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Secret Concert, Home Music

Le novità culturali presenti sul nostro territorio, benché non si possa parlare di Milano come di una landa desolata, sono sempre centellinate come il pane in periodo di guerra, eppure il capoluogo lombardo da sempre è stato la sede di letterati, musicisti dalla vocazione internazionale, politici dalle idee rivoluzionarie. Da sempre mecenate delle arti, la leonardiana Milano appare sfiancata e assopita dagli ultimi 20 anni, che ne hanno fatto la capitale economica del paese, inaridendone la vocazione artistica. È pur vero che se le autorità competenti non pubblicizzano di certo forme di aggregazione artistica o espressione culturale che non siano la solita «prima» della Scala, allora ricade su di noi in qualità di singoli individui, professionisti della cultura quale forma estetica che ci salverà, andare alla ricerca, domandare, vincere la nostra pigrizia per cercare; il sottobosco è sempre ricco di forme di vita alternative, ed è nell’ombra che si nascondono gli esemplari più interessanti.

Uno di questi esemplari è un’idea di Tania Varuni e Giovanni Gulino (già cantante dei Marta sui Tubi), che a partire dal 2009 portano a spasso per tutta Italia chi della musica non ha già fatto un prodotto da bancarella, ma crede ancora che prima di tutto sia aggregazione e condivisione: e quale posto migliore per organizzare un evento di questo tipo se non casa propria? Ebbene sì, il concert te lo portano a casa, sul divano del salotto, l’artista che prende le sue brave valigette piene di aggeggi musicali e viene da te.

E, visto che il concert non è aperto a tutti, l’idea iniziale si è trasformata ben presto in Secret-Concert.

Tania, che incontro durante una delle recenti date del Secret Concert tenutasi a Milano all’interno di un loft non ancora adibito ad abitazione, ma che presto lo sarà, mi racconta nascita ed evoluzione di un’idea.

L’esigenza iniziale era quella di creare un evento che a Milano non esistesse già. E allora ecco rispolverato la vecchia formula di festa in casa, con gli amici che portano vivande varie e un carico di affetto che fa sentire in famiglia. Tania, dunque, ha pensato di allargare sempre di più questo concetto e di farlo diventare un vero e proprio appuntamento, che in partenza vedeva i Marta sui Tubi, band dalle origini mediterranee stabilitasi al nord, il fulcro intorno al quale cucire la proposta artistica per il pubblico di amici.

Era un momento di stallo nella turnè dei «Marta», ci racconta Tania, e dunque abbiamo pensato di organizzarceli noi i concerti, senza bisogno di palchi o palazzetti dello sport, ma direttamente a casa della gente, senza filtri, addirittura senza amplificazione, in modo tale che fosse il più in-mediato possibile. Performance da salotto, con chitarra sul divano e scarpe sul tappeto.

Erano solo 2 anni fa quando ha iniziato a insinuarsi prepotentemente l’idea che oltre ai più stretti amici si potesse coinvolgere altra gente, fino a creare un vero e proprio gruppo di persone che ciclicamente tornavano a sentire quanto di nuovo avesse da proporre Secret Concert. L’incertezza dei primi passi, l’insicurezza di non sapere se si fosse arrivati nemmeno a 30-40 persone, si sono trasformate adesso nella convinzione che ogni serata sarà un successo e alle poche presenze degli esordi si contrappongono le affollate compagnie di oggi.

Ed è infatti proprio questa la fortuna di quello che proponiamo – ci spiega Tania – non solo un formato che, per quanto curioso e accattivante, può rischiare di subire gli andamenti altalenanti della moda, bensì un contenuto che sia valido, pieno di concetto e di valore senza paura di scadere nella noia: la deriva radical chic viene scansata come la peste.

Non esistono pubblicità per questi eventi, il main stream non interessa, in quanto la volontà è quella di rimanere una realtà piccola, ombrosa e senza quella eccessiva visibilità che molto spesso, decretando il successo commerciale di un prodotto, rischia di traviarlo completamente da quella che era la sua originaria intenzione.

All’inizio si sa solo quale artista si esibirà in una determinata data, poi si scopre in quale luogo questo avverrà; infine, se interessati, è necessario iscriversi, mandando una mail con il proprio nome (al massimo quello di un amico al quale fare una sorpresa) et voilà, è solo questione di aspettare il giorno prima dell’evento, in cui, in un determinato e del tutto casuale momento della giornata, ti arriva un messaggio sul cellulare “ciao Secret Concert vi aspettiamo domani…” e con queste semplici parole, si aprono le porte per una serata frizzante.

Posti piccoli, artisti in set acustico, accompagnamenti scarni ed ossei, totale assenza del palco, nessuna barriera a definire chi è pubblico e chi è attore, solo tante candele a creare l’atmosfera adeguata e il vociare strisciante di amici e non, che si parlano e che si lasciano spostare da melodie rarefatte fumo nell’aria.

Secret Concert non vuole però essere un circolo chiuso, snob ed elitario. La deriva artistoide, con tutto il corollario di esclusivismo, lobbismo, minimalismo, e quanto di più annoiante possa portare con sé il considerarsi «diversi», «migliori», non viene contemplata e per questo motivo è possibile vedere gli stessi organizzatori intrattenersi con tutti gli ospiti e gli stessi artisti che si alternano sulla scena, li vedi gironzolare affumicati nelle loro sigarette tra il pubblico, spesso mimetici in quanto la loro fama non è ancora così aurea da farli notare a prima vista.

E quando si giunge alla domanda «quali idee per il futuro?», «nuove proposte da sviluppare?», Tania  mostra di non fare tanto caso al «dopo», è concentrata sull’«adesso», sul grande impegno che sta dedicando a questa sfida che è in parte progetto di vita ed esperienza comune, condivisa con tutti quelli che, da artisti o da spettatori, intendono partecipare, anche solo portando una torta salata per la cena che si tiene appena prima delle esibizioni.

Se compito dell’arte, come arguiva Adorno, è quello di introdurre il caos nell’ordine, una riflessione è dunque doverosa.

È facile dimenticarsi di quanto sia bello, e giusto oserei dire, stare in mezzo agli altri, senza credere che questa sia una velleità puerile, momento della vita sociale a cui presto rinunciare in vista di un estetico rassicurante lucro incessante. Eppure un pensiero di questo tipo spesso non viene allenato ma isolato invece e ficcato nei ripostigli in quanto stimolerebbe le menti al pensiero del non lavoro, talvolta allo scambio tra sconosciuti che crea slancio ed eccitazione, sentimenti poco gestibili e incanalabili in dinamiche produttive.

Capita però che in questa visione negativa dell’intorno, botte di luce e di arte si facciano spazio e tornino a dimostrarci come dovrebbe essere una vita che prende le mosse da un modello differente.

[Foto di: Simone Keremidtschiev]