di Achab

Organizzare «Il primo festival dei blog letterari in Europa» – così recitava il programma – a Thiene, ridente cittadina della provincia vicentina, è stata una scelta consapevole e lucida, dettata oltre che da motivi culturali, da una rara opportunità logistica. Un nutrito gruppo di attivisti della rete (capeggiati da Morgan Palmas e Marta Dalle Carbonare) originari dei più stretti dintorni e una nuova giunta comunale intraprendente e interessata alla promozione culturale sul territorio sembravano rappresentare una solida base su cui costruire un primo, importante appuntamento che mettesse faccia a faccia, dopo anni vissuti davanti allo schermo del proprio pc, tutti quei personaggi che, a vario titolo, compongono il sempre più ricco mondo dei blog letterari. Una notevole rete di conoscenze e amicizie, cementata dagli anni di frequentazioni e collaborazioni, doveva poi garantire un programma ricco di iniziative, aperto a tutte le sfaccettature, spesso poco raccontate, del difficile mestiere, oggi ancora poco o nulla redditizio (vedi alla voce “Precarietà e nuove professioni on-line”), di chi cerca di parlare di scrittura, poesia e letteratura sul web. E così è stato, almeno in parte: K.Lit infatti ha proposto più di cento appuntamenti organizzati da sette blog letterari tra i più seguiti in Italia, come Finzioni, minima&moralia, La poesia e lo spirito e Letteratitudine. Tanti e originali gli argomenti discussi, dai più consueti – i rapporti editoria-web, la nuova minaccia del libro autoprodotto, le potenzialità della scrittura on-line per rilanciare grandi autori dimenticati, la nuova stagione dei movimenti culturali (letterari, ma anche generazionali e politici, come gli anche qui presenti TQ) – a quelli meno battuti, perché ignorati (come il curioso “Blog e Malattia”) o perché orientati sull’ambientazione periferica del Festival (“Veneto: mondo editoriale di periferia?”): a trattarli le persone più competenti ed esperte, di fronte a un pubblico composto quasi interamente da persone appartenenti allo stesso mondo oggetto del festival.

Proprio questo è l’aspetto che più è saltato all’occhio dalla partecipazione ad alcune delle proposte in programma: una manifestazione tanto ambiziosa e organizzata con tale dispiego di risorse, mezzi e soprattutto impegno si è dovuta scontrare con la palese limitatezza numerica del relativo pubblico. Più dell’assenza di pionieri e animatori storici della rete, come Loredana Lipperini o Wu Ming, più dell’ambientazione insolita e decisamente scomoda, ha pesato sulla riuscita di questo festival la definitiva dimostrazione di un dato di fatto che già le tantissime iniziative che animano il «sottobosco culturale» delle nostre città (presentazioni di riviste, reading di giovani scrittori emersi da internet) avevano messo in luce. In un paese in cui il numero dei lettori diminuisce sempre più a fronte di un aumento costante del numero degli scrittori, anche il mondo della rete riflette la stessa tendenza, anche se per ragioni in parte differenti: il pubblico dei blog letterari e delle riviste on-line coincide oggi quasi completamente con le persone che sono concretamente impegnate in questo attivissimo mondo.

La rete mette a disposizione anche di chi è meno provvisto di abilità informatiche una facile opportunità di creare il proprio luogo virtuale in cui dare spazio ai propri discorsi, critici o creativi che siano. In questo modo aumentano a dismisura i blog, che si attestano tuttavia su cifre sempre più irrisorie di visualizzazioni giornaliere, e si svuotano quelle che un tempo erano grandi e ambite piazze virtuali di confronto culturale: i grandi blog collettivi vedono ridursi progressivamente il numero di utenti «esterni» che intervengono a commentare nuovi pezzi pubblicati (come deprecato da Franz Krauspenhaar in un dialogo con Roberto Plevano); al desiderio di dialogare con chi ha scritto e con altri lettori si è sostituito oggi il più facile desiderio di creare la propria piccola patria, da organizzare e gestire a proprio piacimento, anche a costo di una sostanziale «muta insignificanza» in quel caos assordante che è oggi il discorso collettivo sulla rete. Con il risultato che per di più, spesso, le discussioni da organiche e positive diventano scontri di blogger schierati ognuno pro domo sua.

La declinazione meta-discorsiva del tema del festival (parlare della funzione e del funzionamento dei blog letterari, non dei contenuti che veicolano) ha fatto sì che ci si trovasse a parlare di tendenze e dinamiche, spesso tecniche, ormai universalmente note in quel mondo di «addetti ai lavori» che è oggi il mondo degli autori e dei lettori di blog letterari; al confronto conflittuale (ma beneficamente conflittuale) tra diversi modi di fare letteratura sulla rete, si è preferito trovarsi d’accordo su una descrizione ormai vulgata dell’esistente, nelle sue lente evoluzioni e nella sua cogente e latente crisi.

Si tratta forse di un prodotto non previsto di quella fase di riflusso che segue ogni grande espansione, com’è stata quella del weblogging, non solo letterario, dall’inizio del duemila a poco tempo fa. Il proliferare di iniziative piccole e piccolissime si riflette, nel campo delle dinamiche di gruppo o movimento, in un momento di stasi, dovuta alla stanchezza di una corsa molto lunga ma forse anche all’attesa di nuovi input che verranno dalla fase di continue trasformazioni a cui è sottoposto il mondo della rete.

Sicuramente niente di tutto questo può essere imputato a chi ha voluto a ogni costo organizzare questo festival, a cui va invece riconosciuto il merito di avere tentato di aprire una piazza per discutere e confrontarsi. L’affluenza, abbastanza modesta, ha sicuramente agevolato la possibilità di intavolare discussioni dirette con i relatori (anche perché spesso il pubblico era composto da amici o da altri relatori: d’altronde come si è già detto, e come è universalmente noto, il lettore in Italia è bestia rara che conta vari eserciti alla sua forsennata caccia). Rimane un positivo incontro, una positiva discussione tra i blogger di letteratura, che si trovano ora a dover superare ostacoli e cambiamenti della rete (per esempio i sempre più invadenti social network), ma che si devono anche armare per riuscire ad indirizzare almeno in parte le traiettorie dei lettori, sballottati tra le moltissime offerte librarie cartacee, gli e-book e braccati da editori, giornalisti, librai, librerie online e quant’altro, che cercano di fargli comprare più libri possibile, spesso senza dare alcuna importanza al valore dei testi, alla costruzione di una cultura o all’appropriatezza del testo per il lettore.

Alla fin fine i limiti dimostrati in alcuni casi da questo evento sono i limiti congeniti all’ambiente culturale e letterario italiano, per cui l’unica cosa da fare è rimboccarsi le maniche e provare a lavorare sodo per migliorare la situazione. E noi della Balena speriamo di poter fare il nostro.