A meno di un anno dal romanzo La vita adulta (Ponte alle Grazie, 2021) torna in libreria Andrea Inglese, con la breve raccolta di racconti umoristici Stralunati (Italo Svevo, 2022): una “parata carnevalesca” – citando la quarta di copertina – in cui l’autore sperimenta generi e sfumature del comico quali grottesco, satira e humour metafisico, che si accompagnano a paradossi e assurdità oniriche.

Armato di tagliacarte e pazienza, il lettore si fa strada nelle pagine dai margini intonsi di questa silloge di bizzarrie e, superata l’impressione che si tratti di un divertissement dell’autore – che dopotutto è poeta, romanziere, saggista, autore “serio” – è pronto ad apprezzare il gusto saporito di questi racconti.

Gli stralunati di Inglese sono i protagonisti dei racconti, spesso inseriti in contesti ordinari o tipici dai quali emergono grazie – o per colpa – di una peculiarità che li rende in qualche modo obliqui, immobilizzati in bilico tra due estremi, uno considerato normale e l’altro bizzarro o irreale; dalla cristallizzazione di questa premessa si delineano i contorni delle figure comiche. La parata degli stralunati comprende chi è sospeso tra disoccupazione e occupazione come nel primo racconto Far nulla, in cui il protagonista è sì beneficiario di “un sussidio dello Stato in qualità di lavoratore possibile”, ma deve costantemente dimostrare di non star effettivamente facendo niente, fornendo impossibili prove dell’assenza di qualunque attività da parte sua. Sono in bilico tra significati retorici le masse di umani-suini di Uomini e maiali, in cui un individuo vorrebbe scoprirsi allegoria di qualcosa, di un vizio umano oppure, perché “proprio così umano”, “allegoria ancora una volta, ma di un vizio animale”; ci sono anche personaggi fieri della propria alterità: come un’intelligenza artificiale, che in mezzo a gente “sciocca e naturale” si interroga sulla natura degna di biasimo dell’umanità. Si trovano anche protagonisti immersi in frammenti onirici, sospesi tra sogno e incubo, tra distopie che sembrano utopie e viceversa. Personaggi del genere spesso sono messi in scena alle prese con un soliloquio, in cui sono proprio loro, tramite il monologo interiore, a far emergere il potenziale comico; oppure sono rappresentati immersi in un dialogo con terzi, che sia botta e risposta serrato, trascrizione di intervista o semplice conversazione.

Il gioco umoristico riesce attraverso moduli arcinoti e già ampiamente sperimentati nella letteratura contemporanea, padroneggiati con la competenza che ci si aspetta da un autore del calibro di Inglese: paradossi, rovesciamenti, climax, eventi ricorsivi, deformazioni stranianti ed inserti surreali. Lo humour non è mai fine a sé stesso, non sfocia nel nonsense e riesce ad essere al servizio della narrazione, rendendo i racconti di volta in volta avvincenti e piacevoli alla lettura. I bersagli dei non pochi risvolti satirici sono le convenzioni sociali, le frasi di circostanza, la burocrazia, le generalizzazioni, la fragilità delle certezze umane. Se a volte un tema può apparire scontato, la penna di Inglese trova sempre un modo di risultare incisiva in maniera quasi sempre convincente. La brevità dei racconti spesso gioca a favore delle intuizioni dell’autore, rendendo fulminanti e memorabili le sue piccole storie stralunate.  Il distacco ironico nei confronti dei personaggi e delle vicende narrate, l’escursione linguistica apprezzabile e sempre controllata e la visibile cura nella stesura dell’intero libro convincono e rendono Stralunati un’ottima aggiunta nella già raffinata selezione della collana, nella quale il volumetto convive anche con Avventure di Luigi Malerba, scrittore che non può che essere stato un saldo punto di riferimento.

La prosa breve di Andrea Inglese è in gran forma e muta abilmente registro, stile e sintassi a seconda del genere umoristico a cui appartiene ciascuna storia: si va dalla critica sociale espressa nel paradosso del protagonista di “Far nulla”, allo stravolgimento della storia biblica de I due fratelli e lo zio in cui l’invidia di Caino arriva ad essere giustificata dall’atteggiamento esasperante del fratello sempre ineccepibile. L’intervista immaginaria di “Un mestiere, oggigiorno” è esilarante e mette in scena l’ascesa professionale di un protagonista con la nobile vocazione del tirare calci, fino al suo approdo in riunioni aziendali dove i manager si sfogano in risse scatenate dal nostro beniamino. Degno di nota è l’elemento corporale, di esuberanza slapstick nella comicità utilizzata da Inglese, ricorrente fondamento dei racconti che anche per questo risaltano nel genere, a volte eccessivamente cerebrale, dell’umorismo contemporaneo.   L’inventario del riso è smisurato, si sa, ma la selezione proposta in questo volumetto riesce, con alcuni picchi di qualità poetica e riflessiva (Faccia stanca e Al risveglio, per citarne un paio), a soddisfare anche il più esigente dei palati letterari.

Chi ha conosciuto Andrea Inglese con i suoi romanzi o attraverso i suoi contributi in rivista troverà una certa continuità tematica nei racconti che trattano il mondo del lavoro contemporaneo e l’angoscia ad esso inevitabilmente correlata. Gli stessi temi rievocano le pagine agrodolci della raccolta poetica Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato (Italic Pequod, 2013). La produzione in prosa di Inglese, coadiuvata da un senso dell’umorismo a cui è finalmente dato libero ed esplicito sfogo, si colora così di tinte rinnovate e conferma la rilevanza del suo autore nel panorama letterario nostrano. Evasa la struttura romanzesca, che ha talvolta appesantito la vivacità dello stile dell’autore, Andrea Inglese consegna al suo pubblico un’opera consapevolmente e orgogliosamente minore, che è come un piccolo minerale nascosto, di aspetto irregolare e dai colori cangianti, che aspetta solo di essere scoperto.


L’immagine nell’header dell’articolo è una litografia (Maschere 1831) di Honoré Daumier (1808-1879)


A. Inglese, Stralunati,Trieste-Roma, Italo Svevo, 2022, 116 pp. 16,00€.