Qual è lo status di scrittori e scrittrici nella letteratura italiana contemporanea? Nell’intervento precedente, ho ricostruito il percorso che ha portato all’affermarsi delle autrici in Italia, e svolto alcune riflessioni teoriche sull’universalità del maschile e la marginalità delle donne. Procedo qui a sostanziare tali considerazioni con una mappa della presenza effettiva di scrittori e scrittrici nel canone letterario, e in particolare nei corsi universitari e nei manuali.

In Storia letteraria del ‘900 italiano, Massimiliano Capati definisce «la presenza decisiva delle donne» come il «principale fenomeno della mutazione nella scena letteraria del secondo Novecento. […] Nell’ultimo quarto di secolo il numero delle scrittrici è divenuto pari a quello degli scrittori. Non era mai successo nella storia. Il dato quantitativo (ma è, per dirla in formula, quantità di qualità) descrive un cambiamento epocale»[i]. Dopo un’introduzione che attribuisce al contributo delle scrittrici una profonda centralità, sia dal punto di vista numerico che di qualità, è ragionevole aspettarsi una critica articolata di tali contributi. Eppure, nel volume di Capati, nessuna delle 26 scrittrici citate in forma di elenco è soggetta ad approfondimento critico da parte dell’autore, con la sola eccezione di Elsa Morante. Come la maggior parte dei nostri letterati dispostissimo a riconoscere in teoria la «presenza decisiva» e la «qualità» delle scrittrici del Novecento, lo stesso critico ritiene allo stesso tempo operazione perfettamente legittima e accurata da un punto di vista metodologico non includere figure chiave della nostra letteratura. Il volume di Capati riproduce quella che è, se guardiamo ai dati, la mappa contemporanea della presenza – o, per meglio dire, dell’esclusione – delle scrittrici nei manuali, nei corsi universitari e nelle storie letterarie italiane, sedi principali della formazione del canone letterario.

Dal dopoguerra in poi, come abbiamo visto, il numero di scrittori e scrittrici si equivale. Tuttavia, una ricerca condotta su oltre 100 corsi di letteratura contemporanea in 20 atenei italiani[ii], ha rilevato che la percentuale di scrittrici e scrittori presenti nei corsi universitari è rispettivamente del 5% e del 95%. È importante sottolineare che la ricerca si è focalizzata solo sul periodo dal 1900 in poi, e che quindi questa proporzione è completamente distorta rispetto alla realtà degli autori e delle autrici. Se è impossibile avere una situazione di parità, perché fino alla seconda guerra mondiale gli scrittori erano ancora la maggioranza, negli ultimi 50 anni la percentuale dovrebbe essere invece più equilibrata, ribilanciando almeno in parte la proporzione complessiva. Ma qui non si parla neanche lontanamente di parità, si parla di una pressoché assenza delle scrittrici dall’insegnamento universitario, anche di quelle fondamentali, a cui viene opposta una straripante sovra-rappresentazione maschile (con tutto quello che ciò comporta in termini di parzialità, personaggi, temi, eccetera).

Si trovano interi corsi di letteratura contemporanea che fra decine di titoli, anche di minori e minuti, non comprendono neanche uno fra i nomi delle più importanti scrittrici del Novecento – Morante, Ortese, Deledda, Ginzburg, Maraini, Banti, Rosselli, Merini, Cialente, Rame, Valduga, ecc. Possiamo citare per esempio il programma del corso di Letteratura italiana contemporanea di Siena (miglior ateneo d’Italia per Lettere secondo la classifica 2015), che su 26 autori del ventesimo e ventunesimo secolo proposti, comprende un totale di 0 scrittrici. Lo stesso avviene nel corso di Letteratura italiana contemporanea all’università Ca’ Foscari di Venezia: 22 autori del ‘900, 22 autori uomini. Se anche guardiamo ai corsi monografici, potenzialmente un’ottima occasione per approfondire testi la cui appartenenza al canone è ancora aperta, vediamo che oltre il 90% dei corsi sono dedicati, di nuovo, ad autori uomini. Quasi metà delle università osservate (inclusi atenei prestigiosissimi come Bologna e Pavia) non includono neanche una scrittrice in nessuno dei programmi di letteratura contemporanea[iii]. Questo vuol dire che è possibile laurearsi in queste università, specializzandosi in letteratura contemporanea, senza leggere o sentir parlare di un solo libro di una scrittrice italiana, che sia Deledda, Ginzburg, Morante o chiunque altra. Il fatto che questi programmi siano possibili, cioè che siano considerati metodologicamente corretti, è la più forte testimonianza di quanto l’accademia italiana consideri il contributo delle scrittrici – proprio perché scrittrici – marginale e prescindibile.

I dati sono ancora più significativi se confrontati con quelli relativi agli studi di italianistica in un altro contesto geografico, come per esempio quello del Regno Unito. Su 20 dipartimenti di italianistica analizzati (che è il numero complessivo degli atenei che offrono questo insegnamento), solo uno non include alcuna scrittrice, e le autrici rappresentano un quarto dei nomi complessivi, un rapporto quindi molto più vicino al numero reale dal 1900 a oggi. Se anche qui non mancano le parzialità (per esempio il corso di Modern Italian Culture di Cambridge, che a dispetto del tema generale sull’impegno, propone 15 autori uomini su 16), possiamo però trovare ovunque validi esempi di programmi più equilibrati. Per esempio, il curriculum obbligatorio del primo anno del corso di Italiano a Oxford comprende Primo Levi, Anna Maria Ortese, Italo Calvino e Natalia Ginzburg. A Exeter troviamo un corso monografico su Elena Ferrante, e a Edimburgo uno su Natalia Ginzburg, mentre a Warwick 2 corsi di letteratura su 6 sono dedicati esclusivamente a scrittrici. In Italia, un esempio interessante si trova a Sassari, dove il programma del corso generale di Letteratura contemporanea coincide con quello del corso specifico di Scrittura delle donne, così mostrando di riflesso, tramite una selezione di sole autrici, la parzialità degli altri corsi. A Padova, invece, è attiva una riflessione sul genere della letteratura con un corso specifico dedicato a Letteratura e studi di genere. Questo ci dice che l’esclusione delle scrittrici non è un fatto necessario e tantomeno il prodotto di giudizi di valore neutrali (che implicherebbero che le donne non sanno scrivere), ma il risultato preciso di un sistema universitario ancorato a una struttura profondamente patriarcale. Le ragioni, che spaziano dall’età e sesso dei docenti, all’assenza di dipartimenti di studi di genere, a fattori estrinseci quali il generale divario di genere nella società italiana, meriterebbero sicuramente un’indagine specifica.

Grafico scrittrici

Percentuale di scrittori e scrittrici dal ‘900 a oggi nei corsi universitari in Italia e Regno Unito

 

 

 

Molti corsi universitari, in aggiunta agli argomenti particolari insegnati di anno in anno, fanno riferimento a manuali di storia della letteratura, che in teoria dovrebbero fornire agli studenti una mappa più completa del periodo in questione, ma che in larga parte non fanno che riprodurre le stesse lacune. Se prendiamo per esempio il manuale più recente e più consigliato nelle bibliografie dei corsi, Il Novecento di Battistini-Casadei, del 2005, troviamo una landa desolata: tra i 33 autori presenti nell’indice, compare solo Elsa Morante, a cui però non è dedicata che una sezione minoritaria all’interno di un capitolo. Ginzburg condivide in tutto un paragrafo con Bassani a proposito dell’ebraismo. Completamente assenti Deledda, Aleramo, Banti e Ortese. La parzialità della scelta va di pari passo con la mancata riflessione sulla questione del genere all’interno della letteratura contemporanea, assenza che viene anzi rivendicata nella conclusione del volume: i ‘gender studies’, scrive infatti Casadei, sarebbero una delle «facili tendenze, soprattutto statunitensi» da cui guardarsi[iv]. Eppure, evidentemente, oggi in Italia un manuale così strutturato è considerato perfettamente atto allo scopo.

Se questa è la situazione nelle università, dove insegnano e dove si formano gli esperti del settore, non sorprenderà trovare un panorama analogo nei manuali delle superiori, i quali portano però la responsabilità molto più ampia di rivolgersi alla maggioranza dei giovani italiani. Nei 13 manuali scolastici presi in esame (di nuovo, scelti fra quelli più utilizzati)[v], la presenza delle scrittrici è fluttuante e minoritaria, interamente a discrezione delle scelte autoriali: Rosselli è assente in 5 manuali su 13, Ginzburg in 6, Aleramo in 9; Grazia Deledda, vincitrice del premio Nobel, è assente in 8 manuali; Anna Maria Ortese, considerata da tanta critica una delle autrici più significative e originali del nostro Novecento, è assente in 12 manuali su 13. L’unica autrice la cui presenza, che varia dalla misura di un singolo paragrafo a quella di parte di un capitolo, è quasi stabile, è Elsa Morante, ma anche lei è completamente assente in un manuale, rivelando come la sua presenza nel canone non sia comunque acquisita una volta per tutte. Come valutereste un manuale scolastico senza Pirandello, Svevo o Calvino?

La marginalizzazione ed esclusione delle scrittrici nella selezione operata nei corsi universitari e nei manuali mostra la difficoltà strutturale degli intellettuali italiani a fare i conti coi valori inconsci della tradizione che hanno ereditato e con la propria parzialità, e ciò ne inficia l’accuratezza del lavoro, portando a rappresentazioni distorte e manchevoli del nostro panorama letterario. Queste rappresentazioni distorte sono poi alla base della formazione degli operatori del settore, dalle case editrici alle riviste, che quindi, a meno che non intervenga una consapevolezza critica, di quella parzialità si fanno cassa di risonanza. Nella loro semplicità, questi dati si mettono di traverso ad ogni retorica che voglia liquidare il discorso sulla differenza fra scrittori e scrittrici come non rilevante o già superato, esigendo una presa d’atto della situazione, e, da qui, un impegno per cambiarla. Mentre i dati numerici ci forniscono un punto di partenza quantitativo, nel prossimo intervento mi occuperò invece dell’aspetto qualitativo, ovvero del come scrittori e scrittrici vengono rappresentati nel sistema letterario contemporaneo.


[i] Massimiliano Capati, Storia letteraria del ‘900 italiano, Venezia, Marsilio, 2002, p. 200.

[ii] I dati si riferiscono ai programmi dei corsi 2015/2016 disponibili online, sui siti delle università e sulle pagine dei docenti. Gli atenei sono stati selezionati in ordine di classifica Censis 2015.

[iii] Di nuovo, il dato è relativo ai programmi disponibili pubblicamente.

[iv] Alberto Casadei, Storia della letteratura italiana, vol. 6. Il Novecento, a cura di Andrea Battistini, Bologna, Il Mulino, 2005, p. 139.

[v] Ringrazio Valeria Riboli per la stretta collaborazione nella ricerca relativa ai manuali scolastici delle superiori.