Nella sovrapproduzione di titoli Netflix è probabile vi siate persi una miniserie britannica del tutto fuori dagli schemi. Si intitola Chewing Gum ed è stata scritta e interpretata dall’allora ventinovenne Michaela Coel. La serie racconta di Tracey, una ragazza di origini ghanesi di 24 anni che abita in un quartiere popolare di Londra insieme a una famiglia profondamente religiosa. Obiettivo della giovane è quello di perdere la verginità, nonostante i rigidi dettami della sua fede. I tentativi di Tracey verso la conoscenza del “proibito” vengono raccontati attraverso una lente comico-grottesca, mentre entriamo in contatto con tutto il microcosmo del quartiere, tra ragazze-madri, freaks e alcolizzati senza tetto. La serie mette in luce in modo estremamente divertente le difficoltà di Tracey nel comprendere il mondo del sesso e nell’esprimere la sua nuova identità. In un linguaggio ruvido, senza censure e talvolta disturbante, Chewin Gum affronta in una sola volta – e con un’efficacia notevole – tematiche come il razzismo, la religione, il sesso e il bullismo.
Michaela Coel ci mette molto del suo vissuto in questo suo primo lavoro, dal quartiere povero alla Chiesa Evangelica Pentecostale di cui faceva parte, fino al bullismo, che spesso era lei a esercitare su altri, in posti dove era facile vedere ragazze darsele di santa ragione. Ma Michaela è anche una poetessa precoce, che impara dai salmi della Bibbia e scrive versi fin dall’età di 10 anni. Poco più che vent’enne comincia a partecipare a gare di Slam Poetry. La chiamano The Poet e il suo stile è un mix di tecnica e furia espressiva:

Michaela Coel sembra essere una di quelle artiste/performer capaci di tutto, che non si pongono limiti e viaggiano al doppio della velocità di chiunque altro. Così, oltre che poeta, la giovane britannica intraprende anche la carriera di cantante e incide due album, Fixing Barbie, nel 2009, e We’re the losers nel 2011. Poi nel 2015 arriva il successo con Chewing Gum, che la porta alla conquista nel 2016 del premio BAFTA (gli oscar britannici) come miglior attrice femminile in una commedia e miglior nuovo talento televisivo.

Da lì si aprono nuove opportunità, come quella di entrare nel cast della serie cult Black Mirror, dove Michaela interpreterà una piccola – ma estremamente gustosa – parte nel primo episodio della terza stagione, Nosedive, e un ruolo più consistente nel primo episodio della quarta stagione, USS Callister. A contraddistinguere il suo recitato è una sottile ferocia, una certa spigolosità nei gesti e negli scatti, che la rendono totalmente imprevedibile. Michaela Coel è un’attrice che spinge lo spettatore fuori dalla confort zone, trova il nervo scoperto e mette alla prova la sua vulnerabilità, sempre rimanendo nel registro della commedia.

L’abbiamo incontrata alla Berlinale di quest’anno, durante la presentazione delle Shooting Star, le giovani promesse del cinema europeo, di cui Michaela Coel è la rappresentante inglese, e c’è stato il tempo per alcune domande:

Raccontaci un po’ del tuo personaggio interpretato nel terzo episodio di Black Mirror

Tutti mi dicono che è stato bellissimo, anche se così spregevole. Si tratta di un piccolo ruolo, quello nella terza stagione, in cui interpreto questa hostess di terra estremamente rigida… Mi sono divertita molto nell’interpretarla. Ti dirò, mi piace molto la televisione, e lo sai perché? Puoi vederla in pigiama, nuda, come ti pare. Poi ci sono più episodi in cui poter sviluppare l’intera storia.

Che impatto ha avuto nella tua carriera il tuo atteggiamento?

Sin da quando ero piccola, ho imparato a non avere filtri, non ero di certo una persona tenera, ma al contempo adoro le persone forti che conservano una certa vulnerabilità. Parlando di social per esempio, è importante che le persone vedano altre persone che non recitano, cioè che stanno comunicando qualcosa di autentico. Ad esempio, se la mia stanza è un casino, un vero campo di battaglia – come di solito è in effetti – posso fare una foto e scrivere ironicamente “sono così ordinata”; è importante che la gente ricordi come anche gli attori, le persone dalle carriere da prima pagina soffrono, cadono in depressione, sono vulnerabili.

Parliamo delle tuoi origini. Tua madre arriva dal Ghana, giusto?

Mia madre è arrivata in Inghilterra quando aveva 22 anni ed era molto spaventata dal mondo occidentale, per questo mi ha protetta molto, e proprio attraverso quel modo di “custodirmi” ho sempre sentito il legame molto forte con l’Africa. Sono stata in Ghana per la prima volta in novembre e vedere dall’aereo quei luoghi e sentirmi a casa.. Insomma, è bello pensare di avere una casa, anche se così lontana.

E ora che ti trovi qui alla Berlinale, cosa pensi invece della Brexit?

In me c’è molta delusione, abbiamo scelto questa strada, ma non so perché l’abbiamo fatto. Secondo me noi inglesi siamo stati trascinati da un sentimento irrazionale più che da una vera riflessione. Per scrivere la mia seconda commedia sono venuta a Berlino, Zurigo, anche in Italia, per me quindi è assurdo pensare di non far parte dell’Europa, a volte faccio finta che non sia successo.

Parlaci un po’ dello slam poetry, le tue origini artistiche

Ah, slam poetry! Adoro la poesia. Per me la poesia significa 3 minuti si sfogo: puoi sfogarti attraverso un po’ di comicità, oppure con qualcosa di più drammatico, conciso. La gente si appassiona moltissimo a questo genere. Avevo iniziato con lo slam poetry per guadagnare i miei primi soldi, perché alla fine c’è un premio, perciò ero sul ring ogni sera per i miei 20 pounds. Sei sul ring ma senza violenza. Del resto il mio modo di recitare è molto influenzato dalla poesia, perché ogni parte di dialogo ha un ritmo. Sono anche un’appassionata di poesia classica, in particolare John Keats è uno dei miei preferiti. Settimana scorsa ho memorizzato i primi versi di una sua poesia, mentre lavavo i piatti.

Prima di essere un’attrice di talento, sei una scrittrice. In Chewing Gum le due cose coincidono. È per te una priorità essere presente nelle opere che scrivi?

Chewing gum è molto basata sulle mie esperienze di vita. Sono cresciuta in mezzo a molta gente che veniva da molti paesi e parlava molte lingue, non posso scrivere solo uno show totalmente femminile o solo per gente nera, adoro la varietà ed è quello che ho sempre conosciuto. Scrivo di vita vera.

Parlando di essere reali, che ne pensi dei social media?

Adoro non avere regole sui social, essere autentica, su twitter o Instagram sono molto spontanea, non mi soffermo troppo a scorrere il feed, con tutto quello che il mondo vuole che io veda e desideri diventare. Sono contenta con il mio piccolo angolo di mondo

Parliamo di oscar, chi pensi saranno i vincitori?

So davvero molto poco, non so nemmeno chi verrà nominato, vivo in una bolla in questi giorni, quindi buon fortuna a chi verrà votato. Ma confesso che non sono molto interessata. Insomma, credo sia grandioso vincere una di quelle statuette, ma nel giudizio giocano troppi fattori, spesso non è davvero il miglior film a essere premiato.