Trovate Ortensia! è l’ultimo romanzo di Paolo Zanotti, scritto alla fine degli anni Novanta e pubblicato postumo nel 2021, a quasi dieci anni dalla prematura scomparsa dell’autore. Trovate Ortensia! è un romanzo d’impianto corale, apparentemente sfilacciato (almeno, per la parte inziale) ma che, nel suo sviluppo, si rivela sostenuto da un’architettura e un disegno calibratissimi. Lo sfondo – la quinta, diremmo – del romanzo è la Pisa degli anni Novanta, in un’ambiente di post-adolescenti-universitari, per la maggior parte fuori sede, che abitano una città conquistata ma mai sedotta. L’atmosfera è la stessa che apparteneva all’autore al momento della scrittura del romanzo: studente fuori sede della Normale di Pisa, Zanotti immerge il testo nella bottega dei suoi studi, costellandolo di riferimenti, ora più ora meno espliciti. Trovate Ortensia! racconta coralmente delle singole vite dei protagonisti, che vivono ognuno a proprio modo l’incontro con una figura impalpabile e inafferrabile dal nome polimorfo (Ortensia, Viola, Arabella, …), comparsa a Pisa quasi all’improvviso. Il centro del romanzo, oltre alla figura di Ortensia e alle sue vicissitudini segnate dal mistero, sembra essere il modo in cui ognuno dei personaggi manifesta e abita la propria difficoltà esistenziale, che s’incastra spesso con l’incontro di Ortensia, che si fa, così, simbolico e che mette in discussione l’equilibrio dei protagonisti.

Nella figura di Zanotti si condensano due anime: da un lato è identitario lo studio della letteratura come teorico (o anche, volendo, come accademico – nell’intuizione che la cosa non completi ed esaurisca la personalità di Zanotti), che è portato avanti e approfondito accuratamente con studi sulla letteratura francese (Dopo il primato. La letteratura francese dal 1968 a oggi, Laterza, 2011), sullo statuto del genere romanzo d’avventura (Il modo romanzesco, Laterza, 1998), sulla letteratura d’infanzia e i suoi luoghi (Il giardino segreto e l’isola misteriosa. Luoghi della letteratura giovanile, Le Monnier, 2004) e sulla storia dell’omosessualità dal punto di vista letterario e culturale (Il gay. Dove si racconta come è stata inventata l’identità omosessuale, Fazi 2005, e la curatela della raccolta Classici dell’omosessualità, Rizzoli 2006); dall’altro lato Zanotti si addentra nella scrittura narrativa, di cui ricordiamo: Bambini Bonsai (Ponte alle Grazie 2010), Il testamento Disney (Ponte alle Grazie 2014), e la raccolta L’originale di Giorgia e altri racconti (Pendragon 2017). La narrativa, in questo senso, si realizza con alle spalle una competenza specialistica e una consapevolezza che non forzatamente realizza il suo lato pratico, applicativo, e non solamente critico, analitico.

Nello specifico, per quanto riguarda Trovate Ortensia!, si trova un uso sapiente dello stile (calibrato e vitale, a tratti lirico e poi improvvisamente vernacolare) e della costruzione del romanzo nel suo complesso. Il disordine iniziale si ricolloca, man mano, in un ordine consapevole.

Trovate Ortensia! è denso di citazioni e di rimandi: primi fra tutti ad Arthur Rimbuad e a Joseph Sheridan Le Fanu. Il primo è evidentemente citato già dal titolo, per il finale del suo H, un poème en prose delle Illuminations, che in qualche misura evoca le fattezze della protagonista del romanzo di Zanotti:

Tutte le mostruosità violano i gesti atroci di Ortensia. La sua solitudine è la meccanica erotica, la sua stanchezza, la dinamica amorosa. Sotto la sorveglianza di un’infanzia è stata, in numerose epoche, l’ardente igiene delle razze. La sua porta è aperta alla miseria. Lì la moralità degli esseri attuali si scorpora nella sua passione o nella sua azione – O brivido tremendo degli amori novizi sul suolo di sangue e nell’idrogeno fosforoso! trovate Ortensia.

Per Joseph Sheridan Le Fanu il riferimento è invece alla sua celebre vampira Carmilla, il cui nome dà il titolo anche all’omonimo romanzo del 1872. I richiami a Carmilla in Trovate Ortensia! non sono solo legati ai tratti più espliciti della protagonista fantasmatica, ma anche alle parole degli altri personaggi del romanzo e ai suoi luoghi: “Carmilla”, ad esempio, è il nome del locale frequentato dalla comitiva dei protagonisti (e, anche, effettivamente presente a Pisa negli anni in cui il libro è scritto). E, ancora, un riferimento esplicito è alla doppia identità della vampira Carmilla (che incarnerebbe nel suo anagramma la temibile e violenta contessa Mircalla), che in Zanotti è ripresa parzialmente, come rimando letterario ma non effettivo, bensì monco poiché il nome della protagonista-pisana è dubbio, incerto, mutevole (infatti Ortensia – la «sovrannaturale e un po’ inquietante creatura» – potrebbe chiamarsi Viola o Arabella, anche): «Però, se è veramente il suo vampiro, doveva averci il nome anagrammato: Carmilla-Mircalla. Ortensia, invece, non c’incastra con niente».

Altra presenza ricorrente in Trovate Ortensia! è Shakespeare, di cui è rappresentato il Racconto d’inverno, diretto da Florian con Ortensia stessa a figurare tra le attrici. La trama del Racconto d’inverno è anche ampiamente ricordata nella lunga sezione in cui si racconta la messinscena di Florian. Sembrerebbe addirittura che Trovate Ortensia! si presenti come una riscrittura contemporanea del “dramma romanzesco” di Shakespeare.

E non è forse un caso se Zanotti nel suo studio sul romanzo d’avventura si occupi del genere e in qualche modo anticipi già i presupposti di Trovate Ortensia!. Nel Modo romanzesco, ad esempio, indica le costanti del genere: l’immaturità e il sonno, la tendenza della narrazione romanzesca a «riscrivere storie tradizionali, proposte da altri autori o dal folklore, come avveniva nei poemi cortesi, negli ultimi drammi di Shakespeare» e identifica l’eroe come un adolescente ideale che spesso, nella difficoltà, entrerebbe in uno stato di sonnolenza e di perdita sia della memoria sia dell’identità.

Amelia Rosselli, nella Libellula (Panegirico della libertà), in un’intera strofa si riferisce alla figura di Ortensia. Questa citazione, di secondo grado rispetto a quella da Rimbaud, ha un’importanza particolare perché richiama una figura estremamente simile alla protagonista di Zanotti e allo sfondo del romanzo, tanto da far pensare che l’autore si è ispirato direttamente al testo di Rosselli per diversi tratti: le difficoltà di Ortensia (e di molti personaggi), a relazionarsi con l’amore, lo scenario dell’uccisione di Ortensia in un incidente su una strada di provincia, la presenza di esseri spettrali e fiabeschi, la ricerca di un mondo autentico. Se il romanzo appare come un caleidoscopio di rimandi, immerso in un universo letterario, quest’ultimo riferimento suggerisce addirittura l’idea di una trasfigurazione romanzesca del testo di Rosselli, di cui riporto di seguito un passo:

Trovate Ortensia: la sua meccanica è la solitudine / eiaculatoria. La sua solitudine è la meccanica / eiaculatoria. Trovate i gesti mostruosi di Ortensia: la sua solitudine è popolata di spettri, e gli / spettri la popolano di solitudine. E il suo amore / rumina e non può uscire dalla casa. E la sua / luce vibra pertanto fra le mura, con la luce, / con gli spettri, con l’amore che non esce di / casa. Con lo spettro solo dell’amore, con lo / rispecchiamento dell’amore, con il disincanto, / l’incanto e la frenesia. Cercate Ortensia: cercate / la sua vibrante umiltà che non si sa dar pace, / e che non trova l’addio a nessuno, e che dice / addio sempre e a nessuno, ed a tutti solleva / il cappellino estivo, col gesto inusitato della / pietà. Trovate Ortensia che nella sua solitudine / popola il mondo civile dei selvaggi. E il canto / della chitarra a lei non basta più. E il condono / della chitarra a lei non basta più! Trovate Ortensia / che muore fra i lillà, fragile e dimenticata. / Sorridente e fragile fra i lillà della vallata / impietosita; impietrita. Trovate Ortensia che / muore sorridendo di tra i lillà e la vallata, / trovatela che muore e sorride ed è stranamente / felice, fra i lillà della villa, della vallata / che l’ignora. Popolata è la sua solitudine di / spettri e di fiabe, popolata è la sua gioia di / strana erba e strano fiore, – che non perde l’odore.

La figura di Ortensia: è questa che probabilmente dovrebbe essere il punto di partenza per il libro di Zanotti. Ortensia è un personaggio simbolico di tutti gli altri: ne è sintesi e simulacro, personaggio molteplice e camaleontico, dall’identità fluida e indefinibile anche per sé stessa, che è dimentica del proprio passato e del proprio nome. Ortensia pare interpretare il ruolo che le si assegna (Ortensia-attrice) ed è come se in lei agisse la coazione a ripetere dell’istinto rabbioso della propria ferita originaria, che la porta a un’iniziale e inconsapevole vendetta meccanica che si risolverà poi in una quasi-pena per la propria situazione, in una deposizione delle armi di guerra: Ortensia sembra non sapere chi sia per sé stessa, tanto che, in effetti, esistono tante Ortensie quanti sono i protagonisti del romanzo. Nella ricerca dell’identità chiede aiuto agli altri, un suggerimento di contorni, di presenza, essendosi persa nel tempo e nello spazio, quasi come se fosse in grado di abitare solo un perpetuo e inconsapevole presente. Ortensia oscillerebbe, in questa incoscienza abitata di fantasmi, tra il desiderio di ri-farsi carne mortale e quello di ricongiungersi con l’aldilà, con il paradiso, luogo che sente come propria necessità. In questo senso, la vita sulla Terra diventa per lei “una forma di resistenza alla felicità del proprio destino”, e anche il simbolo di un blocco e di una difficoltà ad accettare anche solo l’intuizione della propria condizione, cosa che accomuna tutti i protagonisti del romanzo (chiara nella dicotomia tra l’Ortensia fissata nell’immagine fotografica-pittorica e l’Ortensia fantasmatica).

I personaggi “umani” di Trovate Ortensia! sono infatti bloccati tra l’infanzia-adolescenza e l’età adulta: il tempo, per loro, assume una dimensione ciclica e non progressiva, sono come trattenuti in un limbo temporale. Non è un caso, forse, che nel corso del libro non si evolvano, non maturino, restino bloccati nella stessa coazione che tocca Ortensia – «Ortensia non aveva ancora preso decisioni definitive per il futuro (una parola, del resto, per lei pressocché priva di contenuto)»: i protagonisti si rifugiano allora nel mondo dell’immaginario e dell’inconscio e, laddove appaia qualche indicazione sulla direzione da intraprendere, questa spesso non viene imboccata. Per i protagonisti, Ortensia è un’illuminazione verso il proprio destino e il proprio desiderio di purezza, di verità e di contatto autentico con il mondo: solo attraverso l’accettazione e la consapevolezza della morte e della finitezza umana, però, sarà possibile, per lei come per loro, agire il proprio destino. Ma tale accettazione non avviene e il mondo di Trovate Ortensia! si muove nella sospensione, nella stasi: i morti e i vivi, nel romanzo di Zanotti, sono indistinguibili, così come non è possibile capire con certezza la distinzione tra reale e immaginario, tra presente e assente. Trovate Ortensia!, infatti, potrebbe essere definito anche come un romanzo corale, fatto di un’unica storia in cui ogni protagonista assume la propria storia, la propria visione, la propria ottica a ontologia: è l’io proiettato sul mondo a determinare la realtà e le sue verità:

Ci sono più cose in cielo e in terra di quante non ne acchiappi la nostra filosofia, sicché mentre su Pisa calavano le prime ore della sera, gli instancabili folletti della messinscena scattavano su come molle per andare al lavoro. È a questi invisibili spiritelli – capite – che si devono le differenze di atmosfera e di luce nella stessa giornata e nella stessa città, le suggestioni e le corrispondenze – tutto quanto pertiene, insomma, alla fallacia patetica.

Anche l’ambientazione del romanzo, Pisa, ricalca l’essenza di Trovate Ortensia!:  per i protagonisti è probabilmente una città di passaggio, ma anche di crescita e di indipendenza. Pisa è raccolta anche nella poesia di Percy Bysshe Shelley, Evening, Ponte al mare, Pisa, che due volte appare nel romanzo e che è incisa su una targa in un fantasmatico palazzo legato a Ortensia:

Within the surface of the fleeting river
The wrinkled image of the city lay,
Immovably unquiet, and forever
It trembles, but it never fades away.


Pisa è immobile, fissata dentro la superficie, in un inverno inammissibile che vorrebbe essere «il desiderio di un’estrema, eterna primavera». La ricerca della purezza, per i personaggi, come detto, resta in superficie: la realtà insita oltre la pellicola epidermica appare mostruosa e spaventosa; scrive Giacomo – il più mentale dei personaggi – a una sua “sorella” immaginaria, che incarna per lui anche l’essenza di Ortensia:

Eri bellissima quella mattina. Ti facevi specchio dell’aria e della sabbia, tra la terra e il mare. E io avevo paura che il mare ti rapisse. A me infatti non piaceva nuotare. Sapevo nuotare abbastanza bene, ma c’era sempre qualcosa che mi tratteneva dall’avventurarmi al lago, dove non si toccava. Non mi spaventavano gli elementi, e neanche i mostri di superficie (il cavallone era un mostro di superficie; i gabbiani più grandi anche). Mi spaventavano i mostri di profondità, tutto quello che si poteva nascondere sotto la pellicina d’acqua, e chissà se c’era sempre acqua là sotto. Ci potevano essere dei vuoti del mondo. I mostri di profondità erano neri bituminosi con gli occhi rossi, occhi retrattili oppure agganciati in cime a lunghi tentacoli.

L’acqua, simbolicamente, rappresenta le profondità dell’inconscio, lo sconosciuto, il misterioso, in cui si muovono essere millenari, luogo di generazione primaria della vita sulla Terra, liquido amniotico. Ed è dall’acqua che Ortensia afferma di provenire: «“Io vengo dalle onde…” disse, “io vengo dal mare… io vengo da un mare più grande di questo…”». E il mare, come il fiume, è più volte presente come elemento dominante di Trovate Ortensia!

Lo si vede ad esempio dalla pioggia, che per i protagonisti è desiderata e insieme considerata spaventosa. Riporta alla memoria un altro romanzo di Zanotti, Bambini Bonsai, in cui i bambini si oppongono agli adulti, che non riescono ad affrontare la “grande pioggia” e che, al suo comparire, entrano in una sorta di letargo. Con l’arrivo della pioggia i bambini finalmente s’impossessano di una Genova abbandonata e conoscono il mondo per quello che è, senza la mediazione frenante degli adulti, che sono bloccati in un limbo d’inibizioni.

Anche in Trovate Ortensia! la pioggia permette il disvelamento del reale, a cui i personaggi tenderebbero idealmente e che mostrerebbe anche il suo lato cinereo e spaventoso. La pioggia, infatti, si manifesta per la prima volta nel momento della comparsa della morte (sia di Lodovico, padre di una dei protagonisti, sia di altri personaggi), fino a diventare neve alla morte di Francesco Paolo, un bambino.

All’acqua, simbolicamente, si accosta la Luna, rappresentazione del femminile e della coscienza matriarcale, archetipo dell’Anima, mutevole e veloce, simbolo dell’inconscio in contrapposizione con la coscienza e la determinazione solare: è la Luna, lattea e incostante, ad apparire nei momenti di contatto con l’inconscio, o come interlocutore: «Ah, ecco, è solo la luna. Luna sbìrola, luna vagabonda, grande isola nel cielo che lancia i suoi richiami ai sogni, ai gatti, alle ragazze in amore».

Riprendo in chiusa il parallelo: se Bambini Bonsai era il libro dell’infanzia in contrapposizione con l’età adulta, Trovate Ortensia! fotografa il limen tra adolescenza ed età adulta, dove i contorni non sono così netti, in cui qualcosa dell’infanzia vorrebbe perdurare ma in maniera confusa, inconsapevole e schiacciata dalla resistenza alla crescita. Trovate Ortensia! parrebbe il romanzo dell’inceppamento nel diaframma tra due età, in cui i personaggi appaiono eternamente bloccati nel rito di passaggio, che non sembrano potere – o voler – concludere.


Paolo Zanotti, Trovate Ortensia!, Ponte alle Grazie, Milano 2021, 496pp. 22,00€