Dunque, Donald Trump è il nuovo presidente degli Stati Uniti. Ha vinto contro tutta la stampa che lo dava per morto, caricatura, fascista, populista, ignorante. Ha vinto spazzando via l’establishment rappresentato da Clinton. Ha giocato su questo e ha giocato bene, molto bene. Ha sempre detto di non credere ai sondaggi e anche qui ha ragione: guardate il grafico qui sotto.

trump

Ma come ha fatto a vincere? Con una remuntada da urlo in Florida, Ohio, North Carolina, Iowa (tutti stati in bilico fino a ieri) e piazzando la bandierina in Pennsylvania, Michigan e Wisconsin.

Nel suo primo discorso da presidente eletto Trump è apparso quasi istituzionale. Ha citato la Clinton – che gli ha attribuito il concession speech solo al telefono – senza mai definirla crooked, corrotta. Ed è già un ottimo punto di partenza. Ha messo davanti a tutti la comunità, un us – noi – che strizza l’occhio proprio a chi l’ha votato.

Ora dobbiamo cicatrizzare tutte le ferite, il popolo americano è uno solo e deve essere unito. Sarò il presidente di tutti gli Americani, nessuno resterà indietro, nessuno verrà dimenticato.

Suona istituzionale, vero? Questo dimostra che c’è già in atto uno scarto (e bello grosso) tra il Trump della campagna elettorale e quello presidenziale. In questo, il suo vice Mike Pence gli darà una gran mano.

Cosa succederà è difficile dirlo, ma ci sono un paio di cose da affermare, con convinzione:

  • è stata un’elezione strana, è vero, ma Trump ha stravinto;
  • il giornalismo internazionale non è stato in grado di andare oltre il personaggio spaccone, non ha saputo raccontare la base, come si definiva una volta;
  • anche io ho abboccato alla tentazione della semplificazione, e chiedo scusa per questo;
  • fare i sondaggi ha ancora senso?

Non succederà questo, ma provare a immaginare cosa succederà nei prossimi mesi è comunque un bell’esercizio, oggi.


Di seguito trovate l’ultimo articolo sul fenomeno mediatico Trump pubblicato lo scorso 2 marzo 

E, niente, pare che su Donald Trump si debba correggere il tiro. Non tanto per il giudizio sul personaggio, quanto per la valutazione politica. Il pallone gonfiato – dai media e da se stesso – è rimasto su. Anzi, è arrivato nella ionosfera. In alto: nell’ego, nei sondaggi e nei risultati.

Merito (si fa per dire) dei suoi avversari: Jeb Bush si è giocato la campagna elettorale tra punti esclamativi e occhiali (vedi alla voce: i grandi dibattiti della famiglia), tentando l’ultimo azzardo con l’asso della manica più assurdo che ci sia: suo fratello George; Marco Rubio, a cui servirebbe un miracolo per tornare in corsa (eppure la sua era una storia interessante), viene rappresentato come un replicante di Blade Runner che dice sempre e soltanto: “He knows exactly what is doing ” e poco altro; Ted Cruz che, radicale pure lui, ha cercato senza successo di scimmiottare Trump, ma senza la stessa “presa”. Ecco, la “presa”. L’appeal sugli elettori, sui media, nei social su coloro che possono di fatto far volare Donald Trump ancora più su. Verso la sfida finale contro Hillary Clinton (già, perché lato democratico, non sembrerebbe esserci partita vedendo gli ultimi sondaggi).

Nelle ultime settimane è successo di tutto e, anche i più distratti, si saranno resi conto del rumore che fa Trump, praticamente ogni volta che parla (o twitta).

In ordine sparso, Trump:

  1. Ha citato Benito Mussolini e la frase: “Meglio un giorno da leone che cento da pecora”. Tutto è avvenuto su Twitter, ma la parte migliore è arrivata nelle ore successive quando, provando a rientrare nell’argine a Meet The Press, ha detto: «It’s ok to know who’s Mussolini […] It’s a very good quote […] I want to be associated with interesting quotes» (Va bene sapere chi è Mussolini […] è comunque un’ottima citazione […] no, voglio essere associato a citazioni interessanti).
  2. È diventato meme-video con un lavoro di editing di livello. La base, Games of Thrones. Il resto, le varie citazioni di Trump durante la campagna elettorale. Tema: l’ormai famosissimo muro che vorrebbe costruire al confine con il Messico. Risultato: più di 3.5 milioni di visualizzazioni in una decina di giorni.
  3. Ha ricevuto endorsement dal KKK, da Jean Marie Le Pen e da Chris Christie. Non proprio dei moderati.
  4. È stato rappresentato (alla grande) dai Simpsons durante una delle ultime puntate.
  5. È stato accostato all’Inter. Sì, avete letto bene. Secondo es Trump si sarebbe associato ad Alessandro Proto. I due avrebbero valutato l’ipotesi di acquistare la società nerazzurra. Naturalmente, tutto ciò è fantascienza: per Trump, per Proto, perché l’Inter non è in vendita, perché solo concepire di mettere insieme i due personaggi è degno di una sceneggiatura di Aaron Sorkin. Ma questo non ha impedito ai giornali di tutto il mondo di parlarne.
  6. Infine, giusto per entrare nel torbido, il comico Trevor Noah si è chiesto: «Donald Trump vorrebbe andare a letto con sua figlia»? Ecco il monologo che prova a dare una risposta (sempre con il sorriso sulle labbra, naturalmente).
  7. Un genio ha creato questo.

Insomma, di aria fritta ce n’è abbastanza. E chissà se Donald Trump continuerà a volare in alto, proprio come un pallone gonfiato.

Donald Trump, ascesa di un mostro (mediatico) #1