Venerdì 30 novembre, alla Librosteria (via Cesariano 7), arriva Fuoricatalogo, la festa della Balena Bianca. A partire dalle 19, percorreremo i mari – infidamente calmi e all’improvviso vorticosi – dei libri alla loro “seconda vita”. Abbiamo scelto di puntare su quelli che, per un motivo o per l’altro, finiscono nel maelstrom dell’editoria, in compagnia degli scrittori Marco Amerighi e Filippo Tuena. Sarà l’occasione di conoscere la ciurma, bersi delle birre in compagnia e iscriversi all’associazione culturale La Balena Bianca: con 10 euro vi portate a casa tessera, shopper e un libro “pescato” tra i tesori perduti di Add, E/O, Giunti, il SaggiatoreLa nave di TeseoMarcos y Marcos, minimum fax.

Per arrivare preparati all’appuntamento, abbiamo pensato a una piccola lista di libri quasi dimenticati, pressoché scomparsi da librerie e cataloghi, ma con tutte le carte in regola per tornare nel circuito editoriale.


 

Jean-René Huguenin, La costa selvaggia (Rizzoli 1962)

La costa selvaggia è l’unico romanzo di Jean-René Huguenin, pubblicato in Italia nel 1962, lo stesso anno in cui il suo autore muore in un incidente d’auto alla guida di una Mercedes sportiva presa in prestito da un amico. Ha ventisei anni. La costa selvaggia, uscito in Francia nel 1960, è un romanzo inattuale, tanto più nel panorama letterario dell’epoca, che oscilla tra le «cose» del nouveau roman e l’impegno politico di Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir. Ci troviamo davanti, infatti, al più classico dei triangoli sentimentali: un ragazzo appena tornato dal servizio militare, la sorella minore, il promesso sposo di lei. Una tragedia annunciata, ma condotta a bassa intensità, seguendo un rapporto gravato dai non detti tra tre individui bloccati nel momento di passaggio tra gioventù ed età adulta. Sullo sfondo, un’ultima estate bretone, dove il vento, il mare, le scogliere e la vegetazione disegnano un paesaggio ancestrale che a poco a poco corrode tutto e tutti. Come il sale dell’oceano.

 

Emilio Tadini, La distanza (Einaudi 1995)

Un saggio in forma di collezione aforistica; brevi frammenti di senso da ricomporre in mappe di volta in volta diverse per orientarsi nel labirinto del contemporaneo. Potrebbe essere descritto così quello che rimane uno dei libri più importanti di Emilio Tadini, romanziere, pittore, poeta e tanto altro ancora. Persona coltissima, di letture stravaganti, che trovano un’improvvisa coerenza nelle 175 pagine di questo libretto che mostra come ci si possa dire intellettuali nel mondo dei saperi sempre più specializzati: adottando un piglio sempre dubitativo, usando conoscenze diverse (la psicanalisi, la filosofia, l’antropologia) come strumenti di interrogazione su questioni che anche il lettore è invitato a porsi. Il punto di partenza è, come da titolo, il concetto di «distanza», quella che separa il bambino dalla madre al momento della nascita; ma anche quella che separa il desiderio dalla sua realizzazione. Uno spazio intermedio, «potenziale», in cui l’arte trova il suo terreno d’azione e di proiezione, permettendoci di misurare lo spazio a nostra disposizione; e quello necessario per incontrare l’Altro.

 

Hervé Bazin, Vipera in pugno (Garzanti 1974)

Libro sconosciuto di un autore sconosciuto? Be’, non proprio. Forse Bazin non è nella storia della letteratura mondiale uno snodo fondamentale e forse in Italia il suo nome non suscita particolari ricordi, ma sicuramente nella Francia del dopoguerra era uno dei narratori più noti e amati. Vipera in pugno è la prima prova narrativa di Bazin, che dopo anni di dedizione alla poesia decide di seguire il consiglio di Paul Valéry di dedicarsi alla prosa. Si tratta di una storia cupa e tormentata, raccontata in prima persona dal piccolo Giovanni (Jean) Rezeau, ambientata in una soffocante e bigotta borghesia di provincia. Storia di una famiglia, di un rapporto tormentato di amore-odio tra una madre e i propri figli, e in buona parte anche storia autobiografica dell’autore stesso e della sua ribellione. Il libro mantiene la tensione dall’inizio alla fine affrontando di petto e senza peli sulla lingua valori, affetti, famiglia e ribellione. Bazin finisce così per parlarci del bene e del male, di cosa sia giusto e di cosa no, e della ribellione individuale alle costrizioni della morale. Primo libro arrabbiato e ribelle di un autore importante che denuncia, con la veemenza di chi ne ha sofferto in prima persona, le colpe della società borghese e del suo rigidissimo modello famigliare-educativo.

 

Gianni Celati, Lunario del paradiso (Einaudi 1978)

Si dice che di Gianni Celati esistano due maniere; quella comica degli anni Settanta e quella contemplativa inaugurata negli anni Ottanta con Narratori delle pianure: Lunario del paradiso, pubblicato per Einaudi nel 1978, fa da cerniera tra queste due stagioni. Romanzo che porta su di sé tutta la carica vitalistica del Settantasette bolognese (il Dams, Radio Alice, Alice disambientata), tra azzardi intellettuali e disordini emotivi, racconta la storia folle e «semplice» di un protagonista autobiografico che a vent’anni, alla fine degli anni Cinquanta, scappa ad Amburgo sulle tracce di una «biondina» conosciuta al mare d’estate. A finanziare il suo viaggio d’amore sono gli amici bolognesi, che affidano a Giovanni il ruolo di eroe romanzesco. Un ruolo che però gli va stretto, o forse troppo largo: il poema cavalleresco si trasforma infatti in un romanzo picaresco, fatto di disavventure continue, incomprensioni, equivoci e delusioni: il tutto narrato in una lingua capace di mimare le incertezze del pensiero e l’immediatezza dell’istinto. Anche se da un paio d’anni si possono leggere tutti i romanzi e i racconti di Celati in una preziosissima edizione dei Meridiani, non guasterebbe certo avere a disposizione, in edizione singola, questo libriccino divertente e profondo, breviario di un’educazione sentimentale non così lontana dai nostri tempi.

 

Paolo Bozzi, Fisica ingenua (Garzanti 1990)

Fisica ingenua: studi di psicologia della percezione di Paolo Bozzi comincia con una domanda apparentemente banale: «Posto che una palla cadendo da una finestra raggiunga il terreno in quattro secondi, quanto tempo impiegherà per coprire la metà di quello stesso percorso?». Il quesito è così ovvio da trovare molto spesso una risposta sbagliata e viene conseguentemente utilizzato da Bozzi per metterci in guardia da una pericolosa minoranza di inconsapevoli aristotelici, ma anche per ripercorrere la genesi storica e teoretica di un approccio fenomenologico e sperimentale all’esperienza percettiva. E con genesi storica si intende in realtà genesi autobiografica, perché il libro è anche, e forse soprattutto, l’affascinante narrazione della vita dell’autore (e del suo amore per il violino), la cui trama lo conduce quasi per caso alla ricerca filosofica. Il testo infatti alterna alcuni intermezzi teoretici, compreso un difficile capitolo pieno di acume dedicato a Simplicio commentatore dei moti aristotelici, al racconto diaristico, descrivendo con una prosa ricca, ironica e piena di malinconia – ma rigorosamente aderente ai fenomeni – i profili dell’amata Gradisca di Isonzo, di Trieste e di una Milano degli anni Cinquanta colma di psicologi della percezione più simili a ingegnosi inventori di macchine bizzarre (escludendo l’illustre e ammirato Gaetano Kanizsa).

 

Laurent Mauvignier, Lontano da loro (Zandonai 2008)

Una distanza incolmabile, che non si può dire. Trascritta nel primo libro di Mauvignier, che disarticola la mancanza di senso e il mondo provinciale in un mosaico di voci a suo modo radioso, ma straziante. Tutto ruota attorno a un vuoto dell’esistenza, che sembra segnare senza pietà le voci delle figure portate sulla scena, per cui gli atti sono sempre scomposti rispetto al perimetro da cui sono definiti, che sia per difetto o per eccesso. Come per Luc, che ha vent’anni e ama il cinema, soprattutto i vecchi film, così lontani da quella cittadina di provincia in cui si trova a vivere, specchio della France profonde di cui Mauvignier disegna qui un ritratto impietoso e al contempo affresco del sentire universale. Le voci scorrono una dopo l’altra, si sovrappongono dando vita a un racconto memorabile, dove il dolore è emblematico: sfuggente ma concreto.


Fate come King Kong: venite venerdì 30 novembre alla Librosteria. (illustrazione e locandina a cura di Massimo Cotugno)

la festa della balena bianca - fuoricatalogo