Maurice Sendak, Bombo-Lardo e io siamo nati il 10 giugno. Di essere nato lo stesso giorno di Sendak sono molto felice; di essere nato lo stesso giorno di Bombo-Lardo non lo so, ci devo pensare meglio.

In ogni caso, queste coincidenze anagrafiche non avrebbero nessuna importanza, se nelle prime pagine del suo libro Bombo-Lardo, uscito nel 2011 e ora arrivato da noi per Adelphi, Sendak (1928-2012) non avesse deciso di far comparire questa data più volte. Di certo lui le feste di questo tipo non le amava molto, e riguardo il suo ultimo compleanno disse:

La festa per il mio ottantatreesimo compleanno avrebbe dovuto tenersi in giugno. Poi per fortuna c’è stata quella interminabile tempesta, è andata via la luce ed è tutto diventato buio e nessuno è potuto venire. Immagino sia quello che mi spetta per il fatto di condividere il compleanno con il caro Bombo.

Bombo-Lardo è un maialino che sta per compiere nove anni e che, per la prima volta, festeggerà il suo compleanno. I primi otto compleanni non li aveva festeggiati perché i vanitosi genitori non si disturbarono mai per organizzargli una festicciola. Ora però i genitori non sono più d’intralcio, perché, porci diventati “grassi come porci”, fecero una finaccia: «in salmì» (“got ate”, in originale). E non è certo il caso di dare per scontato il fatto che, in un libro con dei maiali come protagonisti, già nelle prime pagine si dica ai piccoli lettori e lettrici che sì, i maiali tendenzialmente fanno quella fine lì. Quello di Sendak non è cinismo: è piuttosto, di nuovo, uno dei pilastri della sua poetica, ovvero non solo la promessa insita nelle sue opere di non mentire mai ai bambini e alle bambine, ma perfino la consapevolezza secondo cui non è che loro queste cose non le sanno: le sanno meglio di noi adulti, ma non ce le dicono per non spaventarci troppo.

In ogni caso, quella della privazione delle feste di compleanno sarà un’ingiustizia a cui metterà fine Zia Adelina, tutrice di Bombo-Lardo, che gli regala un vestito da cowboy e non vede l’ora di tornare a casa dal lavoro per festeggiare con l’adorato nipotino. Adorato nipotino che però nel frattempo la festa se l’è organizzata da solo, e che festa! Piena decadenza. Pare Animal House.

Bombo-Lardo sembra allora riprendere la struttura di Nel paese dei mostri selvaggi e altre opere sendakiane, ovvero una situazione iniziale a cui segue una fase di “finimondo” (per riprendere il termine scelto per “rumpus” da Lisa Topi nella sua traduzione appunto dei Mostri selvaggi), con una folle baraonda, una festa distruttiva, una rottura rituale dell’ordine prestabilito, bagordo liberatorio, e poi lo scioglimento con perdono, (ambiguo) ritorno alla pace iniziale, e via dicendo. Ma mentre il finimondo dei Mostri selvaggi pareva ritrarre una certa area della nostra anima, con quello di Bombo-Lardo siamo nel puro dionisiaco. Le pagine si riempiono allora di figure che, oltre a certe opere liriche di cui Sendak era un fanatico (lavorò anche alle scenografie e costumi di più opere), fanno pensare a un certo Espressionismo tedesco, con un turbinio orgiastico che verrà spazzata via dal ritorno all’ordine imposto da Zia Adelina. Che poi è un ritorno all’ordine che porta a una dichiarazione di Bombo-Lardo che ancora una volta esprime una tremenda ambiguità, a metà fra il malinteso e la crudeltà del destino (soprattutto quello di un maiale). Come tutta la grande letteratura. Dopotutto, è la stessa ambiguità dell’affetto del maialino per sua zia, affetto sincero ma disilluso. E tutto questo da parte di un autore che, in un’intervista per la Paris Review proprio a proposito di Bombo-Lardo, dopo aver raccontato la propria predilezione per i maiali («la loro forma, come appaiono, e il fatto che sono così intelligenti»), non si fa scrupoli a chiosare: «Penso mi piacciano più di quanto mi piacciono i ragazzini umani».

La traduzione del libro è di Sergio Ruzzier, che proprio con Bombo-Lardo (Bumble-Ardy in originale) aveva un legame particolare: ottenne una Sendak Fellowship e trascorse del tempo a casa Sendak proprio nel periodo in cui Bombo-Lardo sarebbe arrivato nelle librerie statunitensi otto mesi prima della scomparsa del suo autore (e, fatto molto importante, Sendak racconta di aver lavorato a questo libro nel periodo in cui una persona a lui molto cara stava morendo fra atroci sofferenze).

Ruzzier, illustratore e autore anche lui, ha recentemente constatato in un’intervista che «per certi libri a figure tradurre il testo è un po’ come tradurre poesia», e in effetti la traduzione, in particolare quella della poesia e degli albi illustrati (ma Ruzzier preferisce “libri a figure”), è anche, se non soprattutto, un gioco di equilibri, compensazioni, compromessi, un esercizio fatto con le regole imposte dal testo di origine, e un tentativo di restituzione di uno dei pilastri di questo tipo di libri, per quanto apparentemente banale: una coerenza ritmica, retorica e stilistica che non è più solo interna al testo, ma che si deve articolare anche con le immagini e la loro capacità di esprimersi autonomamente, omissioni incluse.

Nel caso di Bombo-Lardo, tale restituzione pare il più delle volte azzeccatissima e vivace (“just scram, or else I’ll slice you into ham” diventa per esempio «non vi voglio veder più, altrimenti vi trituro e vi cuocio nel ragù»), e altre invece le legittime ragioni del testo italiano che fanno provare qualche rammarico per quello che si perde dell’originale (la doppia pagina del ritorno di Zia Adelina, per esempio, perde le rime e metà del numero di parole). In ogni caso, rimane una traduzione di cui essere grati, perché capace di ricordarci qual è il tratto fondamentale delle opere di Sendak, ovvero quello che Baudelaire, nel saggio L’Art romantique, ci ricordò così: «Il genio non è altro che l’infanzia ritrovata per volontà».


Maurice Sendak, Bombo-Lardo, trad. S. Ruzzier, Adelphi, Milano 2024, 32 pp. 22,00€