Nel 1845 il meglio della tecnologia navale della gloriosa inghilterra si dirige verso l’Artico per cercare un passaggio navigabile nell’Atlantico. Le navi si chiamano Erebus e The Terror e sono guidate dal comandate John Franklin e dal comandante in seconda Francis Crozier, legati da un rapporto più intimo della sola marineria. I relitti verranno ritrovati in fondo al mare più di un secolo dopo, nel 2014.

La nuova produzione griffata Ridley Scott e trasmessa su Amazon Prime racconta i mesi di isolamento tra i ghiacchi di un manipolo di più di cento uomini, in balia delle intemperie, oscure presenze e il pericolo più grande: la perdità dell’umanità. Il servizio online di Jeff Bezos si candida ad essere la vera – ed economica – alternativa di qualità al binge watching targetizzato di Netflix, proponendo opere di fiction coraggiose, forse non sempre impeccabili, ma di certo meno appiattite su un mero sistema di domanda e offerta. The Terror è infatti un’opera stimolante di elevatissima qualità, che invita lo spettatore a immergersi lentamente nella storia, proprio come le due navi affondano silenziosamente nei ghiacci. Sono necessari infatti almeno un paio di episodi per trovarsi nel vivo dell’azione e sentire la tensione crescere nella ciurma stretta nell’inferno bianco. La spedizione destinata a segnare la supremazia commerciale inglese si tramuta in un incubo metafisico, dove gli uomini dovranno prima di tutto confrontarsi con loro stessi. La ricostruzione dell’ambiente artico è sbalorditiva, talmente convincente da sembrare irreale. Come in un dramma beckettiano, gli uomini dell’equipaggio affrontano una condizione di stallo, nell’attesa di qualcosa di miracoloso, che sia lo scioglimento dei ghiacchi, o un insperato aiuto dal continente. Ma le insidie non si limitano a una terra ostile: qualcosa di più sinistro viene risvegliato dall’imprudente spedizione. Così The Terror, da semplice dramma storico si carica di tinte sempre più horror, ripercorrendo temi cari alla migliore letteratura anglossassone del diciannovesimo secolo. Tabù, disordine, ignoto e tutti i temi fin de siècle vengono presentati in modo sapiente dallo showrunner David Kjaganich, recentemente alle prese con la sceneggiatura del remake di Suspiria diretto da Luca Gaudagnino. L’orrore e la paura abitano oltre i confini delle mappe conosciute e della ragione, nell’inconnu di Baudelaire o nella foresta tropicale di Kurtz, dove anche l’impero britannico si accorge di essere solo un villaggio in un regno più vasto e incomprensibile.

Storia di Hybris tra letteratura e cinema

La visione della serie rievoca diversi capolavori marinareschi, innanzitutto La ballata del vecchio marinaio di Samuel Taylor Coleridge. Nei versi del poeta inglese si racconta di una nave al Polo sud, bloccata tra i ghiacci e condannata da una stregoneria. L’equipaggio paga la colpa di aver ucciso un albatros, di aver quindi rotto il patto tra uomo e natura. In The Terror questo tema torna spesso tra le varie linee narrative e viene esplicitato nel rapporto tra la ciurma e il popolo eschimese, custode dei segreti dell’artico. Solo questi ultimi sono in grado di controllare il demone scatenato dalla superbia inglese, un’inarrestabile forza sanguinaria non molto dissimile alla coppia di leoni africani del film del ’97 Spiriti nelle tenebre. Nella serie di Amazon abbiamo la ricerca di un passaggio a nord-ovest attraverso cui espandere le vie commerciali, dall’altra la costruzione di un ponte sul fiume Tzavo in Kenya: tra gli inglesi e le loro ambizioni coloniali si erge una natura ostile e vendicativa. C’è infine Joseph Conrad, il grande scrittore britannico nato nel 1857 e autore de La Linea d’ombra, romanzo breve su una nave in balia di un mare senza un alito di vento.

Ordine e caos

The Terror è anche un formidabile affresco della marina militare di Sua Maestà, con i suoi codici, il suo rigore e il suo spirito di fratellanza. Poche pellicole hanno catturato così vividamente l’insolita vita condotta in mare per lunghi anni. Negli ultimi anni forse solo Master and Commander di Peter Weir ha saputo rappresantare altrettanto bene il microcosmo della ciurma, unito da una profonda amicizia virile e da una solida fiducia nelle capacità del proprio comandante. Ed è proprio sul tema del comando che The Terror si rivela un piccolo capolavoro. Alla guida delle due navi vi sono infatti due uomini profondamente diversi, incarnazioni di due visioni del mondo inconciliabili. John Franklin è un veterano del mare che ha partecipato anche a spedizioni nel Polo sud e ripone un’ottusa fiducia nel successo della spedizione. Il suo secondo, Francis Crozier, è un esperto esploratore, che nutre scetticismo sull’esito del viaggio. Franklin è un mediocre comandante che si ostina a minimizzare ogni allarme, Crozier è un uomo tormentato che si rifugia nell’alcol per evitare il conflitto. Tra i due una ciurma sempre più instabile, dove si espande slenzioso il virus del caos, rappresentato da Cornelius Hickey, prototipo dell’uomo del ventesimo secolo: amorale, spietato e individualista. Sarà lui ad appiccare il fuoco del disordine all’interno dell’equipaggio. Del resto i mostri più insidiosi da combattere sono sempre quelli che urlano più forte nella nostra testa e che minacciano il senso di appartenenza a una comunità. Nella Waste Land sottozero gli uomini abbandonano gradualmente le convenzioni sociali, i riti del mondo civile e gli obblighi morali, fino a guardare nell’abisso di loro stessi. Mozzi e ufficiali si distinguono sempre di meno e le menzogne non hanno più alcun valore. Il lavoro sulla recitazione diventa quindi fondamentale e per questo David Kjaganich si è affidato a un cast britannico di prim’ordine, da Jared Harris a Ciàran Hinds, da Paul Ready a Tobias Menzies. A loro è affidato il compito di raccontare con la loro tragica espressività la progressiva caduta nella follia, lo sgretolarsi di ogni certezza.

L’orrore

La serie di Amazon lavora perciò su diversi piani di inquietudine, quasi a voler confondere le acque. Si comincia con i toni dell’avventura navale, si prosegue in un fantasy-horror popolato da mostri e sciamani, per giungere in un infernale thriller venato di elementi gore. A permettere questa vasta gamma di registri è un’ambientazione unica, scenario adatto a risvegliare l'”affascinante terrore”. Siamo infatti nel pieno dominio del sublime, la categoria estetica descritta per nel 1757 da Eduard Burke, ovvero la disturbante bellezza che nasce da tutto ciò che può suscitare dolore o pericolo: lo sgomento di fronte all’incommensurabile. I ghiacchi dell’artico non sono poi molto dissimili dal buio del cosmo raccontato nella saga di Alien o nel Sunshine di Danny Boyle: all’estremo nord, come nello spazio infinito del cosmo convivono i nostri sogni di gloria e l’orrore dell’ignoto.