Dieci POV a uso personale, prima che il tempo ne disfi la memoria

 

Flashback #0: Victoria Line

“Abitate a Brixton?” chiede un’anziana signora nera alla coppia di giovani bianchi seduti a fianco a lei. “Sì”, fanno loro. “Allora voi siete la nuova Brixton,” fa lei di nuovo, “io invece sono la vecchia Brixton”, con un leggero sorriso che potrebbe significare un pizzico di sarcasmo, o forse ci sto mettendo del mio. In effetti anche io faccio parte della nuova Brixton, l’ennesimo migrante economico italiano bianco che ascolta di nascosto un breve scambio fra sconosciuti mentre torna a casa in metro dopo una serata con gli amici.

Non sapevo molto di Brixton quando mi sono trasferito a Londra, se si esclude l’ovvia canzone dei Clash “The Guns of Brixton“, di cui in realtà ho appreso l’esistenza grazie alla discutibile “What’s Your Number?” dei Cypress Hill. Non cercatela su Google: non ne vale la pena. La comunità italiana nella capitale non è concentrata in un unico luogo, come a Clerkenwell durante la rivoluzione industriale, quindi si tende a trasferirsi dove ci sono i propri contatti italiani. Visto che i miei vivevano a Brixton, ho trovato la mia prima casa in condivisione a Saltoun Road nel 2014, praticamente all’angolo con Windrush Square, iniziando da lì il mio percorso psicogeografico.

Essendo un produttore musicale e DJ, il mio primo punto di riferimento sono diventati i locali musicali locali della zona, così numerosi e variegati da rendere Brixton una piccola città autosufficiente all’interno di Londra. Segnano i confini geografici della mia mappa mentale e segnalano ciò che è successo e sta ancora succedendo alla capitale inglese dal punto di vista sociale e culturale. Se si sa dove volgere lo sguardo, gli strati della genealogia musicale di Brixton possono rivelare le intersezioni dei fantasmi del suo passato e del suo futuro. Sono gli stessi fantasmi che si possono intravedere nei flashback che ho raccolto qui per parlare di questo angolo di Londra dal punto di vista di un fanboy.

Flashback #1: Hootananny

Effra Road, all’angolo opposto di un Sainsbury’s abbastanza grande. Passo il solito controllo di sicurezza, pago cinque pound per entrare. Stasera l’Hootananny è parecchio affollato, anche se non so nulla della band in programma. Vorrei riuscire a ricordarmi il loro nome: ero sicuro di aver salvato una delle loro canzoni sul mio profilo SoundCloud. Ho scrollato per quasi cinquecento brani, ma senza successo. Quello che credo di aver capito è che si tratta di un mix di musicisti siriani, palestinesi e libanesi, e il pubblico è piuttosto preso bene per il loro dabke martellante – o almeno, credo che si tratti di dabke, ma non prendetelo per buono. Hootananny segna il confine meridionale di Brixton della mia mappa mentale. Pensate al pub londinese per eccellenza, la sede di molti personaggi del luogo di giorno e di una selezione incredibilmente variegata di musicisti e band di notte. È qui che mi sono anche imbattuto in un live del leggendario duo di Hackney Ragga Twins. Quando dico “pub londinese per eccellenza” intendo un mix di queste caratteristiche: esterni modesti, leggermente fatiscenti; pavimenti appiccicosi; concerti e bevande economiche; progetti musicali tendenzialmente di qualità, ma relativamente sconosciuti.

Flashback #2: The Windmill

La prima volta che ci sono andato – o forse ci sono stato solo una volta? – mi ci è voluto un po’ per trovarlo perché a) non ci si aspetterebbe mai un locale simile alla fine di una strada residenziale alberata e silenziosa b) di notte sembra quasi un’appendice del Post Office accanto. All’interno il Windmill condivide alcune delle caratteristiche dell’Hootananny, ma più DIY: palco modesto, niente sicurezza e line up ancora più sconosciuta. Mi guardo intorno e osservo i poster vecchi e nuovi affissi alle pareti, cosa che faccio sempre per farmi un’idea di un locale. Sono qui per vedere la band del mio coinquilino suonare. Tipo dei Rage Against the Machine ma con un tocco di anarco-punk in più. Il locale è abbastanza vuoto, ma mi dicono che il Windmill era un punto di riferimento della scena rock londinese a sud del Tamigi. Una ricerca veloce su Wikipedia lo conferma, oltre ad informarmi anche dell’esistenza di un Rottweiler che viveva sul tetto del locale (noto come “Roof Dog”) e che credo di aver pure visto a un certo punto, anche se è morto nell’agosto 2015, prima della mia prima visita al Windmill.

Flashback #3: The Prince of Wales

Non ricordo come siamo arrivati al POW stasera. Evidentemente ci siamo venuti un po’ a caso visto che sono ancora sorpreso che a mettere i dischi siano gli Scratch Perverts. Li avevo visti per la prima volta a Washington DC nel 2001 – aprivano per Afu Ra – e ricordo ancora il momento in cui hanno iniziato una scratch routine pazzesca sul “Music” di Madonna. Siamo al primo piano con una folla vivace che balla al ritmo della loro selezione di funk, hip hop e drum ‘n’ bass. Purtroppo, l’atmosfera viene rovinata da un’altra caratteristica tipica della maggior parte delle discoteche di Londra, almeno per quanto riguarda la mia esperienza personale, ovvero la flatulenza. Non so che cosa succeda nel corpo di alcune persone che non riescono proprio a tenere per sé ciò che sta succedendo dentro di loro. Fortunatamente, ho ricordi migliori del POW, come un aperitivo di fine estate sulla sua spaziosa terrazza, con una bella vista sugli edifici vecchi e nuovi di Brixton, fatta eccezione per uno dei miei edifici brutalisti preferiti: la Southwyck House, nota anche come Barrier Block.

Flashback #4: Railton Road

Mi ci è voluto un attimo per rendermi conto che stavo effettivamente osservando un posto dove si tenevano rave party illegali alla fine dei ’90, il 121 Centre. Oggi è praticamente come qualsiasi altra casa accanto: un tipico edificio di mattoni a tre piani con una bassa inferriata nera a separarla dal marciapiede. Niente mi farebbe pensare che è qui che il maestro italiano del collage sonoro e agitatore culturale DJ Balli ha scoperto l’esistenza della musica breakcore. Non so quante volte ho percorso questa strada andando o tornando a piedi da Brixton. Ho persino accettato il mio secondo lavoro a Londra al telefono mentre passavo davanti al centro d’arte 198 Contemporary Arts and Learning. Ricordavo che Balli aveva scritto da qualche parte che andava ai rave party a Brixton, ma per qualche motivo non gli ho mai chiesto esattamente dove finché non mi ha parlato di Railton Road, che fra l’altro è dove iniziò la rivolta di Brixton del 1981. Se mai doveste passare da queste parti, probabilmente vi farà specie, come a me la prima volta che l’ho vista, la casa rossonera (con tanto di gagliardetto del Milan!) proprio all’inizio di Railton Road, verso Atlantic Road. Una delle tante stranezze di questo angolo di Londra.

Flashback #5: Our Brixton Boy

Sto camminando verso la metropolitana quando passo davanti al Ritzy, lo storico cinema di Brixton a Windrush Square, e noto qualcosa di strano. Dove di solito sono elencate le proiezioni leggo le seguenti parole: “David Bowie. Our Brixton Boy. RIP.” Scatto una foto con il telefono prima di riprendere, con un nodo alla gola, il cammino. Non sono mai stato un fan di Bowie ma c’è qualcosa nel modo in cui la notizia della sua morte è stata accolta a Brixton – la festa improvvisata durata tutta la notte proprio a Windrush Square, le schiere di fan che lasciavano biglietti e fiori al suo graffito da Morley’s – che mi ha profondamente commosso. Per alcuni giorni Brixton è diventata il punto di riferimento di tutti i fan di Bowie e io mi sono sentito parte di quell’umanità sinceramente addolorata per una morte che si sapeva in avvicinamento. Una comunità di quartiere che si unisce ai fan di tutto il mondo per celebrare un viaggio umano e artistico unico. È stato semplicemente bellissimo. Bowie è talmente parte di questo posto che il progetto di valuta locale Brixton Pound ha voluto il volto di Ziggy Stardust sulle banconote da 10. Con la sua approvazione.

Flashback #6: Phonox

Dieci secondi alla mezzanotte. Con un tempismo quasi perfetto, il che non è un compito facile, lasciatemelo dire, la DJ resident HAAi fa partire il suo pezzo di fine anno. Un bootleg di “Right Here, Right Now” di Fatboy Slim. Ottima scelta. È la prima volta che festeggio il Capodanno in un club, il che è strano dato che ballare al chiuso ha fatto parte dei miei ultimi venticinque anni da DJ e frequentatore di discoteche. Due luoghi segnalano la trasformazione finale di Brixton in un’altra attrazione turistica sbiancata e iper-sviluppata: un bar della catena Pret e il Phonox. Non fraintendetemi: dal punto di vista architettonico e del sistema audio, penso che il Phonox sia uno dei migliori club di musica elettronica a Londra. Ma a) da quello che ho visto, non è uno spazio progettato pensando agli abitanti storici di Brixton, e b) è stato voluto dalle stesse persone dietro allo XOYO di Shoreditch. Il che mi porta a dedurre che Brixton abbia ormai raggiunto Shoreditch nella sua corsa verso la totale gentrificazione.

Flashback #7: Brixton Academy

Il mio amico Will e io entriamo dall’ingresso degli artisti e ci dirigiamo verso una sorta di zona VIP al primo piano. Credo si tratti della cabina di proiezione dell’Astoria Variety Cinema, oggi noto come Brixton Academy. Si capisce sempre se c’è qualcosa in programma all’Academy dalle grida dei bagarini fuori dalla metropolitana, dove cercano di vendere i loro biglietti a prezzi esorbitanti ai malcapitati ritardatari. In questo caso, siamo stati fortunati a essere inseriti nella lista degli ospiti da un amico che fa parte della band di PJ Harvey per il suo tour The Hope Six Demolition Project. Il social cleansing è uno dei temi centrali del suo album, quindi assistere al concerto a Brixton stasera sembra aggiungere un ulteriore strato di significato al tutto. L’Academy è probabilmente il più grande locale della zona. La sua precedente identità cinematografica gli conferisce una grandiosità d’altri tempi, rendendolo lo scenario perfetto per lo spettacolo accuratamente messo in scena da PJ Harvey, tutto pose rarefatte, luci drammatiche e minimali e movimenti della band accuratamente coreografati.

Flashback #8: Brixton Jamm

La folla canta “Ciny, Ciny!” mentre una foresta di mani alzate, indice e pollice piegati a formare una “C”, si muove a ritmo di una delle prime hit di Sfera Ebbasta, dedicata alla sua città natale, Cinisello Balsamo. Chi avrebbe mai pensato che, per un breve momento, il Brixton Jamm sarebbe diventato il luogo di ritrovo per i fan dell’hip-hop e della trap italiana? Avendo perso l’emergere della prima ondata della scena trap di Roma e Milano, sono riuscito a vedere due dei suoi esponenti più importanti, Sfera Ebbasta e Dark Polo Gang, proprio a Brixton, dove un pubblico relativamente piccolo ma appassionato si è riunito per quello che mi viene da definire come una versione moderna della festa del santo patrono. Il Brixton Jamm è anche il luogo in cui ho reso omaggio alla mia passione per l’hip-hop italiano vecchia scuola quando ho fatto il DJ al bar durante un concerto di un’icona della scena, Bassi Maestro.

Flashback #9: Asian Dub Foundation

Cammino avanti e indietro per Brixton Village, un pilastro del turismo internazionale e un altro segno della gentrificazione del quartiere, ballando e cantando l’ultimo singolo degli Asian Dub Foundation, “Stand Up”. Il mio coinquilino ha scoperto su Facebook che la veneranda band londinese, a cui dobbiamo la più che mai attuale “Fortress Europe”, cercava comparse per un video ufficiale da girare a Brixton e ha suggerito di candidarci per una giornata di cazzeggio nel nostro quartiere a sostegno del progetto. Naturalmente ho accettato e mi sono ritrovato in questa sorta di situazione da “mini-manifestazione”, un cartello “Black Lives Matter” in mano, passando tra turisti e avventori locali che interrompono brevemente il loro pasteggiare per guardarci mentre veniamo guidati dalla troupe tra i numerosi ristoranti del Brixton Village. Giriamo anche alcune parti del video a Electric Avenue, sede della parte più affollata del Brixton Market, e Coldharbour Lane, dove più volte ho dato fondo alle mie finanze nella mia libreria preferita di Londra, BookMongers. Nel montaggio gli ADF hanno inserito delle riprese di altri luoghi simbolo della lotta allo sfruttamento edilizio selvaggio di Brixton: il Guinness Trust’s Loughborough Park estate, i cui abitanti sono stati puntualmente mandati via per costruire i soliti palazzi fatti con lo stampino. Ricordo di una riunione di una decina di persone nell’ultimo appartamento che ancora resisteva allo sfratto anche grazie a una pesantissima porta blindata apribile solo dall’interno. E poi i Brixton Arches, i negozi sotto la massicciata della ferrovia che porta alla stazione di Victoria, anche loro al centro di una campagna di “rinnovamento” che ha sbattuto fuori i commercianti della zona, alcuni in attività dagli anni Trenta del Novecento. Cambi nazione ma i magnaschei rimangono gli stessi.