Siamo giunti all’ultimo articolo di questa Personale Piccola Playlist che voglio concludere con un salto nel passato. Di tutta la testa che mi ha fatto mio padre sulla musica della sua gioventù, Una ragazza in due è decisamente una delle due canzoni che mi sono rimaste incollate addosso (l’altra è Sono un ragazzo di strada dei Corvi, rarissimo caso in cui il testo tradotto nella cover risulta superiore e più rivoluzionario dell’originale. A riguardo è doveroso ricordare il saggio di Nanni Balestrini e di Primo Moroni L’orda d’oro in cui la canzone dei Corvi viene citata come esempio di come il rock anche in Italia sappia portare significati di diversità e di rivolta esprimendo la nuova situazione giovanile).

Una ragazza in due, è una canzone del 1966, versione italiana di Down Came The Rain di Conrad e Murray. Sul testo non c’è molto da dire in realtà, scritto da Leo Chiosso, si tratta di uno scontro tra opinioni opposte sull’amore e su come interpretarlo (a tal riguardo non si può non ricordare anche la più riflessiva Tema sempre dei Giganti). L’opposizione diventa esilarante e amara al tempo stesso nella contrapposizione (anche proprio di tipi) che si instaura tra il bravo e un poco sdolcinato ragazzo Sergio Di Martino, bassista e voce solista della band, e il tastierista Francesco Marsella che invece interpreta la parte dell’uomo duro, l’uomo che non deve chiedere mai, entrambi però accomunati dalla volontà di farsi amare dalla stessa donna. Canzone dunque teatrale e divertente.

Ma c’è di più, almeno ai miei occhi. C’è quella fase di appropriazione (mai portata a termine del resto) da parte degli italiani degli anni ’60 della cultura anglofona, del rock. C’è il tentativo di resistere, utilizzando la propria lingua per fare canzoni, ricadendo rispetto agli anglofoni in un certo buonismo, certo, ma che comunque era scandalizzante per l’epoca e il contesto italiano.

Insomma, il sapore di quel beat all’italiana il cui destino era segnato: le traduzioni dai gruppi stranieri e gli accordi rubati dovevano inevitabilmente passare di moda. Pian piano si passava a preferire i gruppi originali. E poi con il ’68 anche gli educati appelli dei Giganti, rivolti genericamente alla pace e all’amore vennero inevitabilmente sorpassati.

Ma la loro musica, pur non brillando da molti punti di vista, oltre ad essere ancora divertente e ad avere quell’alone eroico dei primi gruppi che portavano una musica “scandalosa” in Italia, è a mio avviso uno dei frutti migliori di questo tentativo di acquisire velocemente parti di quella cultura anglofona che poi invece ci ha definitivamente colonizzato senza lasciarci il tempo di assimilarla.

Ormai ama me, e se verrà
Le parlerò carezzandola
Certo che il mio amor capirà
E poi mi dirà che ci sta

Mai le dirò (le dirò, le dirò, le dirò)
Che muoio per lei (le dirò) no (le dirò, le dirò)
La tratterò male
E mi amerà

Con lei
io sarò dolcissimo
Perché il suo amor è un miracolo
Quindi qui da me lei verrà
Perché solo a me amerà

Mai le dirò (le dirò, le dirò, le dirò)
Che credo in lei (le dirò) no (le dirò, le dirò)
La tratterò male
E mi amerà
Oh, e mi amerà (e mi amerà)
E mi amerà