I dimezzati – storie vere di uomini e donne a metà,secondo volume seguito a Gli ultrauomini di quella che sarà la Trilogia normalissima della casa editrice Ctrl books, si compone di quattordici reportage narrativi, a opera di una interessante commistione tra scrittori affermati ed esordienti. Mantenendo lo scheletro progettuale del libro precedente, agli interventi degli autori si alternano le immagini di un reportage fotografico. La composizione nel suo insieme è unita da una tema, il dimezzamento, e da un principio di azione: scrivere per dare voce a luoghi e persone fuori dai radar dei più frequentati canali editoriali.

La sua data di uscita è il 18 maggio 2020, quando ancora le librerie di tutta Italia erano chiuse a causa del virus che ci ha costretti in quarantena per tre mesi. È stato progettato e realizzato prima del lockdown, tanto da valergli oggi un’ombra oracolare.

Nella prefazione, il direttore editoriale Nicola Feninno scrive: «Sono stato preso da un’euforia confessabile perché l’ho avvertita anche intorno a me, nei primi giorni dopo quel discorso di Giuseppe Conte che ho seguito in diretta sullo smartphone nella notte tra il 7 e l’8 marzo. Finalmente qualcosa a increspare lo stagno di questo nostro tempo in cui le cose vanno così e così sempre andranno, non troppo bene nemmeno troppo male. Forse certi depressi preferiscono l’autolesionismo al vuoto apatico all’incirca per gli stessi motivi» (p.3). In queste parole si sente l’eco di un saggio di ormai nove anni fa, Senza trauma di Daniele Giglioli[1]: il trauma dell’assenza di trauma genera mostri. Strano paradosso, ironia della Storia; il grande evento giunto a salvarci dal vuoto delle nostre vite che, non avendo subito drammi epocali non sono degne di essere raccontate, ci ha costretto per tre mesi nell’inerzia. Vittime, fagocitate dalle dirette tv, dagli aggiornamenti dei dati, dai decreti di governo. Siamo stati sull’altare sacrificale, il fumo ancora lascia le sue scie nere nell’aria. Siamo salvi? E se non fosse questa la giustificazione di cui abbiamo bisogno?

I dimezzati del libro, scritto prima, si muovono in questa terra di confine e si fanno portavoce di un modus operandi che è la più grande risposta che si possa dare al senso di vuoto che l’attualità ha fatto emergere: scoprire la nostra fragilità, la complessità che le soggiace e il modo in cui si riverbera in noi, nel nostro corpo, nello sguardo con cui modelliamo il mondo. Usarla come chiave di lettura per decostruire e mettere alla prova tutte le certezze che ci siamo creati per sentirci al sicuro. Trasformarla in volontà e azione.

Il tema del dimezzamento viene declinato inseguendo diversi aspetti della realtà. In Flagello di Dio Ndack Mbaye descrive il dimezzamento delle proprie origini nel racconto del volo che a due anni ha preso in Senegal, sua terra natale, per trasferirsi con la famiglia a Torcello, un’isola della laguna di Venezia di undici abitanti. In Chiamate Anonime Angelo Mozzillo ci fa entrare nelle logiche di Voce Amica, un’associazione di volontari anonimi che offre sostegno telefonico a chiunque senta la necessità di confidarsi per sostenere le difficoltà del vivere quotidiano. In Una lumaca spaccata a metà di Salvatore Toscano, un narratore dimezzato dalla sua natura di “animale letterario” e da un amore finito male, vaga come un novello Omero alla ricerca di dimezzati come lui per alleviare, nella reciproca compassione, la sofferenza di cui si sente afflitto.

Dei quattordici reportage, due hanno però la capacità di imprimersi maggiormente nella memoria, per la bellezza della scrittura, la forza delle immagini che regalano e per il modo in cui riescono a rivelare realtà che, proprio perché ci circondano, vengono spesso private del diritto di significazione che meritano.

Il primo è La montagna disincantata di Michele Vaccari, testo con cui il libro si apre. L’autore richiede uno sforzo non da poco a chi legge: assumere la responsabilità del proprio sguardo, poiché è attraverso di esso che i luoghi si antropizzano e diventano paesaggi.

Nell’indagine svolta nei comuni di Cevo e Valle, in Val Saviore, nel Parco dell’Adamello, il dimezzato scoperto è infatti lo snaturamento degli ambienti montani, conseguenza di un mercato turistico che vuole ridurre la montagna a un’immagine da cartolina, edulcorata, a una terra economica da sfruttare senza rispetto. La tragicità delle conseguenze che le operazioni consumistiche producono sul territorio viene fatta esprimere da Vaccari, a apertura del testo, da un evento altamente simbolico: in occasione dell’anniversario della nascita di Paolo VI e della visita di Papa Woytjla a Brescia, viene fatta costruire su progetto dell’artista Enrico Job una riproduzione di un Gesù di trenta metri d’altezza; concluse le celebrazioni l’opera viene nascosta per anni in un magazzino, fino a quando il vescovo di Brescia non decide di farla installare a Cevo. Qui, il 23 aprile 2014, il Cristo si spezza a metà, schiacciando a morte un visitatore di 21 anni. All’immagine di questo crollo, in un montaggio fortemente emotivo, si accosta quello dei continui smottamenti causati dalla sostituzione della varietà di alberi e piante forestali con una monocoltura di abeti, motivata da soli fini commerciali.

Il dimezzamento di visione operato sulla montagna è pericoloso, perché ad alto livello di contagiosità, tanto che il narratore stesso deve agire sulla propria “pigrizia” di sguardo per non cadere nelle sue falle:

Salendo verso queste parti, anch’io lo chiamavo bosco, dicevo proprio tutto fiero di me: Eh questo sì che è un bel bosco, ingannato dalla serenità di un panorama che mi accorgo di pensare sempre come naturale, anche se in realtà è il contrario. “Una fabbrica di abeti, ecco cos’è”, è il signor Maffeis a parlare, l’uomo che ha lasciato alle figlie la gestione della malga Adamé, l’ultimo posto da questo lato della montagna in cui è possibile trovare un alpeggio in quota, con tanto di capre, mucche e pecore libere al pascolo, e formaggio prodotto in loco. (p.18)

Il parco, il bosco, la montagna, svuotati di loro stessi. Foucault li avrebbe chiamati eterotopie, colonie atte a soddisfare il nostro cuore di tenebra, luoghi altri da quelli in cui si vive, di passaggio e di festa, contro-spazi, «utopie situate, i suoi luoghi reali fuori da tutti i luoghi. Ci sono i giardini, i cimiteri, i manicomi, le case chiuse, le prigioni, i villaggi del club Méditerranée e molti altri» (p.12); e ancora «Esse sono la contestazione di tutti gli altri spazi, esercitata creando realmente un altro spazio reale tanto perfetto, meticoloso e ordinato, quanto il nostro è disordinato, mal organizzato e caotico»[2] (p. 25). Ed ecco che il reportage fotografico che si alterna ai racconti e vi aleggia come uno spettro riporta alla luce una selezione di quaranta immagini scelte tra le cinquantamila cartelle cliniche dell’archivio ritrovato dell’ospedale psichiatrico che aveva sede nell’attuale complesso di San Niccolò dell’Università degli Studi di Siena. Immagini di dimezzati, dimezzate a loro volta, poiché prive dei negativi. Si tratta di documenti di riconoscimento a uso interno del personale, non avevano intento scientifico. Frammenti di vite, ritratti spogliati delle sovrastrutture di significato, testimonianze nude che riemergono oggi per interrogarci.

Il reportage forse più incisivo dell’intera raccolta è firmato da Giulia Callino, classe 1994. È sicuramente il testo più narrativo, perché l’autrice mantiene la propria voce un passo indietro, lasciando che siano le descrizioni di gesti minimi, i dialoghi, gli sguardi a costruire il piano di senso del racconto. Apparentemente, Le Estranee che corrispondono al suo oggetto di indagine sono tutte quelle donne che, storicamente dimezzate dal crollo dell’Unione Sovietica, hanno dovuto strapparsi dai loro lavori qualificati (entrambe le intervistate sono laureate in ingegneria), dalle loro case e dalle loro famiglie prendendo servizio come badanti in Italia. Si tratta di destini spezzati, poiché ad esse si richiede una totale sottomissione alle esigenze degli anziani, che non dà modo di ricostruirsi una vita, di maturare un senso di appartenenza. Tra loro chiamano gli anni di permanenza “diaspora”; la patologia che di frequente si registra in queste donne, al loro rientro in patria, prende il nome di “Sindrome Italia”.

Ma l’indagine arriva a scavare oltre al suo oggetto primario, fornendo la chiave interpretativa del libro intero. Senza dire, mostrando, a conclusione dell’intervista a Irina, badante che vive a Mestre con Maria, anziana di 92 anni affetta dal morbo di Alzheimer che l’ha privata totalmente di memoria:

Mentre stiamo uscendo dall’abitazione, Irina mi chiede se abbia risposto alle mie domande: «Hai capito quello che volevi sulle badanti? Ti ho raccontato la mia vita, forse ti interessava meno». Si blocca davanti a un mobile, un ripiano in legno con due ante. Mi racconta di averle chiuse, e mai più riaperte, dopo un episodio avvenuto alcuni mesi prima: Maria iniziò a chiamarla allarmata perché allontanasse un’estranea entrata in casa, che la infastidiva e, osservandola, la faceva vergognare. La trovò mentre scrutava torva e seccata il proprio riflesso, restituito dallo specchio ora coperto dalle ante. (pp. 132-133)

In una delle scene più celebri di Quarto potere di Orson Welles, il protagonista Charles Kane cammina di fronte a uno specchio che riflette la sua immagine moltiplicandola all’infinito. Si tratta di una tecnica fortemente evocativa, la mise en abyme, o inabissamento, che permette in pochi secondi di comprendere la complessità e irriducibilità del personaggio a un’unica visione. A questo punto dobbiamo chiederci: chi sono i dimezzati? Noi tutti. La mancanza è un dato di appartenenza, l’ombelico che testimonia la nostra origine mortale. Per questo tutti gli autori che hanno partecipato al libro hanno sentito l’esigenza di introdurre nei reportage le proprie storie personali, tracce biografiche che fanno da eco a quelle dei soggetti prescelti.

Condividiamo la stessa ferita. Ora sta a noi scegliere come affrontarla. Se cercare costantemente di ricucirla con false cure o darle il diritto all’esistenza. E da questo, finalmente, ripartire.


AA. VV., I dimezzati. Storie vere di uomini e donne a metà, CTRL books, Bergamo 2020, € 20,00.


[1] Daniele Giglioli, Senza trauma – Scrittura dell’estremo e narrativa del nuovo millennio, Quodlibet, Macerata 2011.

[2] Michel Foucault, Utopie Eterotopie, a cura di Antonella Moscati, Edizioni Cronopio, Napoli 2006.