Ricordi quella volta in cui, con la platea del Forum in silenzioso raccoglimento, l’hai sentito pregare a cappella, urlando la sua devozione tanto intima sotto un riflettore, e insieme offerta a migliaia di uditori: And they say, “Freedom, oh, freedom is just an other place to hide“. Pensi a quando a Mestre l’hai visto duettare con Eddie Vedder, schiena contro schiena, in un’indimenticabile versione di Under Pressure… Cause love’s such an old fashioned word. A quella volta che ha condiviso il palco dell’Arena Civica di Milano con il leggendario Robert Plant; a quando, nel fondale del Castello Sforzesco di Vigevano, s’è unito lascivo alla sua Weissenborn; quando il suo perfetto manierismo s’è sublimato nei concerti acustici dei teatri italiani.

 

Sei tornato qui dove avevi iniziato, al Forum d’Assago, ma stavolta sono tutti fuori, su una distesa di cemento, mentre Milano brucia. Poco distante, sul grande raccordo della tangenziale, l’avevi ascoltato per la prima volta in auto, registrato su musicassetta, mentre andavi a un concerto dei Silverchair: You so easily amuse, like a pantomime, such a silent crime. Oggi il nuovo Hendrix è tornato qui e s’è portato la sua storica band, gli Innocent Criminals with their own two hands. Formidabili quegli anni e formidabile questa notte, perché è come se si fosse formato uno spazio emozionale, e ormai definitivo, fra Ben Harper e l’estate italiana.

 

Non c’è un nuovo album da promuovere, ma un passato prossimo da riscoprire, una reissue rock sporcata dal remoto blues del Mississippi. Welcome to the cruel world, Burn to shine, Diamonds on the inside, Glory & Consequence: ci sono un bassista, il gigantesco Juan Nelson sugli scudi di Brown Eyed Blues, e un colorito percussionista, Leon Mobley, a integrare per contrasto l’elegante trascuratezza (scenica) di Ben Harper, più spirituale e meno fisico d’un tempo. Burn one down, così esotica e oceanica, è la maniera più mite che si conosca per esaudire l’arsura prima che ti finisca, ma la verità è che il nuovo Hendrix non vede l’ora di sedersi e posare sulle gambe la sua slide-guitar. Così, potenti e strutturate, Forgiven e Ground on down arrivano ex machina prima delle classiche e unanimi With my own two hands e, pubblico all’unisono, Better Way.

 

L’encore a luci basse e senza band è però l’istante focale che scelgo questa volta, ancora in estate e ancora di luglio, per ricordarmi di un altro suo concerto. Power of the gospel, Walk Away e When she believes, dedicata ai nuovi sposi astanti, è una trama avvolgente e romantica, intima, epidermica. Gli Innocent Criminals calcano infine il palco, ma soltanto per Amen Omen con la sua linfa liturgica e una suite meno invasiva delle distorsioni di Serve your soul, o del rock purissimo e ascendente di Faded. Sono loro le grandi assenti di un’altra notte nostrana con Ben Harper: I listen to a whisper Slowly drift away, Silence is the loudest Parting word you never say.