Pubblicata tra il 2023 e il 2024 da effequ e curata dalle studiose e scrittrici Olga Campofreda ed Eloisa Morra, Elettra è una collana narrativa costituita da cinque volumi ad opera di, nell’ordine di uscita: Marta Zura-Puntaroni (L’olivastro), Francesca Manfredi (Bestiario parentale), Francesca Scotti (Scintille), Giusi Marchetta (Quella è la porta) e Alessandra Sarchi (Ragazza senza nome). Se L’olivastro, Scintille, Quella è la porta e Ragazza senza nome sono definibili come racconti, Bestiario parentale ha una forma più memorialistica, proponendosi come una sorta di diario contenente le riflessioni della narratrice sul tema proposto dalla collana. Infatti, come suggerisce il nome stesso, Elettra ha l’intento programmatico di dare spazio e voce a un tema letterario storicamente poco affrontato dalla critica e dalla letteratura stessa: quello del rapporto tra padre e figlia.

Nell’introduzione che apre ogni volume, Campofreda e Morra spiegano come, nonostante il mito di Elettra sia entrato nella modernità attraverso la canonizzazione di Freud e Jung, la contemporaneità assiste alla diffusione del contro-mito del padre assente, amplificato da una letteratura egemonizzata dall’analisi e dal racconto del materno. La maternità ha storicamente e letterariamente definito le donne (scriventi), sia che si tratti di un rapporto castrante e quindi da uccidere (come nel matricidio teorizzato da Kristeva) o di un ordine simbolico da riscoprire e da salvare dalla cancellazione messa in atto dal patriarcato (come invece teorizzava Muraro). Spesso, e paradossalmente, la madre più del padre simboleggia il patriarcato dal quale le figlie scappano, toccate solo marginalmente dall’assenza paterna. Secondo le curatrici della collana, è questo il risultato diretto della tendenza della società patriarcale a cancellare i «mondi interiori di tutti i soggetti di genere maschile».

Elettra si propone proprio di riscrivere questa assenza, poiché sembra non essere più sufficiente uccidere o riappropriarsi della madre per lottare contro il patriarcato: si fa necessaria anche la «battaglia per il recupero dell’autenticità del paterno». Con questo fine, la collana raccoglie autrici di generazioni diverse che raccontano le figlie e i loro padri, tentando di tirare fuori questi ultimi dall’invisibilità cui sono stati relegati o liberandoli dalla rigidità mascolina che li ha tradizionalmente caratterizzati.

Uno degli elementi più interessanti della collana è la caratterizzazione dei padri attraverso la facoltà, o meno, di parlare: tema che aiuta anche a distinguere le due categorie di padri rintracciabili nella collana. Il linguaggio è stato identificato dal femminismo post-strutturalista come tradizionalmente maschile, strumento del patriarcato la cui universalità è da ritenersi valida solo laddove si continui a considerare universale il modello maschile bianco borghese. Per Cavarero, proprio per via di questa estraneità le donne hanno dovuto ritagliarsi spazi in linguaggi non codificati, inarticolati, come il canto o il silenzio stesso. Cixous invocava la rivendicazione di un linguaggio femminile che ispirasse e nutrisse altre donne, liberandole dal silenzio, più o meno metaforico, in cui sono costrette. E infatti alcuni padri di Elettra si collocano proprio nell’alveo del dominio maschile del linguaggio, impartendo ordini freddi – in Scintille: «non voglio vedere cazzate su quel gesso, ci siamo capiti?» (p. 20), «[…] e poi se mio padre mi vede ballare… si incavola con me» (p. 29), «mio padre dice che raccontare i sogni è da maleducati» (p. 21) – o rimanendo in un silenzio autoritario – in Quella è la porta: «Mio padre non chiede niente di me, come non ha chiesto nulla a Natale. È un silenzio reciproco che abbiamo cresciuto insieme come un cane da guardia addestrato a non far avvicinare troppo nessuno dei due» (pp. 41-42).

D’altra parte, però, troviamo anche padri inediti, che proprio in un linguaggio nuovo e mai represso non solo capovolgono il contro-mito del padre assente – in L’olivastro: «[…] la delicatezza e la cura che Pacifico aveva messo nello spiegarle come funzionavano le cose […] una delicatezza quasi sconosciuta agli uomini della sua generazione abituati a vedere come segno di debolezza anche l’atto stesso del parlare (p. 32)» – ma aiutano le protagoniste alla ricerca di una loro identità. Abituati a leggere di figlie che si definiscono a partire dalla madre (per avvicinamento o distanziamento), in L’olivastro e Bestiario familiare è proprio attraverso il padre che le personagge conoscono finalmente se stesse:

Cateri’, tu non sei come quelli lì, non sei un ulivo, ma a te che te ne frega di stare in fila e di farti tagliare i rami, no? Non ti preoccupare se gli altri fanno più frutti […] tu almeno sei tutta intera, tutta tu, te ne stai per la macchia a farti i fatti tuoi, e sei bella e selvatica, non ti sei fatta tagliare i rami per mettere quelli addomesticati, no? (L’olivastro, pp. 63-64)

“Il problema” dissi a mio padre, “è che non so mai come cominciare. All’inizio mi blocco sempre, perdo almeno una mezz’ora a fissare il foglio. Le prime righe sono le più difficili, non sembra anche a te?” […] mio padre sollevò gli occhi dal libro che stava leggendo e disse: “in questi ultimi tempi”. Gli chiesi cosa intendesse. Non ero sicura di avere capito. “Comincia sempre così: in questi ultimi tempi” chiari. “Si adatta a qualsiasi situazione”. (Bestiario parentale, pp. 17-18)

La possibilità di influire sulla scoperta di sé delle figlie avviene però anche laddove l’assenza di comunicazione persiste. In Ragazza senza nome è proprio l’ammettere a sé stessa che non si può sfuggire dall’assenza del padre che permetterà alla protagonista di scoprirsi finalmente: «[…] Un uomo piccolo e violento. Ma era da lì che lei veniva, penso incassando la testa fra le spalle appoggiate alla testiera del letto. Come avrebbe potuto liberarsi di quella parte di sé che gli aveva obbedito, e lo aveva temuto?» (p. 54).

Se la letteratura, come detto, sembra aver ignorato il paterno a beneficio del materno, anche tutti i racconti di Elettra, nonostante l’intenzione esplicita di parlare di padri, non riescono, però, a prescindere dal materno. Il rapporto è sempre di tipo oppositivo: se i padri rappresentati sono fuori di stereotipo, col loro parlare, ascoltare e consolare, le madri sono insofferenti e nevrotiche – «Maria era una donna nevrotica, insofferente, perennemente scontenta, che sembrava aver sposato Pacifico per rispetto verso se stessa […]» (L’Olivastro, p. 38); se invece i padri rimangono nel loro silenzioso e distaccato ruolo di padroni, le madri si dimostrano comprensive e tenere, a controbilanciare l’assenza maschile – «quando lui urlava, per qualsiasi motivo, un minimo ritardo, qualcosa di perso o danneggiato, lasciava che si sfogasse, poi veniva nella nostra stanza a consolarci» (Quella e la porta, p. 67); «La madre di tanto in tanto usava con lei le dolcezze dell’infanzia, le accarezzava i capelli al mattino mormorando è ora di svegliarsi, le preparava una merenda che le piaceva per la scuola, le comprava una giacca che aveva tanto desiderato. Ma il padre nemmeno se ne accorgeva e, se accadeva, era solo per dire che si poteva fare di meglio e, se la ragazza esprimeva una sua opinione, aveva la lingua troppo lunga, ed era saccente, e avrebbe fatto meglio a portare rispetto» (Ragazza senza nome, pp. 29-30).

Elettra getta le basi per un discorso rinnovato sul paterno che però non si è ancora, inevitabilmente, esaurito, e che anzi necessiterebbe che il progetto continuasse con altri contributi e punti di vista, così da offrire alternative, ad esempio, alla dicotomia ancora ingombrante e oppositiva tra materno e paterno, o così da complicare e giustificare ulteriormente la dichiarazione di intenti delle curatrici, netta e didascalica. Le autrici di Elettra riescono, in ogni caso, a rispondere alla richiesta della collana, sia rappresentando padri nuovi sia riproponendo padri assenti, ma con la novità di non invisibilizzarli: il contro-mito è dunque ribaltato anche laddove l’assenza, pur persistendo, non è più dedotta indirettamente, ma resa protagonista e vista dal doppio sguardo femminile di autrici e protagoniste figlie.