“Io che ho ereditato da mio padre una traccia malinconica, penso che gli incontri fortunati e le relazioni siano per essa un ottimo antidoto”

Giuseppe Varchetta nasce a Riva del Garda nel 1940. La sua vita è dominata dalle immagini fin dall’età di cinque anni, quando è iniziata la sua passione per il cinema. Durante la presentazione del suo ultimo lavoro fotografico, avvenuta al MaMu il 18 novembre, ne ha dato testimonianza Michele De Lucchi, architetto e designer tra i più quotati in Italia, che ha collaborato alla realizzazione di Autori e Opere, oltre ad essere uno dei soggetti scelti per questa antologia. Riguardo alla passione di Varchetta per il cinema come veicolo di storie, De Lucchi ha commentato: “Giuseppe è il più grande cinefilo che esista. Conosce tutti i film che siano mai stati girati”.

La ragione per cui non siede dietro una telecamera, tra ciak e sceneggiature, ma preferisce il peso delle sue – rigorosamente analogiche – Nikon e Leica, la spiega l’artista stesso: “Andavo spessissimo al cinema, a Riva Del Garda, quando ero bambino. Ma per una questione di bassa autostima non ho mai pensato di fare cinema. Ho fatto però la comparsa in alcuni film girati all’Arena di Verona. Da quel momento ho realizzato che nella mia vita non avrei mai potuto fare a meno delle immagini”. Da qui scatta l’amore per quella che per lui è l’unica forma d’arte alternativa al cinema. Il rapporto con la macchina fotografica si concretizza quando, all’età di 19 anni, ne riceve in regalo una (la prima), dalla futura moglie, Adriana. Un sodalizio, quello con la fotografia, che – racconta l’autore – non si è mai interrotto (“Da allora non ho più smesso”).

Le produzioni e raccolte fotografiche di Varchetta sono numerose e di ampio respiro. Ma quest’ultima, Autori & Opere, si differenzia da tutte le precedenti quantomeno nel suo sviluppo: “In altre occasioni ho indicato come durante la mia esperienza di lavoro abbia sovente accostato nel prendere appunti, al foglio e alla penna, la macchina fotografica. E così questa doppia attitudine ha accumulato via via un archivio sempre più ampio dei volti degli autori e delle autrici incontrati e delle loro opere […] Qualche mese fa, confortato dall’editore, quasi inaspettatamente mi è sorta l’idea di accostare facce e opere, confondendole in una ideale unica immagine […]”.

I soggetti degli oltre 40 scatti sono scrittori, architetti, coreografe e ballerine, ma anche filosofi,  poetesse e persino uno chef. Non sono mai fermi in posa, ma sempre dinamici, anche quando immersi nella staticità della riflessione o nella più profonda solitudine. La tecnica di tutta la sua produzione è quella analogica. Varchetta fa scorrere il rullino a mano e la stampa, in camera oscura, esalta le qualità tonali delle immagini. L’assenza di cromia e l’accentuazione del contrasto bianco/nero portano l’osservatore a notare il particolare e il generale delle scene inquadrate: da un lato dettagli come sigari, pennelli, occhiali da vista e telefoni cellulari; dall’altro i visitatori di passaggio, le sfumature e le ombre. Tutto è finalizzato a smuovere la curiosità dello spettatore, che si sentirà stimolato ad indagare il legame artista/performance.

I soggetti ritratti non sono mai preparati: lo scatto li coglie in una dimensione spazio-temporale quasi sospesa. Sembrano addirittura non accorgersi dell’occhio umano (e meccanico) che li osserva mentre danzano, scrivono, riflettono e progettano.  L’intento di Varchetta infatti mira all’essenza dell’artista nell’esperire la sua attività. Per questo il ballo di Carolyn Carlson, l’abbraccio tra Enzo Mari e Lea Vergine, il lavorio di Sandro Martini sulla sua tela, la poesia di Barbara Radice, le pagine di Primo Levi e il corpo di ballo di Pina Bausch, sono tutte occasioni di comunicazione tra l’osservatore e l’artista. Non vi è alcun suggerimento di interpretazione, perché la fotografia di Varchetta punta a creare un dialogo regolato da percezioni soggettive. L’immagine diventa l’interlocutore di chi osserva, ma anche l’oggetto del confronto.

La fotografia è capace, come tutte le altre forme d’arte, di mettere in connessione l’artista col fruitore e il fruitore con l’immagine; in questo libro, l’elemento unificante è l’opera d’arte nelle sue diverse manifestazioni, che innesca nello spettatore curiosità e sorpresa. E cos’è l’arte oggi, se non ciò che rende la realtà nuova, diversa e sorprendente?

Gianni Berengo Gardin, 2010 ©Giuseppe Varchetta da Autori & Opere, Edizioni del Foglio Clandestino 2016

Gianni Berengo Gardin, 2010 ©Giuseppe Varchetta
da Autori & Opere, Edizioni del Foglio Clandestino 2016

cover-autoriopere-edizioni-del-foglio-clandestino-2016Autori & Opere, di Giuseppe Varchetta; Edizioni del Foglio Clandestino, 2016, 176 pp. Con la collaborazione di  Michele De Lucchi e i testi di Nerina Garofalo e Aldo Iori.

 

 

 

 

 

 

Immagine copertina: Giulio Paolini, Scene di conversazione, Studio Marconi, Milano, 1973 ©Giuseppe Varchetta