Viene riofferta all’attenzione del lettore una parte selezionata della produzione poetica di Bill Knott  attraverso un progetto antologico che organizza i componimenti secondo le indicazioni fornite dall’autore stesso nelle note di apertura di Collected Poetry (1940-2014).

Il volume, però, tradotto da Bernardo Pacini e Clarissa Amerini, e pubblicato per Italic Pequod nel 2022 con l’introduzione di Charles Simic, risponde ad un ordine ulteriore di ragioni. Anzitutto quella di espandere la selezione dei componimenti al di fuori dell’edizione, già nominata, di riferimento. E poi proprio perché, come si dichiara nella nota editoriale, «la poesia di Knott è praticamente irreperibile in traduzione italiana», l’obiettivo della pubblicazione è attualizzare una presenza che, al di fuori di sparsi tentativi di antologizzazione tra anni ’70 (Giovani poeti americani, Einaudi 1973) e anni ’80 (Poesia americana oggi, Newton Compton 1982), è praticamente uscita «dai radar dei lettori italiani, che sono dunque rimasti alle prove del laboratorio beat-surrealista dei primi libri». 

Volarsi dentro è un’espressione significativa che permette di apprezzare la varietà dei modi nei quali l’estro confessionale di Knott frammenta la produzione poetica in una serie molteplice di occasioni. Introspezione, analisi, proiezione, immaginazione: questi sostanzialmente i punti attorno ai quali ruota una materia poetica mutevole dove l’«effetto sorpresa di imprevedibili nessi semantici, di trovate metrico-foniche e illuminazioni improvvise» diventa lo strumento necessario, come Pacini dichiara nella postfazione, di uno sforzo conoscitivo che agisce «nella direzione di verità non per forza assolute o dogmatiche, ma almeno parziali e pragmatiche, perseguite con disperata e visionaria lucidità».

La difficoltà di circoscrivere tematicamente in un tracciato organico il volume, però, non è solo il riflesso della variabilità contenutistica dei testi, ma è soprattutto il prodotto di una poetica di cui si possono indovinare alcuni caratteri principali. In questo senso preponderante è lo sforzo di Knott di scrivere a partire da un punto di vista che attraversa i fenomeni e li problematizza per confonderne la qualità e la consistenza attraverso lo scontro con un’esperienza cifrata, in bilico tra identificazione e straniamento.

In Primo sguardo (First sight), ad esempio, la descrizione atmosferica dell’estate (“L’estate è entrata dalla zanzariera | per questo ci appare informe | a un primo sguardo, e in effetti è | una maglia di fili sottili | sospesi, una lastra di vetro | la cui opacità ha confuso la vista…”) si trasforma in un ipotetico desiderio esistenziale di indistinzione: “Se non fossimo mai entrati – | se i giorni fossero rimasti così, […] | in uno spazio sempre sfuggente | dove aspettiamo, premuti contro | qualcosa che prova a mantenersi informe.” 

Allo stesso modo in Nonavere (Havenot) l’andamento iterativo del componimento, basato su una riflessione numerologica, introduce al medesimo tentativo di indeterminazione

A quella volta preferisco l’una
Che non fu mai, che si elude da sola,
Gemelle che si spiano dai buchi della serratura.
A uno preferisco quel nessuno
Che ha la mia faccia, che pareggia la fine
E spareggia l’origine. L’abbrivio tardivo.
Ai molti preferisco i tanti
Che non sono me, che restano liberi
Da quel numero da discepolo, quel profilo da schiavo.

Anche il fare poetico viene indirettamente toccato da una simile e paradossale urgenza definitoria, che nulla concede alle tentazioni di una cerebrale e immediata classificabilità. Possono quindi essere osservati componimenti che già a partire dal titolo, apparentemente referenziale (Poem), permettono di apprezzare la capacità dell’autore di giungere, attraverso accostamenti imprevisti, torsioni logiche e interrogazioni dall’evidente tensione speculativa, a momenti di pregnanza visivo-metaforica: “Poesia | tu sei un campo | elettrico, magico – come lo spazio | tra le braccia tese di un sonnambulo!”. 

E ancora, secondo una dinamica di smorzatura ironica: “Dicono che l’universo sia in espansione | che non stia mai fermo in un punto. | Io, però, ho una piccola stanza in affitto | lì dentro da qualche parte. | Non capisco il rapporto | tra l’intero che è libero | e le parti che si fanno il mazzo per pagare | il primo del mese”.

In questi casi le ossessioni, le preferenze e le idiosincrasie dell’io possono risaltare, al pari dei fenomeni poeticamente analizzati, in tutta la loro difficoltosa coincidenza, come appare chiaramente anche in Invecchiando nelle avanguardie (Aging into the avantgarde): 

Quando lo specchio ritrae sé stesso,
il risultato appare | fedele alla realtà –
Ma quando ritrae gli altri, beh
prendete me, in posa da così tanto tempo
che la mia pazienza si è guadagnata
la più lusinghiera
esattezza: allora perché mai
(dopo tanti anni)
c’è questa sagoma
sfocata al posto della mia faccia;
è forse espressionismo?

Così le occasioni di conoscenza, che per Knott sembrano non poter essere del tutto dissimulate nell’illusione pacificante della forma, possono diventare a loro volta occasioni di mancata corrispondenza; esempi di una verità parziale che lascia il segno della sua improvvisa manifestazione, come è evidente in Chiavi in mano (Keys in his hand): 

A volte un uomo rincasa tardi
è a pochi passi dalla porta
quando d’improvviso nel buio
un’auto passa e illumina una finestra
proprio davanti a lui così la stanza
viene gettata in una tale
parvenza di chiarità che ancora
una volta egli comprende perché vediamo
solo attraverso bagliori come questo, per
flash fortuiti e fervidi come questo,
ma l’angolo del vicolo cattura sempre
quella rivelazione ancora prima
che lui riprenda la postura
di chi è intento a entrare e vivere là dentro.

Oppure le stesse occasioni possono essere messe in discussione, da altri punti di vista, quando rendono l’espressione poetica un puro surrogato della biografia autoriale: 

Aborro gli exploits non bio
come ogni letterato contemporaneo
che ha aderito all’essere come unico modo: sappiamo
che chi concepisce le opere rifiutando 
l’io e il me dovrebbe essere costretto alla terapia
prendere psicofarmaci. Nessuna eccezione
è tollerata: anch’io devo unirmi a voi
in questa rappresentazione del reale, questa
sovrastima del vero rispetto alla finzione.

E anche se il gioco di false piste, spostamenti e sostituzioni suggerisce la volontà di controllare, tramite «le eccentriche combinazioni linguistiche e una particolare elasticità della sintassi», le conclusioni sempre provvisorie a cui la poesia giunge servono comunque, secondo una circolarità imprevista che attraversa l’antologia, a costruire «una metafisica del dubbio che cerca disperatamente di sublimare lo stato di precarietà e frustrazione dal quale inevitabilmente pare avere origine ogni intuizione poetica».


Bill Knott, Volarsi dentro, tr. it. di Bernardo Pacini e Clarissa Amerini, introduzione di Charles Simic, postfazione di Bernardo Pacini, Ancona, pequod, 2022, €15.


(in copertina: foto di Megha Ajith su Unsplash)