In tempi di accesi dibattiti sull’utilità dell’insegnamento dei classici e relative metodologie, ma anche sul ruolo dei classici (non solo greco-latini) in un panorama culturale soggetto a immani mutazioni, l’editore Il Mulino lancia una nuova collanaLa voce degli antichi – che propone agili introduzioni ad alcune opere capitali delle letterature greca e latina, e alla loro fortuna nei secoli. Il formato è quello della lettura d’autore: ciascun volume è affidato a uno studioso di chiara fama, che nella prima parte del libro introduce l’opera e la sua rilevanza culturale, mentre il testo (o una sua parte) segue in traduzione. I primi due volumi a vedere la luce sono dedicati all’Edipo re di Sofocle e alle Metamorfosi di Ovidio, a cura rispettivamente di Giulio Guidorizzi, professore emerito di Letteratura greca a Torino, e di Piero Boitani, professore emerito di Letterature comparate alla Sapienza di Roma. Sono annunciati come di prossima pubblicazione volumi su Tucidide, Agostino (Confessioni), Platone (Repubblica), e di nuovo Sofocle (il Filottete).

Simile la struttura dei volumi: a un breve prologo fanno seguito alcuni capitoli ‘a medaglioni’ dedicati a temi, personaggi, o episodi particolarmente rilevanti, seguendo grosso modo la trama dell’opera ma aprendo finestre e collegamenti tanto sulle fonti e il contesto culturale antico, quanto soprattutto sul suo Fortleben; la seconda parte di ciascun volume ospita una traduzione italiana (integrale per l’Edipo, del solo libro III per le Metamorfosi) e si conclude con un indice di nomi e cose notevoli. All’interno di ciascun volume, una scelta d’illustrazioni a colori consente un colpo d’occhio sulle riprese di storie e personaggi nelle arti plastiche e visive, da Bruegel a Turner, dalla ceramica attica a Pasolini.

La collana esordisce dunque con autori capitali delle due letterature, e con due opere dalla fortuna parimenti grande, ma secondo modi e tempi alquanto diversi. Se quella dell’Edipo re, come ricorda opportunamente fin da subito Guidorizzi, si appoggia sui due pilastri di Aristotele, che la elegge a modello di tragedia perfetta, e di Freud, che genialmente ne fa una “guida per penetrare nei meandri dell’inconscio”, la fortuna delle Metamorfosi è ininterrotta e multiforme in tutta la cultura occidentale, compreso quel Medioevo che seppe reinterpretare in chiave allegorica i miti pagani. Di qui il taglio necessariamente diverso dei due volumi: in un’ottantina di pagine Guidorizzi può non certo dire tutto quello che c’è da dire sul capolavoro sofocleo, ma quantomeno dare un’idea esauriente del contenuto della tragedia, e guidare addentro ai suoi principali nuclei tematici. Oltre che alle riprese moderne, la trattazione accenna un confronto con gli ‘altri’ Edipi antichi, da quello di Omero a quello di Stesicoro, a quello – perduto – di Euripide, osservando giustamente che, se questo e non quello del rivale si fosse conservato integralmente, Freud difficilmente avrebbe potuto sfruttarlo.

Essendo viceversa impossibile trattare esaustivamente il poema ovidiano, Boitani sceglie alcune storie esemplari per rilevanza tematico-strutturale o per l’importanza delle riprese successive, e offre poi in traduzione l’intero libro III, tematicamente compattato attorno all’argomento ‘tebano’ di Cadmo e dei suoi discendenti. Questo saggio, ancor più che quello sull’Edipo, diviene così a tratti una storia dei metodi interpretativi che alle Metamorfosi sono stati applicati, offrendo spaccati suggestivi sui più diversi climi culturali e letterari europei: istruttivo, al riguardo, il denso capitolo intitolato alle “Antiche letture” medievali e rinascimentali del mito di Persefone/Proserpina.

Coerentemente con lo spirito divulgativo dell’operazione, i due libretti rinunciano a ogni apparato erudito: le stesse citazioni virgolettate da autori antichi e moderni non sono sempre localizzate con precisione. Il solo Boitani appone in calce al proprio volume una nota bibliografica, evidentemente molto selettiva, ma che risulterà comunque assai ricca per i non addetti ai lavori; manca invece un’analoga risorsa nel volume curato da Guidorizzi. Questo approccio ha il limite di non consentire sempre al lettore con “smalle Latine and lesse Greekeriscontri pienamente autonomi, specie quando la trattazione risente, com’è inevitabile, delle idee dell’autore, e anche data la scelta – innovativa e in sé interessante – di far precedere il commento al testo. Collocazione che punta a stimolare e invogliare alla lettura, appropriata a un’epoca in cui l’autorità, la canonicità dei classici non si può più dare per scontata (se mai lo è stata), ma va motivata e difesa. Tuttavia, proprio perché non si tratta di introduzioni asettiche, la personalità e le convinzioni del prestigioso saggista orientano inevitabilmente la lettura.

Mi permetto di fare un paio di esempi, rispettivamente su un punto di dettaglio e su uno, invece, di un certo peso, attingendo – non per parzialità, ma in quanto grecista – al volume su Edipo. Che sia “più probabile” che il nome del re di Tebe (in greco Oidípous) significhi ‘conoscitore dei piedi’ (da oîda,‘io so’, con allusione all’indovinello della Sfinge) e non ‘uomo dai piedi gonfi’ (da oidáō, ‘essere gonfio’), è quantomeno discutibile. Meglio, forse, spiegare che si tratta di un bisticcio paretimologico su cui è ben possibile che Sofocle stesso giocasse, ma che difficilmente poteva essere il significato originario del composto; mentre la seconda interpretazione, oltre ad avere anch’essa un legame con la vicenda mitica del personaggio (esposto coi piedi forati), quantomeno risponde meglio alle regole di formazione dei nomi in greco antico. Né i moderni hanno mancato di avanzare altre interpretazioni etimologiche del nome.

Passando a una questione ben più centrale per l’interpretazione del dramma, viene qui sostenuta l’idea che l’Edipo sofocleo abbia poco di edipico nel senso freudiano, e che l’incesto non sia in realtà il tema centrale della tragedia; l’unione fra Edipo e Giocasta sarebbe puramente politica, poiché “il senso del loro matrimonio non è l’eros, ma, appunto, la regalità”. Questa tesi, alquanto fortunata in certi àmbiti, è a sua volta criticabile, e la centralità dell’incesto nel testo sofocleo, anche a livello linguistico-stilistico, è stata rivendicata da filologi come Federico Condello. In entrambi i casi, si tratta di posizioni che il prof. Guidorizzi ha sostenuto e più ampiamente argomentato in passate pubblicazioni. Ma in casi come questi, il lettore-tipo di questi volumi, per definizione non specialista, avrebbe dunque potuto giovarsi di un cenno più esplicito e imparziale alle diverse posizioni di un dibattito del quale non è tenuto ad essere al corrente.

In definitiva, comunque, la nuova collana del Mulino non può che essere salutata con piacere. I due volumi (accattivanti anche tipograficamente) sono agili ma non esili: la prosa di entrambi è di lettura estremamente scorrevole, col minimo di tecnicismi e ravvivata da qualche concessione all’attualità (le morti di Fetonte e Icaro sono “disastri aerei”; per Virgilio, la Fama è “fake news e true news insieme”). Gli autori riescono complessivamente nel compito non facile di fornire una ricca quantità di spunti nei limiti di un quadro programmaticamente ‘leggero’, trasmettendo non solo e non tanto una serie di nozioni ma – giusta il prologo di Boitani – anche la “passione” di lettore dello studioso. L’equilibrio tra focus sull’opera e sulla sua ricezione li rende stimolanti sia come prime introduzioni all’argomento, adatte anche a studenti della secondaria, sia come punti di partenza per ulteriori esplorazioni, anche per il lettore colto. Sempre nella speranza che simili strumenti non giungano a sostituire (almeno, non per tutti) la lettura dei testi originali – il miglior modo per ascoltare la voce degli antichi. E forse non sarà un caso se Boitani non resiste alla tentazione di chiudere la sua trattazione citando eccezionalmente in latino (per quanto seguìto da traduzione) i versi con cui Ovidio rivendica orgogliosamente l’immortalità del suo poema.


Giulio Guidorizzi, Sofocle. L’abisso di Edipo, Il Mulino, Bologna 2020, 160 pp., € 14.

Piero Boitani, Ovidio. Storie di metamorfosi, Il Mulino, Bologna 2020, 160 pp., € 14.