Nel celebre racconto The immortal bard, Isac Asimov racconta di un certo professor Phineas Welch che confessa a un collega di aver riportato in vita Shakespeare e di avergli mostrato in una biblioteca quanto sia stato scritto sulla sua opera negli ultimi secoli. Il Bardo, sfogliando i volumi, esclama: “Per l’amor di Dio! Cosa non riuscirebbero a cavare dalle parole in cinquecento anni. Credo che riuscirebbero ad alimentare un fiume strizzando uno straccio umido!”. In realtà ne sono passati 400 di anni dalla morte di William Shakespeare e più che un fiume si sono scritti interi oceani sulla sua opera. Le sue tragedie e commedie sono ancora tra le più rappresentate sui palchi di tutto il mondo e, per un attore, cimentarsi in un suo lavoro, rappresenta un momento cruciale della carriera. Che tu venga dagli Studios di Hollywood o dalla Juilliard School, il richiamo del Bardo resta fortissimo. Specie se sei inglese. Chiedetelo a David Tennant, il famoso decimo dottore in Doctor Who e recentemente detective in Broadchurch. Il suo Amleto per la televisione inglese è assolutamente da non perdere. E che dire invece di Tom Hiddleston? Da Loki in The Avengers  all’Enrico V per la BBC il passo è stato breve.

Chissà cosa avrebbe pensato Shakespeare del suo successo sul piccolo e grande schermo, delle centinaia di trasposizioni dei suoi capolavori fin dai tempi del cinema muto. Per rendergli omaggio, ho selezionato 5 pellicole che in un modo o nell’altro sono emblematiche di ciò che ha significato il poeta e drammaturgo inglese per la settima arte e illustrano le ragioni per cui i suoi testi attraversano i secoli senza perdere un grammo della loro forza.

1. Macbeth di Roman Polański – scivolare nell’incubo

Il fatto di essere il primo film del regista polacco girato dopo l’omicidio della moglie Sharon Tate per mano della setta di Charles Manson forse non giovò al successo della pellicola. La scelta di Polański di accentuare proprio l’aspetto granguignolesco dell’opera di Shakespeare, con compiaciute sequenze di massacri di innocenti e teste che rotolano, avevano portato la critica dell’epoca a una facile lettura psicologica e a condannare il gusto horror del progetto. Non sta a me decidere da che parte sia la verità, ma questo Macbeth è di certo tra i più potenti e visionari mai visti sullo schermo.

2. Nel bel mezzo di un gelido inverno di Kenneth Branagh – Amleto come terapia

Film del 1995, è la storia di un attore di Hollywood senza lavoro che decide di superare il momento di crisi allestendo un Amleto per una rappresentazione di paese. Branagh è alle prese con una delle sue prima dichiarazioni d’amore al Bardo (seguiranno Pene d’amor perdute e Hamlet), forse la più riuscita in termini di emozioni offerte. Il regista inglese pone infatti i riflettori non sulla tragedia in sé, ma sul valore simbolico del testo per il mondo del teatro. Amleto è il vangelo degli attori, l’opera da cui ricominciare per riscoprire i valori del proprio mestiere. Piuttosto difficile da reperire, una vera chicca per appassionati.

3. Romeo + Giulietta di Baz Luhrmann – amori adolescenziali

Qualcuno di certo storcerà il naso, ma ho sempre preferito questa versione  a quella di Zeffirelli con la sua stucchevole estetica preraffaellita. Il motivo è semplice: il vulcanico regista australiano coglie l’essenza dell’opera senza il timore di sgualcirla. La tragedia di Romeo e Giulietta può essere letta come la storia di un amore teenager, per sua natura tormentato e tendente all’assoluto. Poco importa se i pugnali si trasformano in pistole

4. Sogno di una notte d’estate di Gabriele Salvatores

Opera prima di uno dei nostri principali registi, questa versione della commedia shakespeariana forse più nota e rappresentata al mondo è un oggetto strano quanto interessante. Sebbene il lavoro risenta di una certa ingenuità narrativa e di un accumulo di soluzioni tecniche non del tutto padroneggiate, si tratta pur sempre di un progetto molto originale, che presenta nel cast la quasi totalità della celebre compagnia dell’Elfo di Milano, ora tra le più importanti realtà teatrali d’Italia.

5. Prospero’s Books di Peter Greenaway – quando finisce la magia

Ho pensato fosse giusto chiudere la cinquina con una trasposizione di una delle ultime opere che Shakespeare scrisse prima della sua morte. La tempesta viene letta da molti critici come una sorta di confessione o di testamento poetico in cui l’autore stesso parla per bocca del protagonista Prospero, uomo di scienza e mago costretto all’esilio su un’isola insieme alla figlia. Partendo da questa interpretazione, l’eclettico Greenaway decide di sottolineare con forza la centralità di questo doppio del Bardo, facendo di Prospero l’unico personaggio in uno spazio fortemente teatralizzato, dove ogni cosa viene evocata dalla voce del mago e segnata sul suo libro.