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di Liea

Philomena: un nome che letteralmente significa “amica della forza”. Tale è la protagonista del nuovo film di Stephen Frears che, interpretato da una Judi Dench abbacinante nella sua bravura, ci presenta la storia già pubblicata nel 2009 dal giornalista Martin Sixsmith nel suo The lost Child of Philomena Lee: l’inchiesta sulla vicenda di una donna tanto forte nel nascondere un segreto atroce quanto nella volontà di volerlo risolvere dopo quarant’anni.

La tematica ha suscitato nei confronti del film molti giudizi quali “retorico”, “scontato”, “ricattatorio” a causa di un tema considerato superato; questa superficialità di giudizio fa sì che non ci si preoccupi abbastanza dell’urgenza di un problema ancora oggi vivo, in forme meno manifeste ma proprio per questo più subdole: Philomena subisce l’allontanamento forzato dal figlio nato nel peccato, perché è un’adolescente incinta nell’Irlanda del 1952 che, ripudiata da amici e parenti, non ha altro rifugio se non il convento delle suore di Roscrea – Irlanda centrale. Da parte loro nessuna traccia di qualcosa che sia minimamente vicino ai precetti di tolleranza e generosità cristiana. Eppure Philomena le perdona: sarà anche una sempliciotta che legge con trasporto i romanzi d’amore prevedibili fin dall’inizio, ma la sua fede è autentica, piena di umana comprensione e mai formale. Forse a suscitare giudizi così duri nei confronti di una pellicola forte e deliziosa al tempo stesso è stata proprio l’incrollabilità di questa fede, nutrita da una tenacia e un’autenticità tanto estranee alla nostra cultura.

Certo un film non da Oscar per certi passaggi un po’ paludati, per alcuni dialoghi talvolta scontati e lenti; ma ci sono scene e dinamiche che valgono la pellicola: il contrasto subitaneo tra le immagini iniziali che rappresentano la bellezza e la purezza del sentimento che Philomena prova per l’uomo che l’ha messa incinta e il contraccolpo con le atrocità che si trova a vivere in convento per espiare la sua colpa. Ma interessante è anche la dinamica progressiva attraverso la quale l’ingenua bonarietà di Philomena fa vacillare le posizioni da cinico razionalista del giornalista che documenta la sua storia – interpretato da uno Steve Coogan in ottima forma: la bellezza di questo contrasto, nutrito da posizioni inconciliabili ma validissime, lascia lo spettatore nel dubbio di scegliere da che parte stia la ragione.

Frears ci ha già abituati a storie forti, dalle tematiche anche scomode ma sempre trattate con quello humour britannico e quella delicata umanità (quasi da sensibilità femminile) che le rendono affascinanti e commoventi: basti pensare alla storia omosessuale nella difficile Londra della Thatcher in My beautiful Laundrette o allo stupro di The Snapper.
E anche in Philomena il regista ci fa ridere e ci fa commuovere con una storia tutt’altro che logora e facile: il progressivo affezionamento che si crea tra i due protagonisti, inizialmente così diversi e inconciliabili, travolge lo spettatore, anche perché servito attraverso una fotografia eccellente che viene sicuramente aiutata dai paesaggi irlandesi mozzafiato. Un gioiellino di pellicola per chi ama le storie commoventi ma anche per chi ama le storie forti: persino coloro che non hanno la lacrima facile si commuoveranno, ma senza ricatti, senza quell’occhiolino che cerca il facile pathos privo di una coscienza critica.

Un film di Stephen Frears
Titolo originale: Philomena
Con: Judi DenchSteve CooganSophie Kennedy ClarkAnna Maxwell MartinRuth McCabe
Fotografia: Robbie Ryan
Sceneggiatura: Jeff Pope
Musiche: Alexandre Desplat
Durata 98 min.
Prodotto da Lucky Red
Uscito in Italia: giovedì 19 dicembre 2013