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di Iuri Moscardi

È finita, in letteratura, l’epoca dei titoli eponimi, quei titoloni lunghissimi (pensiamo ai romanzi inglesi del ‘700) che spoileravano bellamente gran parte del libro. Dunque, Almanacco del giorno prima – titolo dell’ultimo libro di Chiara Valerio – non può essere eponimo: è breve ed è uscito da poco per Einaudi. Eppure, un aiuto per capire il libro il titolo ce lo dà.Innanzitutto perché si definisce “almanacco”, ovvero – stando alla definizione del dizionario Hoepli online – una “pubblicazione annuale contenente l’elencazione dei giorni e dei mesi di un determinato anno; per estensione: annuario contenente, oltre al calendario, notizie pratiche, culturali e statistiche”. Inoltre, per il riferimento a questo “giorno prima” che sembra un dettaglio ma che è molto di più.

Il libro è un lungo elenco di situazioni, persone, azioni, dialoghi e numeri riguardanti il protagonista Alessio Medrano fino al giorno prima del suo trasferimento da Roma a Milano per lavoro. Un accumulo di tempo – nella sua doppia accezione di successione dal passato al futuro e di categoria narratologica – con il quale l’autrice cerca di descrivere una vita impossibile da raccontare seguendo il filo logico della cronologia: il protagonista-narratore (apparentemente onnisciente) non riesce a farlo, ed ecco sulla pagina eventi pescati da ogni angolo del passato. Questo accade soprattutto nella prima parte del libro, Infanzia, dove Medrano elenca gli episodi all’origine delle ossessioni nevrotiche di quando sarà adulto. Una su tutte è quella per gli elenchi, con i quali cerca di sconfiggere la morte: se la morte è la fine del tempo a disposizione di un essere umano, un contatto con l’aldilà – che lui bambino trova, spulciando elenchi del telefono, nei numeri dei defunti reintestati ai vivi – basta per annullarla. Conseguito il Dottorato in Matematica, Medrano perpetua questa sua ossessione in un lavoro “particolare”: è co-titolare di un fondo di life settlement che acquista le assicurazioni sulla vita da chi non le vuole o non le può più pagare per venderle a investitori terzi, pronti a scommettere sul tempo rimasto agli assicurati. In un continuo calcolo di probabilità e rischi, le vite degli altri sono solo un accumulo di tempo e gioie e delusioni, come il fumo o la sedentarietà, contano solo per determinare la longevità.

Ma in questo universo che Medrano domina, distaccato dalle vite altrui, irrompe un fattore imprevisto che scompagina l’esattezza delle sue probabilità: si chiama Elena Invitti ed è una donna da cui si sente attratto. Il loro rapporto occupa la seconda parte del libro, Presente, un altro lunghissimo elenco: come per la sua vita, Medrano non sa descrivere nemmeno il suo amore, perciò i momenti trascorsi con Elena sono sempre e soltanto attimi, ricordi perfetti impressi nella mente e mai parti di due vite che trovano un senso nello stare insieme. Tanto più perché Medrano non sa nemmeno definire la vera natura di questa relazione, che non è amore perché Elena non lo ricambia ma non è nemmeno amicizia. Inoltre, lei è una cliente del suo fondo e lui deve elaborare anche per lei una previsione di vita: ma è possibile essere precisi in tale previsione, quando riguarda la persona che ci è più cara? L’amore è un sentimento disinteressato, che contrasta con il calcolo ragionato dell’interesse: Medrano però non lo riconosce perché non l’ha mai ricevuto da nessuno, nemmeno da Elena che si trincera dietro un muro di cinismo. Inoltre, dicono che l’amore sia fonte di felicità e che la felicità allunghi la vita: la polizza di Elena va rimodulata? È giusto speculare sulla vita di una persona che amiamo? VALERIO

Problemi etici, dunque, tra i quali per l’ennesima volta fa capolino il tempo: questo accumulo di secondi e minuti e ore e giorni contro il quale l’uomo non può fare nulla per modificarne la durata se non esperirne la relatività. Qualcosa di insondabile, che Medrano cerca di studiare nelle relazioni tra passato, presente e futuro: se una cosa è stata, ricapiterà con una certa sicurezza, questo è quello che il calcolo delle probabilità gli ha insegnato. Ma conoscere fin nei più minimi dettagli il passato può servire davvero per sapere in anticipo il futuro, per essere davvero sicuri che quello che è stato sarà? Davvero una serie di nozioni accumulate con precisione riguardo alla vita di una persona possono plasmarne una copia fedele e identica nel futuro? La matematica è sempre stata il linguaggio esatto con cui Medrano ha cercato di ingannare il tempo nella sua imprevedibilità e avvicinarsi, come in un enorme frattale che si ripete all’infinito, alla sua struttura più profonda, per giocare con le sue stesse regole. Ma basta un attimo, basta la camminata di Elena una mattina in una strada di Roma, per caso, a scompaginare qualsiasi sua ipotesi.

E finalmente, con l’ultima parte del libro, arriviamo al giorno della partenza di Alessio per Milano: il fondo funziona così bene che, insieme al socio Janak, è diventato ricco e può considerarsi un innovatore della finanza italiana. Eppure, gli manca la certezza più importante, quella di poter ritrovare Elena: ha capito che non basta, per questo, l’accumulo dei ricordi e nemmeno conoscerne esattamente le abitudini. Forse l’unico modo per ritrovarla, come rivela l’ultima frase del libro, sta nella soggettività, che definisce le nostre priorità: sono queste, spesso imprevedibili, a decidere le certezze del nostro domani. Una è l’amore, come quello di Alessio per Elena; e infatti, come recita l’ultima frase, “Mi manchi tu, e mi manca la parte di me che sei tu. Per questo, credo, domani accadrà che torno”.

Questo Almanacco del giorno prima è dunque solamente la descrizione di un accumulo di tempo, lo sbirciare tra quelli che sono i momenti più banali delle nostre esistenze e ai quali non prestiamo attenzione? A prima vista sembrerebbe così, tanto più che – come detto – descrivere il tempo che si accumula sembra l’unico modo per parlare di sé: Medrano è infatti incapace di raccontarsi in un modo diverso. Tuttavia, anche il linguaggio della matematica, pur nella sua pretesa di obiettività, si rivela incapace di aderire pienamente all’esperienza; soprattutto perché l’esperienza è per sua natura impossibile da incasellare in rigide categorie prestabilite. Potremmo perciò definire questo libro come un tentativo di comprendere la vita attraverso i due estremi opposti della razionalità e del sentimento, entrambi incapaci – se applicati univocamente – di darne una spiegazione soddisfacente. E potremmo anche riconoscervi la necessità – per chi ha raggiunto e superato i “famigerati” trenta – di trovare un senso al proprio esistere. A Chiara Valerio va il merito di rimanere distaccata, di utilizzare una scrittura lucida e senza eccessi (tranne forse nel lessico del Medrano bambino di Infanzia), di presentare una vicenda emblematica di un percorso comune a tutti noi senza la retorica dell’insegnamento, ma con l’umiltà del sapersi riconoscere uguale agli altri. A lei, addottorata come Medrano in Matematica, va soprattutto riconosciuto il merito di avere usato le regole dei numeri per spiegare anche ai non addetti ai lavori il tentativo di applicarle all’imprevedibilità della vita.

C. Valerio, Almanacco del giorno prima, Einaudi, Torino 2014, pp. 350, 20€