A volte la storia di un libro segue in parallelo l’evoluzione di chi la scrive. È questo il caso del secondo libro pubblicato nell’aprile di quest’anno dalla casa editrice indipendente Ctrl books, Gli ultrauomini – Terrestri d’Italia in contatto con altre dimensioni.

Ctrl è un nome molto noto nella città di Bergamo, perché designava un giornalino gratuito di eventi, di livello locale, caratterizzato da uno stile dal forte richiamo giovanile. Dal 2009 al 2017, Ctrl magazine ha raccolto, sotto forma di agenda giornaliera, tutte le occasioni di intrattenimento disponibili nel circondario, rispondendo a un’esigenza di divertimento che fino a quel momento era rimasta inascoltata. Forse perché, come narra una storia intrisa di leggenda, nel 1943 il vescovo di Bergamo Bernareggi, per sventare il rischio di bombardamento a cui incorreva la città, aveva fatto un voto alla Madonna che prevedeva l’edificazione di un tempio votivo (la chiesa parrocchiale di Santa Lucia) e la promessa di vietare l’apertura di locali “di perdizione” entro i confini della città. O forse perché, nella cultura lombarda, fino a poco tempo fa il divertimento era visto come un tabù, una fonte immorale di spreco. Prendendo per vera la leggenda, Ctrl può dirsi nato nella complicità dell’infrazione di un patto sacro. E a quanto pare gli è valso di buon auspicio, perché ha avuto un immediato successo e ha così potuto col tempo rischiare un maggior impegno intellettuale, introducendo nella rivista articoli culturali di varia natura.

Si deve a Nicola Feninno, diventato collaboratore di Ctrl nel 2011 e attuale direttore editoriale di Ctrl books, l’introduzione di una rubrica, intitolata Ad personam: si trattava di una sezione di reportage narrativi, che avevano come oggetto la descrizione di persone realmente esistenti, sconosciute, eccentriche al senso comune, e che proprio per questo erano in grado di mostrare più degli altri la loro umanità, la cifra irripetibile della loro esistenza. Ad personam diventa presto un laboratorio narrativo in cui via via prende forma la nuova identità della rivista. Molto importante, a livello di percezione della redazione e dei suoi lettori, sarà il servizio su Zingonia, località della provincia di Bergamo nata negli anni Sessanta dal progetto avveniristico di Renzo Zingone e diventata celebre a livello nazionale per le cosiddette “torri dello spaccio”, Anna 1 e Anna 2, da poco abbattute e associate dalla cronaca, per iperbole, alle vele di Scampia.

Ctrl magazine da rivistina di intrattenimento provinciale diventa sempre più un raccoglitore di storie, volto a testimoniare le piccole identità che costellano l’Italia e che ne connotano la realtà. L’apparato di eventi scompare, i reportage aumentano, da un’aspettativa di pubblico locale si passa a un respiro nazionale, la redazione cambia. Da questo sommovimento interno, giungono anche le complicazioni e il rischio materiale di non riuscire a proseguire con il progetto. Allora nasce l’idea di un crowdfunding, che finanzi non però un nuovo numero della rivista, ma un libro, Stiamo scomparendo – viaggio nell’Italia in minoranza, prima opera della neonata casa editrice Ctrl books. Si tratta di una raccolta di cinque reportage e di sette contenuti speciali, volti a indagare la presenza sempre più debole di cinque minoranze linguistiche nel territorio italiano e il rapporto che hanno con esse i loro parlanti, ultimi custodi di un’identità che resiste al confinante precipizio dell’oblio.

Dai ricavati del libro e dall’investimento dei tre componenti della rinnovata redazione, Nicola Feninno, Alessandro Monaci e Michele Perletti, responsabile del photo editing, nasce il progetto di realizzare un’opera matura, che pur mantenendo stretti rapporti con le esperienze passate, mostri quanto Ctrl oggi voglia e debba essere preso sul serio. Gli ultrauomini è un libro curato nei minimi dettagli. Ha una copertina rigida in imitlin verde bottiglia, a cui è applicata manualmente, copia per copia, una fotografia, parte integrante del progetto di Michela Benaglia, che si alterna con le sue immagini agli undici reportage narrativi proposti nella raccolta. Partendo dal significato etimologico del termine “persona”, che deriva dal latino e indica la maschera indossata dagli attori nel teatro antico e che «serviva ad intensificare la loro voce, a farla per-sonare, risuonare più forte, per giungere fino agli spettatori più lontani», Benaglia intraprende una ricerca durata tre anni sulle tracce dei costumi tradizionali della penisola italiana; nelle fotografie selezionate per Gli ultrauomini, tutte in bianco e nero, le maschere raffigurate, correlate ognuna da una breve legenda che ne indica significato e provenienza, sono indossate dagli attuali possessori, depositari di un’eredità che congiunge l’uomo al sacro e al mistero dell’inconoscibile. In questa congiunzione, in questo anelito dell’uomo ad andare oltre la cronologia del proprio corpo, senza però poter mai sradicarsi dal proprio peso materiale, si pone il titolo del libro, di evidente ispirazione nietzschiana. Come nelle immagini il corpo umano spunta rassicurante da sotto l’enigmaticità delle maschere indossate, così nei reportage la spinta al superamento di se stessi deve fare i conti, e spesso lo fa strappando un sorriso, con la propria umanità a scadenza assicurata.

Lo sconfinamento da sé, l’andare oltre ricercato dai protagonisti degli undici testi raccolti nel libro si articola in quattro campi specifici: Valerio Millefoglie, Martino Pinna, Paolo Zardi e Sofia Natella sviluppano la sfera corporale; Angelo Mozzillo e Alessandro Monaci quella spaziale; Giulia Callino, Matteo Trevisani e Luca Pakarov approfondiscono il superamento spirituale, mentre Maura Chiulli e Donato Novellini varcano l’oltre sociale. Della prima categoria, ma forse dell’intera raccolta, il reportage che più richiama l’attenzione del lettore, per la precisione con cui è scritto e per la capacità identificativa del tema trattato, è il pezzo di Paolo Zardi. Scrittore di romanzi e graphic novel, tra i dodici finalisti del Premio Strega nel 2015 con XXI secolo, in Un viaggio fantastico Zardi si avventura con estremo timore e ammirazione alla scoperta dell’esperienza professionale di Lucrezia Furian, docente presso la facoltà di medicina dell’Università di Padova e chirurgo specializzato in trapianti di rene. Si è inclini a concepire la medicina come scienza perfetta, a pensare i medici come spiriti asettici, totalmente assimilati al camice che indossano. Invece sono uomini e donne, ci ricorda Zardi, intenti ogni giorno a rispondere caso per caso ai bisogni dei propri pazienti, addossando alla propria coscienza la possibilità di errore connaturale ad ogni intervento. Perché ogni corpo è irripetibile e lo sguardo del medico deve saper cogliere, in tempi rapidi, la sua unicità per poterlo curare:

Quando si infila la telecamera laparoscopica nelle viscere di un essere umano, si scopre un mondo che sì, assomiglia a quelli visti fino a quel giorno, ma che allo stesso tempo è diverso da tutti gli altri: un unicum irripetibile. Non è come quel gioiellino di meccanica razionale che è il sistema solare, e non assomiglia all’uomo vitruviano sognato da Leonardo: è una giungla rigogliosa, un formicaio brulicante, un manicomio governato con il pugno di ferro, un sistema sempre sull’orlo dell’anarchia. E il chirurgo si fa strada dentro questo spazio come un esploratore che ha studiato su una mappa la conformazione di un territorio vergine e che ora, con i piedi immersi nel fango, tormentato da insetti e altre bestie, si trova di fronte a un muro impenetrabile di alberi e mangrovie. Qualsiasi decisione sarà comunque un compromesso: anche il trapianto, che potrebbe essere visto come il Viking 2 della medicina, è una soluzione per forza di cose approssimativa, una mediazione tra pro e contro. Serve un’inclinazione particolare, per muoversi in questo mondo, qualcosa che non ci si può inventare. Un dono che ce l’hai o non ce l’hai.

La metafora delle viscere dell’uomo come territorio inesplorato con cui il chirurgo deve fare i conti è specchio involontario del reportage che è subito successivo in ordine di disposizione nel libro, Tre giorni nel sottosuolo. Alessandro Monaci, membro della redazione di Ctrl dal 2012, testimonia la sua prima esperienza di esplorazione delle vene che congiungono il cielo al centro della terra. Alpinista esperto, decide di sfidare la verticalità opponendo all’altezza, di cui fin da ragazzo è cercatore, la discesa nella grotta “W le donne”, abisso scavato nel cuore della Grigna settentrionale, vetta molto frequentata della provincia di Lecco; affiancato da un gruppo di speleologi, scopre che la terra, come la psicologia umana, nasconde spazi immensi, sconosciuti e perturbanti. È l’unico dei testi in cui il narratore coincide con il protagonista e la discesa nel sottosuolo è descritta con la cura di chi sente nella corda che stringe tra le mani la linea del proprio destino. Il lettore intuisce allora che la ricerca di andare oltre se stessi non è solo nella scoperta di uno spazio inesplorato, nell’esperienza ormai così rara di poter essere i primi a vedere un luogo tanto antico da farti sentire irrimediabilmente piccolo nella tua mortalità; ma è nella ripetizione dei gesti, in una ritualità che nella sua ossessione vorrebbe cristallizzarsi in un tempo a-storico, lontano, eterno e che proprio per questo convive con il senso costante della caduta:

Nelle lunghe ore in cui mi isso con movimenti ripetitivi su una corda infangata in un antro umido, in fondo sono felice. Sento però la necessità di capire l’esperienza che sto vivendo. Probabilmente ne ho bisogno perché, nelle sue similitudini e nei suoi contrasti, capire la speleologia mi permette di mettere a fuoco meglio l’alpinismo, attività in cui ho investito gran parte delle mie energie fisiche e mentali dopo i diciott’anni, per la quale ho sacrificato relazioni e in nome della quale sono morte persone a me vicine. La speleologia è, da certi punti di vista, un alpinismo a cui è stato eliminato tutto il superfluo, a cui rimane solo l’osso (o la corda). Se ci penso troppo mi dà la nausea, o probabilmente è il leggero ma continuo molleggiare della statica a mettere in difficoltà il mio senso dell’equilibrio. Mi appendo per un momento al ventrale e noto che i guanti che indosso, comprati per l’occasione, sono già bucati. In basso vedo la frontale di chi mi segue che si alza, cercando di capire se la mia sosta sia dovuta a un problema.

La consapevolezza della fragilità, il terrore, la tenacia nell’affrontare l’essere carne del proprio corpo, l’importanza di far sì che questo coraggio alla vita non venga mai a mancare sono i temi messi in campo da ogni racconto di Ultrauomini; il libro stesso, nel suo insieme, testimonia questa tensione in una redazione che nel corso degli anni è cresciuta tanto e che, speriamo, ci serberà nuove felici sorprese in futuro.


ultrauomini ctrl booksAA.VV., Gli ultrauomini – Terrestri d’Italia in contatto con altre dimensioni, Ctrl books 2019, pp. 272, € 20.