Le uova sono oggetti affascinanti. Tutte uguali viste dall’esterno, fatte per proteggere e al contempo incredibilmente fragili, nutrienti per gli animali che se ne cibano, scrigni di vita se fecondate.

I racconti che compongono la raccolta L’uovo di Barbablù di Margaret Atwood, che Racconti edizioni rimette sul mercato nella nuova traduzione di Gaja Cenciarelli trent’anni dopo la sua prima pubblicazione, sono come dodici uova. Ognuno racconta una vita, anzi il venire alla luce, come accade quando il pulcino con becco incerto rompe la superficie dell’uovo e, pur esistendo già, solo in quell’istante inizia a vivere. Ogni racconto narra questo istante: attraverso la sua evoluzione, come brevi Bildungsroman, o attraverso l’attimo di passaggio, lo svelamento che porta alla schiusa.

L’autrice della raccolta non ha quasi bisogno di introduzioni. Nota in tutto il mondo per il romanzo Il racconto dell’ancella, da cui è tratta anche la fortunata serie tv che vede l’attrice Elizabeth Moss nel ruolo della protagonista Offred, e vincitrice nel 2019 del Man Booker Prize per il sequel I testamenti, Margaret Atwood è da diversi anni uno dei nomi più pronunciati nelle settimane che precedono l’assegnazione del premio Nobel per la letteratura. Il successo deriva non solo dalle sue ‘speculative fictions’, ovvero i suoi romanzi più distopici nei quali, in contesti apocalittici, accadono però fatti spaventosamente reali, in cui «non c’è nulla che qualcuno, da qualche parte, non ha provato davvero», ma anche dalle tematiche che i suoi romanzi trattano. La trilogia di MaddAddam affronta, tra le altre, la tematica ambientale in un mondo post-apocalittico a causa di una catastrofe biologica che ha imposto il controllo delle case farmaceutiche, e per questo ha attirato l’attenzione dell’ecocritica letteraria.

Il racconto dell’ancella e I testamenti ritraggono invece un mondo distopico governato da una società radicalmente patriarcale, nella quale alle donne è tolta ogni identità, e molti elementi del romanzo – dai capi di vestiario delle ancelle alla frase in codice “Nolite te bastardes carborundorum” – sono recentemente diventati elementi usati dalle lotte per l’equità di genere portate avanti dalle donne negli USA e anche in Europa.

Ma Atwood fece parlare di sé fin dai primi romanzi per aver saputo, tra le prime, esplorare il femminile ‘cattivo’ e negativo, per descrivere le donne nel loro ‘full range’, in tutta la loro complessità. Anche in questi racconti, infatti, ambientati in Canada nel secondo dopoguerra, troviamo donne diversissime tra loro, e in quasi tutti i racconti sono le donne protagoniste, anche quando a essere al centro è un uomo, come Joel in Scorfana, poiché narra in realtà di quel che accade nella mente della fidanzata Becka, ed è attorno a lei che si svolge quindi la narrazione.

I racconti di questa raccolta appartengono alla fase più realistica della scrittura di Atwood. Ma se molta della sua prima scrittura si coniugava con un realismo magico, come il primo romanzo del 1969 La donna da mangiare, qui il realismo è asciutto, e anche i racconti più autobiografici come Momenti significativi nella vita di mia madre o L’uragano Hazel, che raccontano episodi di vita della stessa autrice, sono raccontati in terza persona, da un punto di vista esterno.

A dare il titolo alla raccolta è il sesto racconto, il più metanarrativo, dove la protagonista, Sally, sposata a un attraente e imperscrutabile marito, frequenta un corso serale sulle forme della finzione narrativa i cui compiti vertono sulla scrittura e sulla lettura. Tra i compiti del corso l’insegnante assegna la scrittura di una trasposizione di Barbablù in cui, oltre alle chiavi, alla giovane sposa viene affidato un uovo. L’insegnante si raccomanda di descrivere in modo realistico: «Nessun realismo magico», le fa dire Atwood tra due parentesi, strizzando così l’occhio a chi conosce la sua prosa dai romanzi precedenti. È proprio questo racconto eponimo che contiene la dichiarazione di poetica di questo prezioso volume: quando Sally si decide a scrivere decide di raccontare la sua storia a partire dall’uovo e si domanda: «come può esistere una storia dal punto di vista di un uovo, se l’uovo è chiuso e ignaro?» Eppure «l’uovo è vivo, e un giorno si schiuderà. Ma cos’è che ne verrà fuori?» In modi diversi, ogni racconto di questa intensa raccolta risponde, e prova a farci rispondere, proprio a questa domanda.


Margaret Atwood, L’uomo di Barbablù, Racconti edizioni, Roma 2020, 316 pp. 18 €