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Un sogno d’amore: I diari bollenti di Mary Astor

Nulla è più complesso dei sogni. Sono le crepe dell’inconscio, i buchi nella rete che ci costringono a porci in questione, a scoprire la nostra natura profonda e contraddittoria. Ci sono sogni che ci fanno paura, e allora sappiamo che abbiamo un conto in sospeso con noi stessi. Altri rispecchiano il nostro stato d’animo, le nostre tensioni, e ci aiutano a prendere coscienza, da svegli, di ciò che ci accade. Ci sono però anche sogni più semplici, quelli in cui i desideri irrealizzati del quotidiano vengono appagati. E allora ci ritroviamo alla festa a cui non eravamo riusciti ad andare. O mangiamo quella fetta di torta invidiata al ragazzino brufoloso seduto davanti a noi sul sedile dell’autobus. Ai più fortunati accade di sognare il bacio che non si è potuto dare, l’amore impossibile racchiuso nel segreto dei propri occhi chiusi. Non so se Edward Sorel ha mai sognato di incontrare Mary Astor, di prenderla per mano e confessarle i suoi sentimenti. Forse no, ed è per questo che ha chiesto aiuto al disegno e alla letteratura. Fatto sta che, a ottantotto anni, dopo una lunga carriera di illustratore per numerose testate quali il «New Yorker» e il «New York Times Magazine», ha deciso di concedersi il tempo per realizzare il libro che aspettava di scrivere da più di cinquant’anni: I diari bollenti di Mary Astor. Il grande scandalo a luci rosse del 1936, pubblicato in Italia da Adelphi in novembre. Si tratta di un romanzo illustrato, in cui Sorel mette in gioco tutte le proprie capacità narrative.

Nel primo capitolo del libro, che si intitola True Story ed è degno dei migliori romanzi ottocenteschi, Sorel racconta come sono nate l’idea del libro e la sua ossessione per “Mary”: nel 1965, togliendo il linoleum dalla cucina dell’appartamento appena preso in affitto con la seconda moglie, Sorel trova una serie di giornali, utilizzati per pareggiare le assi di legno:

Dopo trent’anni di sepoltura i giornali erano maleodoranti e ingialliti, ma si leggevano ancora bene. I titoli, a caratteri cubitali, riguardavano tutti il processo per l’affido di una minore che si era svolto a Los Angeles. LA PICCOLA ASTOR DAL GIUDICE, strillava il «News» del 1° agosto, che qualche giorno dopo rincarava la dose: LE CLAMOROSE RIVELAZIONI DI MARY ASTOR TERRORIZZANO I MAGNATI DEL CINEMA. L’8 agosto toccava all’EXTASI (giuro) SECONDO ASTOR, col sottotitolo NEI DIARI TUTTA LA DEPRAVAZIONE DI G.S. KAUFMAN.

Gli scandali di Hollywood fanno vendere più copie ai giornali di quanto non faccia una guerra mondiale. Lo sappiamo noi oggi, appena disintossicati dalla sete di notizie sul caso Weinstein. Lo sapevano nel 1936, quando il processo per la tutela della piccola Marylin Thorpe, figlia di Mary Astor e del medico delle star Franklyn Thorpe, aveva scalzato dalle prime pagine gli articoli relativi ad avvenimenti che stavano letteralmente facendo tremare il mondo. L’interesse dei giornalisti e del pubblico era dovuto, oltre che al nome altisonante dell’attrice, alla presenza di una prova che Thorpe aveva presentato per testimoniare l’inadeguatezza della moglie a ruolo di tutrice della piccola Marylin: un diario, in cui la Astor avrebbe annotato le sue avventure extraconiugali con altri esponenti del mondo dello spettacolo, stilando addirittura una classifica sulle capacità amatoriali dei diversi amanti. Sorel legge gli articoli seduto sul pavimento della cucina, dimenticando per un istante i suoi doveri domestici. Nasce in lui una curiosità quasi morbosa, e decide di andare a fondo in quella storia. Comincia così il suo percorso di ricerca sulla vita di Mary Astor, nei ritagli di tempo sottratti alle scadenze delle varie collaborazioni giornalistiche.  Comincia così anche la sua passione per l’attrice, che diventa una presenza costante nei suoi pensieri.

Il racconto di Sorel ha dell’incredibile e, nonostante il carattere categorico del titolo, nutriamo qualche dubbio sulla sua veridicità. Ma dobbiamo scacciare i sospetti, perché senza la nostra fiducia l’autore non può realizzare il suo sogno. Allora noi crediamo a tutto, acconsentendo a un patto che ha origini lontane, nel tempo in cui gli scrittori trovavano manoscritti nascosti in cantina o in polverosi solai infestati dai fantasmi. Sorel però non si accontenta di trascrivere le parole di qualcun altro. Vuole prendere parte nella storia, diventare personaggio, entrare nella vita della sua attrice prediletta. E non è un caso che a recensire il libro per il «New York Times» alla sua uscita in America sia stato Woody Allen, il regista della Rosa purpurea del Cairo, in cui il personaggio di un film, Tom Baxter, esce letteralmente dallo schermo durante una proiezione, per poter parlare con la giovane spettatrice Cecilia. Anche nel libro di Sorel si verifica uno sconfinamento dalla sfera del reale, quando l’autore evoca il fantasma della Astor, che si materializza in tutto il suo splendore e colma con la sua voce profonda le lacune che Sorel non è riuscito a risolvere con le sue ricerche. Se nella pellicola di Allen l’innamoramento avviene tra una persona reale e un personaggio immaginario, nei Diari bollenti l’oggetto del desiderio è l’attrice stessa, col suo carico biografico tumultuoso e ricco di sconfitte. Scopriamo che Mary si chiama in realtà Lucile Vasconcellos Langhanke e che è figlia di due immigrati tedeschi dispotici e incapaci di volerle bene. Priva di grandi aspirazioni, da ragazzina spera di trovare un giorno un lavoro qualsiasi, di sposarsi e avere dei figli. Il padre però ha altri progetti per lei: la porta a New York e riesce nell’intento di far entrare la piccola Lucile nel mondo del cinema, che inizia così la sua nuova vita a Hollywood. Le viene dato un nome, Mary Astor, perfetto per assecondare la sua bellezza altera e i ruoli femminili fieri e aristocratici che le vengono assegnati. Mostra fin da subito una presenza scenica impressionante e la sua voce bassa, quasi maschile, che con l’avvento del sonoro le viene rimproverata come un difetto, diventa presto uno degli elementi fondanti del suo fascino. Nonostante tutte queste premesse, la sua ascesa nello star system è costantemente ostacolata dalla corte di approfittatori che la circonda: i suoi genitori e, in seguito, i suoi amanti, tutti ben disposti ad approfittarsi della sua bellezza e dei suoi soldi, ma non a soddisfare il suo bisogno di essere amata. Riesce comunque a recitare in film che faranno la storia del cinema, come Infedeltà, Il mistero del falco e La grande menzogna, con cui vince l’Oscar per il ruolo di migliore attrice non protagonista, nel 1942. Comincia presto a bere, per sciogliere la tristezza. Vive una grande storia d’amore, con George S. Kaufman, il più importante commediografo di Broadway dell’epoca. È soprattutto a causa di questo nome, scritto su un diario privato, che Mary diventa protagonista del processo che colpirà Hollywood come una scossa di terremoto, descritto nel libro con dovizia di particolari.

Ogni tanto Sorel interrompe il racconto, per commentare la storia, descrivere in che modo si identifica nella sua protagonista, parlare di sé, come un lettore che possa entrare nel libro che sta leggendo e, così facendo, renderlo suo. Attraverso la sua voce ammirata, anche noi iniziamo a voler bene a Mary Astor, che proprio nella contraddizione tra la vita che ha vissuto e la sua presunta vocazione da brava moglie e madre di famiglia mostra tutta quanta la sua modernità.

La punta di massima bellezza del libro è toccata dall’illustrazione con cui si apre e si chiude il racconto, che sola riesce a riassumere l’intera biografia dell’attrice di Hollywood, con quel velo di ironia che è proprio di tutta l’opera di Edward Sorel.

I diari bollenti di Mary Astor è uno di quei libri che non ci si stancherebbe mai di rileggere, come accade con certi vecchi film in bianco e nero, magari una commedia, dove tutti sono vestiti bene e si legge chiaro negli occhi alla protagonista che sta per innamorarsi.


 

Edward Sorel, I diari bollenti di Mary Astor. Il grande scandalo a luci rosse del 1936, Adelphi, Milano 2017, 169 pp. 51 ill. 20€