Orientarsi tra le opere di Italo Calvino può rappresentare per il lettore curioso (ma anche per quello specialista) un’impresa ardua. Oltre ai tre volumi canonici dei Meridiani che raccolgono Romanzi e racconti, ai due dedicati ai Saggi e a quello delle Lettere, vanno anche ricordati almeno le Fiabe italiane, il corposo libro delle interviste (Sono nato in America…) e diverse altre pubblicazioni che aiutano a ricostruire aspetti circoscritti ma fondamentali della carriera di Calvino. Solo per fare un esempio, la sua lunga attività editoriale per Einaudi è testimoniata dalla folta corrispondenza con altri autori (I libri degli altri) e dal gran numero di introduzioni e quarte di copertina scritte da dipendente e collaboratore della casa editrice, che si possono leggere nel Libro dei risvolti. Per districarsi nella selva delle opere di Calvino serve dunque una mappa – concetto molto caro allo scrittore – che, anche limitandosi a suggerire alcune indicazioni, aiuti a creare un proprio percorso di lettura e interpretazione.

Tra le numerose iniziative e le nuove uscite propiziate dal centenario della nascita di Italo Calvino, non passa di certo inosservato Guardare, curato da Marco Belpoliti (Mondadori 2023). Il volume si presenta non soltanto come un’antologia degli scritti calviniani dedicati allo sguardo e al visibile (o, come elenca il sottotitolo, a Disegno, cinema, fotografia, arte, paesaggio, visioni e collezioni), ma come una vera e propria guida al complesso universo dello scrittore. Il tema del visivo e del visuale, già esplorato da Belpoliti in un saggio fondamentale come L’occhio di Calvino (uscito nel 1996 e aggiornato nel 2006), fornisce infatti un punto d’accesso privilegiato all’opera dello scrittore e, allo stesso tempo, ne offre un criterio interpretativo forte, che tiene insieme una parabola che va dai racconti dell’immediato dopoguerra alle Lezioni americane.

Calvino si interroga spessissimo su significato e modalità dell’atto di guardare e lo sguardo è in molte sue opere lo strumento imprescindibile per la descrizione e conoscenza del mondo. È attraverso le descrizioni delle avventure e disavventure di personaggi che osservano il mondo da una posizione privilegiata (Cosimo, Amerigo, Palomar) che Calvino affronta molti temi fondamentali della sua opera, come quello dell’identità, del rapporto tra spazio e tempo (e tra descrizione e narrazione), la relazione dell’uno col molteplice, dell’io col mondo, e quella tra realtà e scrittura. Nell’introduzione generale a Guardare, Marco Belpoliti ricorda una lettera del dicembre del 1960 di Calvino al suo traduttore francese François Wahl, in cui lo scrittore pone l’immagine al centro del suo lavoro creativo e spiega qual è lo scopo del suo lavoro: «L’unica cosa che vorrei poter insegnare è un modo di guardare, cioè di essere in mezzo al mondo. In fondo la letteratura non può insegnare altro» (p. VIII).

Tornando ora a Guardare, sebbene la mole complessiva del libro non sia indifferente (le pagine sono oltre 700), a renderlo uno strumento utilissimo sono soprattutto la struttura enciclopedica e il modo in cui sono organizzati i testi calviniani selezionati – racconti, articoli, recensioni, saggi e persino disegni che occupano tutto l’arco della produzione dello scrittore, dai suoi esordi nei primi anni Quaranta alle pubblicazioni postume. Dopo l’introduzione generale, il volume si presenta suddiviso in capitoli tematici, ognuno dedicato a uno degli aspetti elencati nel sottotitolo e corredato da un’introduzione puntuale ed esaustiva. In chiusura, si trova una sintetica ma puntuale bibliografia, anch’essa organizzata per temi.

Per quanto riguarda le scelte del curatore, alcuni capitoli del volume che a prima vista potrebbero sembrare quasi minori o fuori posto, come quello esiguo dedicato al disegno, risultano invece subito centrali; e non soltanto perché ricostruiscono aspetti meno noti della carriera di Calvino. Ancora prima che come scrittore, Calvino esordisce infatti come disegnatore di vignette umoristiche e satiriche, pubblicate sul Bertoldo nel 1940 e qui riprodotte come unici “testi” del capitolo. In seguito, Calvino manterrà sempre un forte legame con la pratica del disegno, che Belpoliti, riprendendo Celati, definisce efficacemente «narrazioni a mano libera». Come racconta poi nella sua leggenda d’artista, Calvino era da bambino e ragazzo un divoratore dei fumetti del Corriere dei piccoli, abituato a ricostruirne le vicende, ancora prima di saper leggere, a partire dalle vignette. Commenta Belpoliti a questo proposito che per Calvino «l’iniziazione all’immagine […] è anche un’iniziazione all’arte del racconto» e si può identificare fin da subito nello scrittore una «particolare disposizione a connettere l’immagine a quella che chiama fabulazione» (p. VII).

Imprescindibili sono poi i capitoli dedicati al cinema e al paesaggio, dato che i film (soprattutto americani e francesi degli anni Trenta) e il paesaggio ligure hanno informato la visione del mondo del giovane Calvino e addestrato il suo occhio all’osservazione della realtà. Il cinema, scriverà decenni più tardi Calvino nella Autobiografia di uno spettatore, «rispondeva a un bisogno di distanza, di dilatazione dei confini del reale» (p. 26). Ma questa frase si potrebbe benissimo applicare anche al paesaggio ligure, vero e proprio universale mentale per lo scrittore e modello in miniatura del mondo, come Calvino esplicita in un testo breve ma densissimo come Dall’opaco.

La sezione che invece sembra essere meno unitaria rispetto alle altre è quella dedicata alle visioni, dato che accoglie testi di argomento più vario e che in molti casi avrebbero potuto essere inclusi negli altri capitoli del volume. Quello che li contraddistingue è senza dubbio una maggiore presenza della riflessione teorica sul significato epistemologico e antropologico del guardare e sui possibili usi della memoria visiva come strumento di conoscenza del mondo e serbatoio per l’invenzione creativa. Forse il punto debole della sezione sta nel fatto che Calvino arriva spesso alla riflessione teorica soltanto in un secondo momento (e con difficoltà), dato che la sua attività di narratore ha sempre la precedenza. Eppure Belpoliti dimostra come sarebbe stato impossibile evitare di includere nel volume le visioni calviniane, scegliendo di chiudere la sezione con la lezione americana dedicata alla Visibilità. Forse il punto più alto della riflessione di Calvino sul ruolo della immaginazione figurale nell’attività creativa, Visibilità è, come sottolinea Belpoliti, «un vero e proprio discorso sul metodo del proprio lavoro» (p. 480).

Idea interessante e intelligente, infine, quella di includere come ultimo capitolo a sé stante Collezione di sabbia nella sua interezza, invece di distribuirne i testi nelle varie sezioni. E non soltanto perché il libro costituisce l’«archetipo […] sul cui modello è stata strutturata la nostra antologia» (p. XVIII), ma anche perché il lettore arriva a questa raccolta, troppo spesso ingiustamente ignorata da pubblico e critica, già preparato dalla lettura dei capitoli precedenti. Nei saggi, nelle recensioni di mostre e nei brevi racconti ritrova quindi in dialogo tutti i temi squadernati nelle centinaia di pagine precedenti, a formare combinazioni inedite. Ma il discorso sarebbe altrettanto valido e il risultato altrettanto stimolante se venisse fatto il percorso inverso, scegliendo Collezione di sabbia come punto di partenza e muovendosi poi a leggere le altre sezioni. Dopo aver attinto come lettori alle pagine di Guardare, viene spontaneo tornare alle opere di Calvino e leggerle con uno sguardo nuovo, alla ricerca degli indizi onnipresenti del suo incessante sforzo di osservazione. Ma anche uscire dal limite del “mondo non scritto” e puntare gli occhi a una realtà che, anche se ci appare sempre più indecifrabile, si può e si deve sempre cercare di interpretare, per quanto si tratti di un’azione «difficile, complessa e destinata alla sconfitta» (p. XV).


Italo Calvino, Guardare: Disegno, cinema, fotografia, arte, paesaggio, visioni e collezioni, a cura di Marco Belpoliti, Milano, Mondadori 2023, 26 €, 768 pp.