Come together, join the movement,/Take a stand for human rights;
Attica State, Attica State,/We’re all mates with Attica State.

John Lennon & Yoko Ono, Attica State

Il 9 settembre 1971, nel penitenziario di massima sicurezza di Attica, inizia la più grande rivolta carceraria nella storia dello Stato di New York. Pochi giorni prima, nella prigione di San Quintino, è stato ucciso George Jackson, attivista politico e Field Marshal del Black Panther Party, freddato dalle pistole di due secondini. Da appena una settimana, il suo pamphlet marxista rivoluzionario “contro il fascismo statunitense”, Blood in my eyes, ha varcato clandestinamente le mura di San Quintino, ma Jackson è già un’icona della resistenza afroamericana per le sue lettere dal carcere, I fratelli di Soledad.

Quel 9 settembre, 1280 detenuti di Attica prendono in ostaggio 38 persone fra guardie penitenziarie e impiegati per iniziare, eletti dei rappresentanti, una trattativa con le autorità: barricata un’ala esterna della prigione, chiedono il riconoscimento di un manifesto programmatico  contro le sempre peggiori e umilianti vessazioni carcerarie. Dopo molte ore di negoziati, i rivoltosi ottengono un accordo sommario alla presenza di alcuni cittadini invitati come osservatori “politici”. Fra questi, c’è anche il cronista del New York Times Tom Wicher, che pochi giorni dopo scriverà nel suo articolo A time to die: «L’armonia razziale che regnava fra i detenuti era assolutamente stupefacente».

La sera del 12 settembre però, alla richiesta di amnistia per i reati commessi dai carcerati durante la rivolta, e alla destituzione del responsabile penitenziario, gli accordi saltano fra tensioni insanabili e la mattina del 13 settembre due elicotteri s’alzano sopra Attica sganciando gas lacrimogeni nel cortile del carcere, spianando l’irruzione di 500 agenti di polizia. Sparano sui detenuti per ordine del governatore di New York, poi vicepresidente degli Stati Uniti, Nelson Aldrich Rockefeller.

Muoiono 43 persone: 10 ostaggi e 33 detenuti oltre a 200 feriti, di cui almeno la metà con lesioni molto gravi.  Sono “bianchi, neri e meticci”, Black Panthers, Young Lords e Black Muslims, mossi in quei giorni da una straordinaria pulsione solidale «contro la tirannia della dittatura moderna». E mentre certa stampa locale incolpa gli insorti di aver ucciso gli ostaggi per falsa testimonianza di alcuni agenti – dicono di averli visti con la gola tagliata: deposizioni subito smentite dalle prime autopsie -, altri detenuti subiscono gravi pestaggi e torture, costretti a girarsi fra vetri rotti o a correre nudi tra i duri manganelli di due file di secondini.

Fra i prigionieri di Attica c’è anche Samuel “Mad Bomber” Melville, responsabile a New York di attentati dinamitardi “anti-sistema” e contro-imperialisti. «From the American Auschwitz known as Attica» con un carteggio sotterraneo chiamato “Iced Pig”, mosso da un nuovo senso di fraternità coi detenuti neri («E quando riemergerò da qualsiasi luce del sole restante, non sarò più un honky»), Melville fu uno dei massimi attivisti della rivolta che lo uccise la mattina della repressione. Aveva pubblicato poche settimane prima le sue Lettere da Attica introdotte da William Kunstler: quella del 16 maggio 1970 ispirò il pianista americano Frederic Rzewski, “gramsciano” e minimalista, per la «qualità poetica» e l’«ironia criptica» di un testo destinato a farsi musica.

Attica e Coming Together sono i due brani che crescono in risposta alla violenta repressione, rievocando fra scrittura e improvvisazione gli aspetti psichici e materiali della vita carceraria. Attica è basato sulla fusione di libertà e prigionia, e il suo tono disteso contrasta con la semplicità violenta del testo. «Attica is in front of me» fu infatti la prima dichiarazione di un ex-detenuto liberato, Richard X. Clark, a cui un giornalista chiese la sensazione di avere il penitenziario alle spalle.

Ripetizione degli atti, ossessione del tempo, assenza di movimento: la musica di Coming Together è come una gabbia per musicisti e ascoltatori, con il suo basso “inevitabile” e “ostinato” e una frase di sedici note ripetuta in cinque tonalità diverse. Gli strumentisti sono sottoposti a una specie di “libertà vigilata”: talvolta possono decidere in autonomia se suonare o meno, ma sempre seguendo uno schema prestabilito:

Penso che la combinazione di età e di una più grande condivisione sia responsabile della velocità del passare del tempo. A oggi sono sei mesi, e posso dirti che sinceramente pochi periodi della mia vita sono passati così velocemente. Sono in condizioni fisiche ed emotive eccellenti. Senza dubbio sono in arrivo delle sorprese imprevedibili, ma mi sento sicuro e pronto.

Il brano è in 4/4, ma l’uso delle note accentate e di cellule ritmiche basate sul numero sette mina la regolarità del tempo, generando un effetto di forte instabilità. Insieme agli strumentisti, una voce recitante legge il testo della lettera di Melville, sottoposto a una serie di parossistiche ripetizioni. Il crescendo finale rende efficacemente la tensione “esplosiva” della rivolta, dove la potenza drammatica dell’esecuzione contrasta con il contenuto letterale del testo. [1]

Come gli amanti mettono a confronto le loro emozioni nei momenti di crisi, così io sto affrontando il mio ambiente. Nella brutalità indifferente, nel chiasso incessante, nella chimica sperimentale del cibo, in mezzo al delirio di uomini isterici e perduti, io riesco ad agire con chiarezza e cognizione di causa. Sono prudente – a volte persino calcolatore – e mi comporto raramente da istrione, tranne che per testare le reazioni degli altri. Leggo molto, mi alleno, parlo con guardie e detenuti, conscio dell’inevitabile direzione della mia vita.

C’è Attica al centro dell’opera prima dei registi Lola Frederich & Martin Sarrazac, The Sound Before the Fury. Mai dimessa, la storia della rivolta si defila fuori campo o sovrimpressione, poi avvolge lo schermo con la sua dura celluloide mentre Archie Shepp prepara il grande ritorno del suo blues. Partner musicale di John Coltrane, Frank Zappa e Cecil Taylor, artista afrocentrico, amico di Malcolm X. Con Coltrane, Archie Shepp è stato uno dei massimi esponenti dell’avanguardia free jazz newyorkese, quella New Thing raccontata da Wu Ming 1 nel suo romanzo solista:

 Il ’57, l’anno del risveglio spirituale di Trane. Miles lo caccia dal gruppo perché è fatto e imbambolato tutto il tempo. Trane decide di darsi una regolata: smette di bucarsi da un momento all’altro, si fa il “tacchino freddo” a Philadelphia chiuso a chiave in una stanza. Poi trasferisce la famiglia a New York, incide con Monk e comincia a suonare con lui al Five Spot. Le prime sere fatica, è ancora messo male, ma pian piano migliora, migliora ancora e alla fine cazzo… Alla fine è indescrivibile (Wu Ming, New Thing, Einaudi, Torino 2004, p. 12).

Nel gennaio del 1972, Archie Shepp registra Attica Blues in omaggio alle vittime della rivolta: quarant’anni dopo, The Sideman pianifica un grande concerto en réplique au carnage a La Villette di Parigi, 9 settembre 2012. E in The Sound Before the Fury scorrono i giorni densi delle prove fino all’ouverture: un’Attica Blues Big Band di 25 musicisti per celebrare la fratellanza multietnica della rivolta. Una Commune carcérale come le voci soul in un’intro di funk puro e rabbioso: Only when the natural forces tell the world “let’s get it on”, do I worry? Yes I worry, can you dig it for the human soul! “Il suono prima dell’ira” è un tappeto d’archi e contrappunti di ottoni, è un lungo piano sulla strana mimesi facciale di Archie Shepp col suo sax tenore, sulle sue mani vizze e ieratiche al pianoforte. The Sound Before the Fury è il canto gospel di Archie e della sua cantante nella veglia notturna del concerto augurale, è l’insegnamento sperimentale del maestro al suo nuovo ensemble: «Se vi sentirete toccati dalla musica, improvvisate! Non nascondetevi solo perché sto facendo un assolo, perché questo non è jazz, questo è blues!».

Un film per svelare The Sound, un documentario per detonare The Fury, ovvero il footage di Attica con le sue tristi pellicole d’archivio, l’orrore nella voce di un cronista fuori dalla prigione («Quel che è certo è che là dentro qualcuno sta morendo»), le interviste ai leader della rivolta sopravvissuti alla repressione. The Sound Before the Fury attesta, come un objet trouvé fra gli anditi di Attica, la brutale campagna terroristica contro i detenuti più politicizzati: le celle di isolamento, i pestaggi, ogni rifiuto di libertà provvisoria, la segregazione del “divide et impera” e l’incitamento dell’odio razziale fra i carcerati, come le sevizie costrette ai «piccoli aiutanti di Hitler», i reclusi bianchi, contro quelli neri e viceversa. Infine, l’ascolto di una densa e bellissima lettera di George Jackson indirizzata dal carcere di Soledad ad Angela Davis, la più famosa militante del Partito Comunista degli Stati Uniti d’America:

4 giugno 1970

Carissima Angela,

Le luci si sono spente un’ora fa. Sono le ore zero e quarantacinque del 5 giugno, ed io ti amo due volte più di ieri. Il mio amore per te si raddoppia e si quadruplica. Mi servo della lampadina notturna di fronte alla mia cella per scrivere questa lettera. Forse tu non la leggerai mai. Stringo un patto con me stesso, non avrò mai riposo. Non farò mai pace con questo mondo fino a quando i nemici dell’autodeterminazione saranno al potere. Può darsi che tu non legga mai questa lettera, e può darsi che tu non debba mai toccarti, ma mi sento meglio di quanto non mi sia accaduto da molte stagioni. Tu sai che io esisto e spero che in qualche modo ti sia resa conto che ti amo profondamente, e ti toccherei con tenerezza, con passione, con ardore se potessi, se solo i miei nemici non fossero “in questo momento” più forti. Mi fermerò qui e farò un po’ di ginnastica, flessioni, flessioni sulla punta delle dita, qualcosa di silenzioso e di energico.

Ti amo, George

Il 7 agosto 1970, il fratello diciassettenne di George, Jonathan Jackson, entra in un’aula del tribunale di San Rafael Marin County dove stanno processando tre detenuti di San Quintino, militanti del Black Panther Party. Jackson estrae una carabina, arma gli imputati, prende in ostaggio il giudice Harold Haley e tre donne della giuria gridando: «Bene, signori, ora comando io. Siamo Rivoluzionari! Liberate i fratelli di Soledad!». Jonathan Jackson, il giudice Haley e due detenuti muoiono poco dopo, uccisi nella sparatoria con la polizia. Pochi giorni dopo, le armi di Jackson risultano intestate ad Angela Davis che il 18 agosto sarà inserita, per espresso volere del direttore dell’FBI John Edgar Hoover, nella lista dei dieci criminali più pericolosi d’America ricercati dal Bureau.

Arrestata a New York il 13 ottobre dopo quasi due mesi di clandestinità, Angela Davis viene accusata, secondo la legge californiana, di rapimento, cospirazione, omicidio e candidata alla camera a gas. Un movimento di liberazione accorpa più di duecento comitati locali in tutti gli Stati Uniti. La Chiesa Presbiteriana, la Black People in Defense of Angela Davis e molti intellettuali, fra cui Jean-Paul Sartre, si mobilitano. Il 23 febbraio 1972, Angela Davis viene assolta con formula piena da ogni accusa e rimessa in libertà.

What has happened here is but the sound before the fury of those who are oppressed.


Nel 1929, William Faulkner scrive The Sound and the Fury (L’urlo e il furore), un romanzo di coscienza che, come in una suite per orchestra jazz, racconta in 4 tempi l’insanabile frattura civile fra bianchi e neri in una contea immaginaria del decadente Sud. È l’anno del crollo di Wall Street.

 

Dopo il successo del leggendario concerto di Folsom Prison, il 24 febbraio 1969 Johnny Cash bissa lo spettacolo nel carcere di massima sicurezza di San Quintino, dove George Jackson verrà tradotto per la rivolta delle Pantere Nere a Soledad, 13 gennaio 1970.

 

Nell’autunno del 1971, Bob Dylan incide George Jackson al Columbia Studio 2 di New York. Una ballad di protesta breve e raccolta, cantata in seguito da Joan Baez: «Sometimes I think this whole world / Is one big prison yard / Some of us are prisoners / The rest of us are guards / Lord, Lord, They cut George Jackson down / Lord, Lord, They laid him in the ground».

 

Ottava traccia di Exile on Main Street, decimo album studio dei Rolling Stones, Sweet Black Angel è l’omaggio di Mick Jagger e Keith Richards ad Angela Davis: «She countin’ up de minutes, she countin’ up de days; She’s a sweet black angel, woh, not a sweet black slave».

 

In una delle scene più famose del film Dog Day Afternoon di Sidney Lumet, il protagonista interpretato da Al Pacino, che ha preso in ostaggio i dipendenti di una banca nel corso di una rapina, rompe i negoziati col capo della polizia municipale incitando una folla di spettatori al grido di «Attica! Attica! Attica!».

 

Il 9 ottobre 1971, John Lennon festeggia il suo trentunesimo compleanno a New York componendo con Ringo Starr, Eric Clapton, Jim Keltner e Allen Ginsberg il blues rock di Attica State. La canzone viene suonata da Lennon e Yoko Ono il 10 dicembre 1971 al Freedom Rally di Ann Arbor, Michigan: un concerto di protesta per l’arresto di John Sinclair (attivista politico e jazz poet) condannato a 10 anni per possesso di due “joint” di marijuana. Una settimana più tardi, all’Apollo Theater di Harlem Manhattan, John&Yoko dedicano Attica State ai familiari delle vittime della rivolta. Il 24 agosto 1981, Mark David Chapman viene condannato alla pena dell’ergastolo per l’assassinio di John Lennon. Chapman sconterà i primi trent’anni anni nella prigione di Attica.


[1] Le note su Rzewski sono tratte da un testo di Lorenzo Cardilli, scritto per il programma di sala del concerto dell’Ensemble contemporaneo della scuola di musica Luigi Piseri di Brugherio. Il video del concerto, tenutosi il 13 giugno 2016 e comprendente Coming together e Attica, è disponibile qui.