«Fiesolano, artista “incoerente”, altrimenti detto poliedrico»: in poche parole si presenta sul suo sito Paolo della Bella, disegnatore che, compiendo il suo personale percorso creativo, è stato un testimone degli ultimi cinquant’anni della cultura italiana ­­­– già nel 1967 fu Medaglia d’Oro al Salone Internazionale dei Comic di Lucca – offrendo un punto di vista peculiare, bizzarro e mai convenzionale. Sempre nel ’67 ha fondato, insieme agli amici Graziano Braschi e Berlinghiero Buonarroti, il Gruppo Stanza, esperienza che ha profuso le proprie energie nella diffusione e nella divulgazione dell’umorismo grafico d’autore.

Con Uno sguardo profondo. Viaggio nello humour e nella satira (Cadmo 2018), Paolo della Bella vuole raccontare la storia di questo gruppo e quella di «Ca Balà», la principale rivista ad esso collegata: tuttavia, per rendere più comprensibile e meglio apprezzabile il valore di questi episodi particolari della storia dell’umorismo nostrano, l’autore sceglie, intelligentemente, di imbastire una prima sezione del libro volta a presentare i maggiori disegnatori umoristici del secondo Novecento, nazionale e internazionale, indicando di volta in volta quali riviste in Italia abbiano avuto il merito di importare, più o meno consapevolmente, queste raffinatissime matite. Questo necessario catalogo crea un contesto di riferimento che permette anche al neofita di godere in pieno del tragitto tracciato dall’autore in questo volume ricco di illustrazioni, vignette e materiali di ogni genere, garanzie per un viaggio sempre istruttivo, vivido, ma soprattutto divertente.

Il libro è stato presentato in anteprima durante la XXII edizione del Festivaletteratura di Mantova, nel contesto dell’evento Quando la matita lascia il segno. Il giornalista Stefano Salis, autore della prefazione al volume che ha prestato il titolo all’incontro mantovano, e lo scrittore Ermanno Cavazzoni hanno incontrato l’autore. In quella sede si è giustamente rilevato il fatto che un’operazione di questo tipo, almeno in Italia, non fosse stata ancora compiuta. Scorrendo alcune delle vignette più belle, gli intervenuti hanno “collaudato” con l’ausilio del pubblico il perfetto funzionamento, ancora oggi, dell’umorismo che questi campioni della risata sono riusciti a inscrivere nei loro disegni, realizzando una comicità duratura, in qualche modo sempre un passo avanti le esigenze dell’attualità più stringente. D’altro canto, non si è potuto fare a meno di percepire la distanza, socioculturale più che cronologica, che separa il nostro mondo da quello evocato nel libro, che parrebbe legato a doppio filo ai destini del giornalismo cartaceo di massa (e dei suoi lettori).

Sospendendo il giudizio sulle probabilità di sopravvivenza della satira e dell’umorismo grafico, che oggi si trova costretto ad escogitare nuovi modi per reinventarsi, non esiste modo migliore per ricalcare il segno dell’eredità consegnataci che sfogliare con attenzione le pagine di questo prezioso volume: da queste linee, profonde in superficie, potrebbero scaturire nuovi e inaspettati solchi.

 

Michele Farina: Giocando un po’ con il titolo di questo libro, Uno sguardo profondo. Viaggio nello humour e nella satira, vorrei chiederti quali sono le esigenze profonde che hanno reso necessaria la realizzazione di questo libro, che racconta lo svolgersi e l’intersecarsi di moltissimi viaggi o avventure, orbitanti intorno a tre nuclei principali: le avventure dell’umorismo grafico in Italia, quelle del Gruppo Stanza, che hai contribuito a fondare, e quella della principale rivista di questo gruppo: «Ca Balà».

Paolo della Bella: Uno sguardo profondo è uno titolo che, da una parte, vuole rappresentare il nostro mondo, quello dell’umorismo grafico d’autore, che come Gruppo Stanza abbiamo conosciuto e cercato di divulgare, dall’altra rimanda anche al simbolo di «Ca Balà», l’omino che si guarda dentro, creato, come scrivo nel colophon, da Graziano Braschi, uno dei fondatori del gruppo, che purtroppo ci ha lasciato un paio d’anni fa: il titolo è anche un doveroso omaggio alla sua memoria. L’idea era quella di ripercorrere questo viaggio, che ha inizio nei primi anni ’60 e continua fino al 1982, anno che chiude ufficialmente l’esperienza del Gruppo Stanza con una mostra dal titolo più che significativo: Humour mon Amour.

Omino Ca Balà

Data l’attenzione che traspare nella tua produzione verso i cataloghi stravaganti e le enciclopedie anomale, vorrei provare a farti una domanda un po’ anomala a mia volta, una sorta di esperimento: immaginando di dover compilare un’ipotetica enciclopedia universale da tramandare ai posteri, sotto quale voce catalogheresti il Gruppo Stanza? Che poi sarebbe un modo arzigogolato per chiederti di presentare in poche parole questa esperienza ad un neofita curioso.

La prima parola che mi viene in mente è sicuramente bizzarria. Ho sempre pensato, e anche proposto varie volte, di organizzare un festival della bizzarria. Il Gruppo Stanza è stata di certo un’avventura bizzarra, ma che ha sempre avuto al centro l’attenzione verso i grandi autori e disegnatori umoristici. Un grandissimo come Saul Steinberg non l’ho di certo scoperto io: alcuni suoi lavori erano comparsi sul «Bertoldo», ma guarda caso è stato se vogliamo “scoperto” da un altro personaggio a sua volta bizzarro come Cesare Zavattini, che abbiamo conosciuto e che è stato un estimatore del nostro gruppo, cosa che personalmente mi onora moltissimo.

STEINBERG 

Uno dei meriti che definirei “collaterali” di questo libro, che compie un dettagliato e strutturato percorso storico-documentario, è la sua qualità didattica: con ciò voglio dire che oltre a immergerci vividamente nell’atmosfera degli anni d’oro dell’umorismo grafico, i materiali raccolti in questo libro (strisce, vignette, illustrazioni), esemplificano tecniche e strategie di molti tra i più raffinati disegnatori umoristici del XX secolo. In questa prospettiva vorrei chiederti qual è o quali sono i disegnatori che personalmente ti hanno insegnato di più…

Steinberg è forse il più grande da un certo punto di vista. Devo dire che artisti come Maurice Henry o come Chaval, oppure personaggi come il Professor Pi di Bob van den Born – ancora oggi poco conosciuto – son stati all’epoca per noi straordinari, perché erano particolari. Prendiamo le strisce del Professor Pi: sono surreali, paradossali, tutto quello che a me e a noi piaceva di più. Non possiamo tralasciare anche bravissimi disegnatori come Ronald Searle e Tomi Ungerer, per dirne altri due, che hanno scritto la storia dell’umorismo grafico.

M Henry

Nel libro sono raccolte ed evidenziati molti interessanti tentativi di definizione del concetto di “umorismo”, avanzati dagli stessi disegnatori. Alcune di queste definizioni sono davvero splendide. Cosa ha rappresentato per te l’umorismo?

Dare una definizione di umorismo è difficile, quasi impossibile. Topor dice addirittura che l’umorismo è il nulla, io ribaltando potrei dire che è il tutto, perché si è trattato di una passione che ho avuto fin da giovane e che ho potuto condividere con Graziano Braschi e Berlinghiero Buonarroti. È stato l’umorismo a unire questi tre amici, quasi coetanei, tutti provenienti da questo paesino sull’Arno alle porte di Firenze. Utilizzo anche nel libro l’alluvione di Firenze del 1966 come metafora, perché ha rappresentato per noi uno spartiacque da ogni punto di vista, anche da quello sociale. L’alluvione ci ha traghettato nel 1967, anno interessante perché, come ho scritto nel prologo, ha fatto da “prefazione” al Sessantotto: già nel ’67 iniziano i fermenti culturali e politici che, come tutti sappiamo, sarebbero esplosi definitivamente solamente l’anno successivo. Proprio in questo anno di passaggio noi abbiamo fondato il Gruppo Stanza con l’idea di promuovere, nel nostro piccolo, l’umorismo grafico di autore, riuscendo così a entrare in contatto con personaggi del calibro di Cesare Zavattini, Umberto Eco e Giambattista Vicari, storico fondatore de «Il Caffè», rivista che, insieme a «Il Delatore» di Bernardino Zapponi, è per me fra le riviste più importanti di quegli anni. Parlando di bizzarrie, per noi «Il Delatore» è stata una straordinaria fonte di spunti.

searle

 

Proprio Vicari, fondatore della storica rivista «Il Caffè», scrisse nel 1970, all’interno della presentazione di Settantaquattro, uno dei libretti di disegni umoristici del Gruppo, alcune parole che a mio avviso vale la pena di commentare: «La sferzata satirica ha il compito di svelare l’assurdo che è nel consueto. Ma l’operosa società d’oggi, questa civiltà perfezionistica e ripetitiva, questa storia senza un minimo d’inventiva, hanno la virtù di normalizzare (cioè di rendere accettabile, e di massificare) anche lo straordinario e lo strabiliante, di adattarci a una irrealtà accettata come fenomeno quotidiano» (p.303). Bisogna ammettere che leggere queste parole al giorno d’oggi fa un certo effetto, se si pensa anche alle mitologie circolanti su quegli anni. Ora mi viene il dubbio che un’età dell’oro della satira, da intendere come un contesto “ideale” di esercizio, non sia mai esistito. Questo da una parte mi sembra un pensiero incoraggiante per chi, con altri modi e altri mezzi, volesse tentare un discorso satirico “attuale”, dall’altra, sfogliando le pagine del libro, si ha l’innegabile sensazione di entrare in un mondo che non esiste più. Credi oggi esista uno spiraglio per l’umorismo grafico?

Francamente, non lo so. Nella sua prefazione al libro, Stefano Salis sottolinea l’importanza per questi artisti di essere stati “cartacei”: forse non è un caso che non ci siano più al giorno d’oggi disegnatori di questo tipo. Io ho notato che la maggior parte degli artisti raccolti nel libro sono nati in un arco temporale ben preciso, ossia sono nati quasi tutti nei primi anni del Novecento. Come capostipite di questa generazione potremmo prendere James Thurber, che fondamentalmente era uno scrittore – per qualcuno il più grande umorista dopo Mark Twain –, ma che fu anche un grandissimo disegnatore. Lui nacque addirittura negli ultimi anni dell’Ottocento, gli altri sono quasi tutti nati nel primo trentennio del XX secolo, salvo poche eccezioni. Forse quello che scrive Salis sull’essere cartacei è vero. Anche il titolo della sua bella prefazione, Quando la matita lascia il segno, è azzeccatissimo: questi autori erano tutti grandissimi disegnatori, anche per ciò che nel disegno può essere letto, ma che non è scritto. Saul Steinberg intitolò il suo primo libro All in line, altro titolo parlante: questa capacità di inscrivere un mondo dentro una linea oggi è molto difficile da trovare.


 

uno sguardo profondoPaolo della Bella, con la collaborazione di Laura Monaldi e Claudia Paterna

Uno sguardo profondo: viaggio nello humour e nella satira, Cadmo Editore, 2018, pp. 439, € 50.