Uno dei ritorni letterari più attesi del 2023 e arrivato dodici anni dopo l’opera di esordio Città aperta, il terzo romanzo di Teju Cole, Tremor, riconferma il suo autore come uno dei più eleganti e poliedrici narratori afro-americani contemporanei. Oltre a essere scrittore di romanzi e racconti, Cole è anche un fotografo e un grande esperto di musica. Lo dimostrano le numerose esposizioni fotografiche in giro per il mondo e la serie di sfaccettate playlist – raccolte sul suo sito ufficiale e ascoltabili su Spotify. Alcune sono divise per genere – classica barocca, jazz, di cui è un grande intenditore – per zone geografiche o semplicemente per suggestioni, come ad esempio la serie di playlist sul sogno, o quella intitolata “the angel said” e descritta come «una playlist sulla presenza e sull’estraneità, sulla bellezza, la pazienza e la santità». Ma, a riprova di un sincretismo ancora più profondo, altre playlist accompagnano la lettura dei romanzi dello stesso Cole, includendo i brani via via citati nei testi. E se da una parte è il testo a tracimare nel mondo reale sottoforma di consigli musicali, dall’altra la musica, così come le arti visive, è a sua volta essenziale per immergersi completamente nel racconto di Tremor.

Mentre in Città aperta (Einaudi 2013) New York e Bruxelles erano gli spazi dell’occidente colonizzatore in cui il narratore Julius si muove cercando di schivare ricordi di un passato controverso e in Ogni giorno è per il ladro (Einaudi 2014) sono Lagos e la Nigeria a fare da cuore pulsante alla narrazione, in Tremor questi due mondi apparentemente distanti si riuniscono in un racconto caleidoscopico e frammentato, tenuto insieme dal suono della musica e delle voci che lo popolano.

Tunde è un insegnante di fotografia in una prestigiosa università americana in New England. Vive con sua moglie Sadako, che lo aiuta «a non perdere la testa» («you keep me from losing my head»), come lui la aiuta «a non perdere il suo equilibrio» («you keep me from losing my footing»), si scrivono spesso nei messaggi. Si amano, sono soddisfatti della vita che hanno costruito insieme e della decisione presa di comune accordo di non aver figli. Nonostante ciò, il loro rapporto è attraversato da una sottesa tensione che non si esplicita né si risolve nel corso della narrazione. È uno dei tanti non detti di Tremor, e chi è abituato alla scrittura di Cole sa che la sua abilità sta nel costruire storie che non si dicono ma si accennano, che lasciano al lettore la libertà di completarle oppure di accoglierle semplicemente così, incomplete.

Per il suo lavoro, Tunde insegna, parla a convegni ed espone le sue opere a mostre e biennali d’arte in Africa e in Francia. Fotografa il mondo, facendo attenzione a lasciare fuori dall’obbiettivo soggetti umani. «Ogni immagine di un essere umano fa una domanda allo spettatore: perché mi viene mostrato ciò?» I volti umani delle vittime del serial killer Samuel Little, quelli generati da un’intelligenza artificiale («quasi tutti bianchi») che non esistono e non esisteranno mai, quelli degli studenti di Tunde e quelli adirati dei venditori ambulanti di Parigi che lo aggrediscono per aver fotografato la loro merce senza chiedere il permesso sono tutti fugaci cenni di una (post)umanità che al lettore non è dato modo di contemplare a lungo. Questo passo verso la post-umanitàè segnato dal ruolo sempre più centrale della tecnologia, che pervade il nostro tempo e si mescola sia con le pratiche artistiche, così essenziali nella vita lavorativa di Tunde, sia con le relazioni che intrattiene, influenzando il modo di comunicare con le persone a cui è legato. Allo stesso tempo, però, la tecnologia genera incertezza nella comunicazione – le tenere emoji inviati nei messaggi a Sadako non bastano a cancellare quel senso di disagio nel loro rapporto – e dubbi sull’etica e sull’autenticità dei prodotti artistici. Ancora frammenti, ancora incompletezza.

Come anticipato, oltre alle riflessioni attorno all’influenza della tecnologia, opere d’arte visuali e musicali costituiscono un’ulteriore connessione referenziale alla realtà contemporanea. Grandissima attenzione è dedicata alle opere d’arte di cui Tunde parla nella Parte Cinque del romanzo, la prima narrata in prima persona da Tunde. Quella placca di bronzo del Benin che tanto somiglia al quadro di Bruegel il Vecchio, I Tre Soldati, i dipinti di J. M. W. Turner descritti nei minimi dettagli. Ma se l’interesse per la fotografia è proprio del personaggio Tunde, è soprattutto la musica di Bach e Coltrane a scandire il romanzo e rimanere costante anche quando il punto di vista e il narratore cambiano, facendo così da vero, sotterraneo filo rosso della narrazione. Infatti, se le prime quattro parti sono raccontate in terza persona e dirette a un misterioso tu la cui identità è svelata solo molto più avanti, la Parte Cinque è la registrazione di una conferenza che Tunde tiene a Harvard e l’ottava è un alternarsi tra la voce narrante di Tunde e quella di sua moglie Sadako.

Delle otto parti, ce n’è una in cui Cole sfrutta un impeccabile controllo della frase scritta per superare il muro del suono e farci ascoltare, leggendo, i suoi personaggi. Ventiquattro voci – come le ventiquattro ore del giorno – di ventiquattro cittadini di Lagos si susseguono in micronarrazioni personali, e circondano il lettore come un sofisticato impianto audio. C’è la prostituta che vuole pagarsi gli studi; un uomo libanese che racconta di una truffa subita in Nigeria; una madre single che parla dell’anoressia di sua figlia; la prima preside donna di una prestigiosa scuola superiore; un conoscente di Tunde che gli parla dell’esumazione del corpo di suo padre. Stavolta, il tu diventa Tunde, la cui storia accoglie e lascia spazio alle storie degli altri.

Tremor invita a riconsiderare e attribuire una funzione del tutto nuova al protagonista. Il protagonista sembra non essere più il personaggio la cui storia è al centro del romanzo: diventa invece il perno attorno al quale ruotano e si sviluppano le storie di tantissimi altri personaggi e che il protagonista ascolta, registra, riporta. La nuova sensibilità contemporanea che propone Cole non è quella della sanctimony literature, della letteratura che, secondo Becca Rothfield, «non distingue tra moralità e moralismo». È invece quella di un io narrante generoso, che lascia spazio alle storie del mondo. Di fatto, con le sue molteplici e caleidoscopiche storie, Cole si allontana dallo stereotipo dell’autore woke che cerca di indottrinare il suo lettore. Dimostra invece come l’essere umano sia fatto della stessa sostanza di cui sono fatte le storie e che per comprendere fino in fondo se stesso, la propria storia, deve scoprire, ascoltare e comprendere le storie degli altri. Sono proprio gli altri, gli amici di Tunde e Sadako, a popolare una delle ultime scene del romanzo, una scena di festa che tanto rimanda alla festa di Mrs. Dalloway, con Sadako che esordisce come narratrice citando l’incipit del romanzo di Virginia Woolf («Sarò io stessa a comprare i fiori»). Eppure, alla fine, c’è ancora spazio per un momento di solitudine e riflessione, e dopo tutta la generosa attenzione all’ascolto, Tunde può abbandonarsi al silenzio, lasciando al lettore il compito di interrogarsi su quanto in realtà ci costi restare in ascolto.

Tremor non è un romanzo per chi ha voglia di una storia lineare e per chi cerca una conclusione soddisfacente. A ogni interruzione di paragrafo, a ogni nuova parte, siamo costretti a riconsiderare il contesto, a chiederci chi parla? chi ascolta? dove ci troviamo? È un romanzo che pretende dal lettore la sua totale attenzione, un’attenzione che è sempre più difficile ritrovare e indirizzare verso un unico oggetto. Tuttavia, forse proprio per questo, Tremor è una lettura imprescindibile per chi ha voglia di leggere i suoni del mondo, di lasciare che la propria visione e le proprie convinzioni vengano decentrate, e facciano spazio a storie fugaci e tuttavia indimenticabili. Con il suo ultimo lavoro, Teju Cole si afferma come uno degli autori più interessanti del momento, per la sua capacità di offrire al pubblico un’esperienza di lettura sinestetica e sincretica.


Teju Cole, Tremor, Faber, 2023, pp. 299, £18,99.

Il romanzo non è stato ancora tradotto in italiano. Dello stesso autore, Einaudi ha tradotto Città aperta (2013) e Ogni giorno è per il ladro (2014).