanza. Nella sua lingua madre, la nostalgia si ingarbugliava con la giovinezza, quando una persona non sapeva ancora cosa voleva essere nel futuro, e poteva diventare tutto. […] Per Amanda miss è una parola speciale perché non ci sono molti suoni che sanno tenere insieme la verginità, la nostalgia, e pure il bersaglio appena mancato.

Missitalia suggerisce una visione del Sud come uno spazio soffocato e spettrale, rispetto alla geografia dell’Italia. Quali sono le nostre immagini del Sud? Chi lo rappresenta? La storia del petrolio – trovato, estratto, esaurito – permette a Durastanti di sviluppare in realtà un altro tema profondo, e cioè quello dell’autonomia della rappresentazione nell’ambito di geografie e immaginari coloniali. Qui sta la centralità del femminile in Missitalia, che si fa portatore di una prospettiva autonoma e indipendente tanto sulla geografia quanto sull’immaginazione. Le figure maschili, soprattutto nelle prime due parti, sono qualificate solo dai loro ruoli, che sottintendono varie dinamiche di appropriazione sullo spazio e sulla rappresentazione: abbiamo il Perito, il Pittore, il Visconte, il Magnate, l’Antropologo – figure in realtà deboli, a cui le donne di Missitalia si ribellano. Alla fine della prima parte, Rosa Spina scrive una lettera al Visconte, che recita: «Avete stabilito, da gran signori, che potremo fare parte della Storia solo attraverso il passato. Per sederci alla vostra tavola, dovremo diventare simboli e farvi le magie. Guardateci, baciateci, la nostra povertà vi darà di che sfamarvi, venite a prendere i nostri vuoti, riempiteli con le vostre fantasie. Dipingeteci, saremo i vostri selvaggi. Colonizzateci, depredateci, amateci».

Corpi e materia, in Missitalia, mettono in scena la collisione tra la temporalità del colonialismo e quella dello spazio colonizzato. Nella prima parte, la costruzione di una fabbrica tessile tra i calanchi della Val d’Agri mostra proprio questo: «Progettare la Fabbrica significa ideare un nuovo ecosistema, anticipandone le tempeste e le correnti: bisogna pensare alla condensa che ogni persona si porta addosso. Gli esseri umani non sono solo corpi caldi o freddi, […] sono caliginosi, siderali, torridi, umidi e aridi». È proprio la casa-caverna di Amalia Spada a fornire un rifugio a questa umanità minerale e residuale:

i suoi clandestini mettevano la geografia davanti alla storia, perché la geografia era piena di buche in cui si potevano nascondere per accumulare combustibile e prendere la decisione di far saltare tutto in aria, un giorno. Perdere la terra non significa perdere solo il guadagno, significa perdere l’orientamento. Gli invasori vengono qui e provano a cambiargli tutte le mappe, l’unico modo per resistere è trasformarsi in una coordinata che nessuno può trovare. Bisogna diventare una destinazione segreta in una caccia al tesoro, una X a cui non si arriva mai.

Il sotterraneo è quindi allo stesso tempo spazio di resistenza e risorsa da sfruttare, e questa ambivalenza è ancora una volta relativa all’idea di valore. La luna stessa, specchio della Basilicata, è sia terra di frontiera – con le sue colonie – che scoria, formata dall’«enorme compattamento degli scarti altrui». Un altro esempio dell’ambivalenza del valore dato alla materia: nella prima parte, la giovane Rosa Spina, trova una pietruzza nera e untuosa – un frammento di asfalto naturale – che crede preziosa e che porta sempre con sé. Quando prova a venderla, si sente dire però che è solo un sasso: «è stata lei stessa a mutare la percezione di quell’oggetto in base all’umore o alla preoccupazione delle giornate, come se l’unico scopo di quel talismano fosse rivelare qualcosa della sua proprietaria». Ma il sassolino non rivela soltanto la storia di Rosa Spina, perché prelude anche a quella del petrolio, e del suo valore. Similmente, nella terza parte, A è incuriosita da una pietra simile, verde e opaca, che all’insaputa della protagonista sarebbe poi stata analizzata e avrebbe poi contribuito con nuove possibilità energetiche al  «al ciclo isterico delle risorse».

Si potrebbe, e non del tutto a torto, sostenere che Missitalia sia costruito come un romanzo a tesi, con le sue tre parti e le sue protagoniste impiegate in una narrazione chiara ed esplicita della costruzione e, al tempo stesso, del rovesciamento della subalternità. Tuttavia, proprio nel suo continuo equilibrio tra superfluo e funzionale, Missitalia si può leggere anche come un romanzo che rielabora la questione meridionale e la letteratura meridionalistica in ottica antropocenica, giocando cioè con i limiti di un immaginario geografico codificato, in un contesto in cui la geografia stessa è ormai in drastico mutamento. Durastanti lo fa affrontando quelle prospettive e quegli sguardi coloniali che hanno influenzato non solo la configurazione dello spazio, ma l’idea stessa del tempo come progressione e progresso – ciò che confina la Basilicata a un eterno passato, e a cui il futuro non appartiene. Si leggeva nella Straniera che in natura la maggior parte delle sostanze sta o si dimentica; potremmo forse aggiungere che ciò che resta indietro è in realtà latente sul fondo della nostra capacità di immaginare la geografia, muovendoci a una nostalgia di quelle terre fantasma che forse si possono osservare soltanto dalla luna.  


Claudia Durastanti, Missitalia, Milano, La Nave di Teseo 2024, € 20, 391 pp.