In preparazione all’evento di domani, 14 febbraio, alle ore 19 presso la Libreria Noi, proponiamo ai nostri lettori la postfazione a L’antropocene inconscio di Mark Bould (Giulio Perrone editore). I temi trattati in questo breve testo critico verranno discussi e problematizzati all’interno della discussione, prevista tra la traduttrice del libro e autrice della postfazione, Marta Olivi, e Alessandro Mantovani, giornalista culturale.  


Durante l’incontro organizzato dalla scuola di scrittura Belleville il 18 giugno 2022 a Milano, sulle rive della Martesana, Amitav Ghosh è tornato su uno degli argomenti che gli sta più a cuore, cioè – non vi sorprenderà – il legame tra cultura e cambiamento climatico. Sottolineandone, però, un aspetto alquanto scomodo: se la letteratura non parla del cambiamento climatico sarebbe soprattutto colpa dell’ecosistema della cultura, dell’arte e dell’editoria. Un sistema elitario e conservatore, che non si apre facilmente alle novità rispetto a quelle che Mark Bould ha identificato come le tematiche portanti della “fiction mondana”. 

Soprassedendo al fatto che, come Bould ha ampiamente dimostrato con il suo saggio, la letteratura e la fiction di ogni tipo parlano eccome del cambiamento climatico, nelle parole di Ghosh c’è ben più di un fondo di verità. La narrazione che la cultura fa del cambiamento climatico, che sia conscia o inconscia, viene forgiata da un sistema che, in fin dei conti, rispetta le regole del mercato: la domanda crea l’offerta e, se qualcosa non ha richiesta, sarà condannato a svanire per lasciare spazio ad altri temi, altre storie, altre narrazioni. Una “grande cecità” che dunque non è attribuibile solamente a scrittrici e scrittori, quanto piuttosto alla mercificazione che è arrivata a intaccare persino la cultura… O che forse l’ha sempre intaccata, al di là delle nostre idealizzazioni. 

Per quanto sia difficile accettare che le logiche di mercato abbiano un ruolo anche all’interno del mondo della letteratura e dintorni, Ghosh non si arrende al nichilismo – come Bould, dopotutto: su questo si trovano d’accordo – e suggerisce invece di fare l’unica cosa davvero possibile: cambiare il nostro posizionamento di lettrici e lettori. Riconoscere l’esistenza di un mercato culturale significa anche rivendicare l’importanza politica delle singole scelte e dei gusti individuali, e individuare in essa la potenzialità di cambiare questo mercato dal basso. 

E non è un caso che Ghosh abbia fatto questo appello dal palco di un evento dedicato alla fantascienza. C’è un potenziale rivoluzionario nello scegliere libri popolati da temi che cercano l’empatia con l’altro da noi, che vogliono farsi strada dentro chi legge creando sentieri nuovi. Sono queste le narrazioni che testimoniano con più esattezza i profondi cambiamenti in atto tanto nell’ecosistema che ci circonda quanto nella società di cui facciamo parte; libri fs, libri ambientalisti, libri queer e femministi, libri che trovano con naturalezza la propria nicchia ma che poi, irrefrenabili, si allargano e si espandono, grazie alla loro capacità di commentare il presente e anticipare il futuro. E che, nel farlo, contribuiscono necessariamente alla creazione di un lessico nuovo, di un vocabolario critico comune.  

È il caso di tutti quei testi che, nella lingua d’arrivo, non hanno ancora a disposizione un linguaggio adatto a essere tradotti, come è il caso di Antropocene inconscio, ma che diventano possibili tramite una serie di singole scelte, necessariamente transitorie e opinabili; in questo caso, il mantenimento di numerose parole in inglese, la creazione di concetti nuovi tramite calchi, e l’utilizzo di note per spiegare riferimenti culturali a opere che, pur essendo disponibili anche qui in Italia, non sono ancora entrate a far parte del nostro repertorio comune. Scelte che, pur nella loro impossibilità di dimostrarsi assolutamente corrette, confermano la volontà di inserirsi in un dibattito ancora in corso e tutt’altro che prossimo alla conclusione.  

È proprio a questo dibattito mai finito che Bould ci invita a prendere parte: una critica letteraria nuova, che, eliminando le distinzioni tra alto e basso, tra critici di professione e critici militanti, ci chiama tutte e tutti in causa; l’atto politico di scegliere, analizzare e criticare senza mai fermarsi alla superficie, alla ricerca delle manifestazioni dell’inconscio dell’Antropocene e non solo, così da erodere definitivamente la linea di demarcazione tra cultura e attualità, tra il mondo che abitiamo e le narrazioni che scegliamo come accompagnamento alla nostra vita. Trovare l’inconscio della cultura che ci circonda è il primo passo per cambiarla dal basso. La cultura per prima cosa, e poi tutto il resto.