di Francesca Salamino

Se muore il sud - copertina

Se muore il sud – copertina

Cosa vuol dire morire? Affondare negli scandali e nelle illegalità? Tramontare all’ombra di un Nord, forse, più potente ma altrettanto corrotto e coinvolto? Essere dimenticato dal resto del Paese e dalla stessa Europa?

« Tornate a bordo, cazzo! » Questo viene voglia di urlare, a tutti quelli che sembrano avere abbandonato il Mezzogiorno al suo destino. Ditelo: ci avete rinunciato, al Sud? avete deciso che non vale la pena salvarlo? avete immaginato che tanto vale lasciarlo andare alla deriva verso un futuro sempre più violento, marginale, miserabile? Vi siete rassegnati all’impossibilità di strapparlo alle mafie, alle clientele, alla malapolitica? Ditelo, almeno. Abbiate il fegato di ammetterlo. Perché il Mezzogiorno sta andando al disastro. E non serve a niente, giorno dopo giorno, voltarsi dall’altra parte. (p. 7)

Risulta difficile apprezzare la metafora della Concordia applicata al Sud, visto che già mezza Europa l’ha utilizzata per dare un’immagine dell’Italia intera. E, se già in quel paragone si avvertiva qualche nota stonata, non si capisce perché risuonare la stessa melodia. Se questo libro ha un merito, però, è quello di aver messo in luce il problema che sta alla base di un Sud sempre più confinato nel dimenticatoio: la contrapposizione costante tra due atteggiamenti mentali, ovvero il suo stesso vittimismo e il distacco del Nord. Da un lato, quindi, l’incapacità di dare vita a progetti ambiziosi e soprattutto realizzati, di autocritica, di seguire le regole; dall’altro, la mancanza di fiducia in un pezzo del proprio stesso territorio e la tendenza a considerarsi separatamente ma solo nella cattiva sorte.

Se è vero che in ogni Paese e in ogni regione si contrappongono differenze geografiche e culturali, in Italia tutto questo supera ogni logica. La ragione è che queste differenze, anziché essere sfruttate come serbatoio di ricchezza, sono vissute come ostacoli. Appare illogico perché basterebbe voltarsi dall’altra parte per scoprire che le differenze non sono a senso unico, e ciò che il Nord critica al Sud il mondo lo critica all’Italia intera, come ha sintetizzato Ivano Russo sul Sole 24 Ore:

Il Nord non è quell’avamposto europeo di sviluppo economico che spesso ci viene raccontato, così come il Sud non è la palla al piede che farebbe affondare un paese altrimenti prospero. (p. 201)

Se muore il sud - quarta di copertina

Se muore il sud – quarta di copertina

Ciò è vero a tal punto che anche un fenomeno come la Lega Nord, nel libro La razza maledetta di Vito Teti, viene descritto come il figlio naturale dello stesso atteggiamento vittimista che solitamente si imputa al Sud:

Il Nord si scopriva improvvisamente ‘sfruttato’, con strutture e servizi inadeguati, vittima dei meridionali e dei partiti che avevano curato solo i loro interessi. Naturalmente, i gruppi politici meridionali, con le loro pratiche clientelari, con i mille sprechi che non avevano comunque inciso sui problemi del Sud, e anche con le collusioni con gruppi criminali e mafiosi, avevano contribuito ad alimentare il sentimento antimeridionale della gente del Nord. Ma è anche vero che la Lega riusciva in un’operazione di ribaltamento della verità storica e si presentava, in maniera paradossale, col vittimismo e la lamentazione che tradizionalmente avevano caratterizzato gli uomini politici e gli amministratori del Sud. (p. 62)

L’aggravante è che quanto descritto non è affatto recente ma risale a tempi ormai antichi, eppure ognuno continua ancora oggi a difendere il proprio giardino e a curarci un orto che non dà più grandi frutti. Gaetano Salvemini, « un meridionalista che non faceva sconti al Meridione », diceva già molti decenni fa:

Qualunque gruppo di uomini onesti di qualsiasi partito avesse voluto mettere un po’ di freno alla iniquità di una sola fra le clientele che facevano capo a un deputato meridionale, era sicuro di trovarsi contro tutta la marmaglia compatta. Il nostro sistema politico e amministrativo si fondava sull’asservimento della piccola borghesia intellettuale e dei suoi rappresentanti parlamentari ai gruppi politici prevalenti nell’Italia Settentrionale e sul consenso sistematico dei gruppi politici prevalenti nell’Italia settentrionale alla malvagità bestiale delle clientele meridionali. (p. 16)

Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella

Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella

Stella e Rizzo hanno condotto un’inchiesta approfondita, seria, puntuale e mai eccessivamente « giornalistica ». Nel libro si passano in rassegna tutti i problemi che avviliscono il nostro Mezzogiorno. Si parla, dunque, dei finanziamenti mancati e di quelli sprecati; della mafia che da tempo « abita anche a Milano » e non più solamente al caldo della Sicilia; dei soldi statali utilizzati a scopi personali; degli affari condotti sui terremoti e sulle calamità naturali; della mancanza di lungimiranza nei confronti del turismo e dei beni culturali; dei tagli europei al Sud; dei trasporti che non funzionano; della lobby dei medici in politica; delle infrastrutture mai terminate. Si potrebbero portare innumerevoli esempi per ognuna di queste note dolenti: la gran quantità di nomi e numeri è infatti ciò che riempie le 300 pagine del libro e questa è forse l’unica aporia che gli si può rimproverare. Alla lunga, l’accostamento di un tono colloquiale (ricco di « uffa! » e di considerazioni a carattere personale, basti la quarta di copertina) con dati su dati, risulta stancante.

Conta molto di più, infatti, la capacità degli autori di aver sottolineato la causa culturale che sta alla base dei problemi del Mezzogiorno, ovvero quello scontro tremendo di due mentalità cieche e parallele. Perché del Sud si parla molto ma anche questo argomento si avvicina sempre più ai molti altri cliché che riguardano l’Italia. Esattamente com’è accaduto per « La legge elettorale non può più aspettare » oppure per « bisogna assolutamente fare qualcosa per i giovani di questo paese », le affermazioni sul Meridione, ripetute così tante volte, stanno andando incontro all’inesorabile destino dello svuotamento di significato e quindi della mancanza di azioni concrete. Allora sì che il Sud rischia davvero la morte. Una morte reale a cui poi bisognerà fare fronte:

Lo Svimez (associazione per lo Sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, ndr) è preoccupatissimo: il Sud è ormai ‘a forte rischio di desertificazione industriale, con la conseguenza che l’assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente’. (p. 44).

Torna alla mente la scena del film I cento passi dove, alla frase del padre : « Ma non lo capisci che se continui cosi quelli ti ammazzano? », Peppino risponde : « E se quelli mi ammazzano tu che cosa fai? ».
E se muore il Sud, voi che cosa fate?

S. Rizzo, G.A. Stella, Se muore il sud, Milano, Feltrinelli, 320 pp., 19 €.