Catturadi Anna Girardi

Dopo due settimane intense, ieri sera presso il Teatro alla Scala è andata in scena la seconda e ultima replica di Götterdämmerung o Cepuscolo degli dei.

A partire da lunedì 17 giugno sono stati rappresentati Oro del Reno (lunedì 17 e 24 giugno), Valchiria (martedì 18 e 25 giugno), Sigfrido (giovedì 20 e 27 giugno) e Crepuscolo degli dei (sabato 22 e 29 giugno); nei rimanenti giorni, il teatro ha deciso di proiettare due film inerenti alla vita di Wagner. Uno, Ludwig di Luchino Visconti, dedicato al più significativo protettore del compositore, Ludovico II di Baviera; l’altro, Wagner di Tony Palmer, incentrato sulla sua biografia.

La presentazione dell’intero ciclo, riproposto nei tempi che lo stesso Wagner aveva progettato, ha avuto decisamente seguito: tutte le sere il teatro è stato popolato da gente proveniente da tutto il mondo per quest’evento eccezionale. Infatti l’ultima volta che il Ring è stato eseguito nella stessa settimana (sei giorni esattamente) fu nel 1938, direttore Clemens Krauss, con i complessi dell’Opera di Stato di Monaco.

Con Crepuscolo degli dei, appunto, si conclude il ciclo. L’opera è una rappresentazione grandiosa del compimento della maledizione predetta nel prologo. Siegfried e Brünnhilde non riusciranno a creare una nuova stirpe: l’eroe cadrà nella trappola architettata da Hagen (figlio adulterino di Alberich) che riuscirà ad ucciderlo colpendolo alle spalle dopo che Brünnhilde, sentendosi tradita, gli svelerà qual è il suo punto debole. Sarà la fine del tutto: piano piano si assiste allo sgretolamento dell’intera società, sia divina che umana fino ad arrivare al punto di non ritorno. La valchiria, infatti, degradata dal suo rango divino a causa dell’amore per Siegfried, dopo la morte dell’eroe deciderà di seguirlo: ordinerà di creare un rogo, per poi buttarcisi con al dito l’anello maledetto. Esso, grazie all’esondazione delle acque del Reno, tornerà in mano alle Ondine, legittime proprietarie dell’oro. Nel frattempo il fuoco arriverà a distruggere il mitico regno del Whalhalla e tutto il mondo circostante. L’apocalittica conclusione si risolve dunque in una sublime liturgia sacrificale: con la sua morte, accompagnata dal tema musicale della redenzione d’amore, Brünnhilde riesce a purificare e redimere un mondo ormai corrotto. A lei, dunque, era destinato l’alto compito. Come in un cerchio perfetto, si tornerà allo stato primigenio di natura; il dramma si compie e tutto torna al silenzio. Con un particolare però: il ciclo, il cui inizio era in Mi bemolle maggiore, si concluderà in re minore, tonalità molto vicina alla prima ma chiaramente non la stessa, quasi a voler sottolineare che è nato sì un nuovo mondo, memore però di ciò che è avvenuto in quello vecchio.

Sia musicalmente che registicamente quest’opera non è densa come le altre di nuovi temi: tutto è teso a dare fisionomia risolutiva e definitiva alle premesse e agli svolgimenti delle giornate precedenti. E sia Wagner che il regista riescono a tirare le fila di tutti i temi apparsi nelle diverse giornate in maniera magistrale. Cassiers, in questa e nelle giornate precedenti, ha proposto una lettura che colloca le due tematiche principali del Ring – bramosia di potere e forza purificatrice dell’amore – in una dimensione atemporale e dunque attualissima. Inoltre il prefetto connubio tra ciò che avviene in palcoscenico e ciò che avviene in orchestra è motivo di forza di tutta la produzione scaligera che conclude questa scommessa in maniera trionfale.

Lunghi applausi accolgono il maestro, Daniel Baremboim, i protagonisti, Andreas Schager (nei panni di Siegfried) e Irène Theorin (ormai ultraelogiata Brünnhilde), Johannes Martin Kränzle (Alberich) e Waltraud Meier (magistrale nei panni di Waltraute e di una delle Norne). Anche il coro, presente unicamente in questa terza giornata, è meritevole d’esser citato, riconfermandosi un grande orgoglio per il Teatro alla Scala.

 Complimenti dunque al Maestro Baremboim, agli artisti, ai cantanti, alle scelte di scenografi e registi ma anche ai tecnici, ai fonici, agli organizzatori, alle maschere e a tutti coloro che hanno concorso alla buona riuscita della manifestazione, da alcuni appellata come uno dei migliori spettacoli dell’“Era Lissner”.