Che il Regno Unito sia uno dei Paesi più popolati d’Europa lo si capisce bene aggirandosi per Londra: chiedete ai londinesi e vi diranno che vivere nella capitale inglese dà l’asfissiante percezione di passeggiare nel bel mezzo di un flipper, circondati da palline impazzite dalle traiettorie imprevedibili.

Dati alla mano, Londra ha 8,6 milioni di abitanti, 3 milioni di pendolari che ogni giorno invadono mezzi pubblici, uffici e marciapiedi, e oltre 300 lingue diverse parlate quotidianamente (dato ukpopulation2016.com).
I londinesi sono persone delle più svariate nazionalità, che camminano contemporaneamente sul lato sinistro (gli inglesi) e quello destro del marciapiede (noi altri) generando continui scontri di corpi, borse, zaini.

Persone per cui l’imperativo è avere sempre qualcosa da fare: lo dimostra la stampa locale che fornisce ossessivamente liste di eventi e luoghi cui proprio non si può mancare. Time Out, per esempio, è un settimanale free press distribuito ogni martedì fuori dalle stazioni la cui missione editoriale è comunicare ai londinesi, pressati e sballottati sui vagoni della metropolitana, cosa fare e dove recarsi per non perdersi neanche un attimo dell’eccitante vita offerta dalla tentacolare capitale inglese. Curiosamente lo stesso Time Out ha anche rivelato tramite un sondaggio (2016) che la causa di maggiore stress per i londinesi sono gli altri londinesi: alla domanda «Cosa ti fa sentire stressato?» «People» è stata la risposta più quotata, evidenziando quanto la forzata prossimità con altri esseri umani, soprattutto sui trasporti pubblici, sia il peggior e inevitabile incubo del tipico commuter londinese.

Va da sé che per sopravvivere in una grande città come Londra convenga fare vita di quartiere, se non altro nel week end: con una mappa urbana così estesa, la zona dove si vive diventa centro della propria vita sociale e, soprattutto, del riposo. Meglio ancora se il proprio quartiere ospita un parco: come in ogni città sovraffollata, gli spazi verdi diventano vitali per ricaricarsi. Al parco i londinesi ci vanno un sacco, sia d’estate che d’inverno, in barba al vento gelido e indossando stivali di gomma camminano spensierati tra pozzanghere e cumuli di foglie secche. Dopo ore di lavoro in cui si respira a piccole riprese davanti a un computer, dopo avere trattenuto il fiato in metropolitana, la prima boccata d’aria che si prende all’aperto diventa fonte di vita rinnovata: sì, Londra insegna anche a respirare.

parco

Il parco vicino a casa mia si chiama Hampstead Heath e ospita tanti luoghi magici come l’Hampstead Pergola, un antico pergolato aperto al pubblico, sotto cui camminare seguendo il filo dei pensieri e dei rampicanti. Una passeggiata ad ampi respiri attraverso il fiabesco parco di Hampstead Heath, così bosco e così prateria da non sembrare di essere in città, si trasforma in un piccolo piacere solitario per ritrovare il proprio equilibrio personale. E la scalata sulla collina Parliament Hill, lo sguardo che si apre ampio sui grattacieli che spuntano a Est, ricorda che anche in una città affollata come Londra è possibile ritagliarsi il proprio spazio privato, dove sentirsi bene.

La ricerca spasmodica di spazi aperti e di attimi di solitudine zen per sfuggire all’appiccicoso senso di essere incastrati in un alveare pieno di api laboriose e ronzanti ha reso i londinesi campioni nella creazione di spazi verdi personalizzati. L’idea è di portarsi il parco a casa: giardini e orti urbani spuntano come i funghi un po’ dappertutto. Hackney e Dalston per esempio ospitano Dalston Curve Garden, giardino urbano con piccolo Cafè, e una vera e propria City Farm, con tanto di animali da fattoria.

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Gli spazi di verde urbano più interessanti si trovano a East London, area della città in più rapida espansione nell’ultimo decennio, causa-effetto di un incremento direttamente proporzionale dell’area urbana e dei prezzi di case, affitti, ristoranti e scuole: a Londra si può essere hispter e giocare a fare gli alternativi ma si ha anche un gran bisogno di soldi.

Londra infatti è anche un prezzo da pagare: le nuove generazioni inglesi (e non) si riversano nella capitale per guadagnare stipendi più alti, condividono appartamenti e stanze nel tentativo di risparmiare e poi se ne vanno non appena decidono di sposarsi e fare dei bambini per evitare di vedersi il conto in banca dilapidato dal prezzo degli immobili e dell’educazione scolastica.

Nonostante le folle che camminano per le strade della capitale siano largamente composte da giovani, comprare casa a Londra è tristemente diventato un privilegio di cui han beneficiato soltanto le generazioni precedenti. La perfida Albione di oggi perfidamente gestisce una macchina dagli affitti esorbitanti: rampanti ventenni dal lauto stipendio usufruiscono dei suoi servizi ad alto costo e poi se ne vanno lasciando spazio alla generazione successiva, pronta a pagare i conti profumati di una città che sta spingendo i propri cittadini sempre più all’esterno dei propri slabbrati confini.

In questa cornice le zone est e sud di Londra sono le aree dai prezzi più ragionevoli, e quindi anche quelle che generano le più interessanti trasformazioni sociali e novità artistico-culturali-musicali: sono il regno del vintage, dello street food, dei giardini urbani e dei corsi di yoga sui tetti dei palazzi. Anche i rooftop – di tradizione newyorkese – sono nati nella capitale inglese dall’esigenza di avere più spazio, di respirare ad alta quota; peccato che d’estate siano sempre tutti pieni.
Londra non è l’Inghilterra, è uno stato a parte: ruba i trend americani e li complica. Nella capitale inglese, come a New York, gli hipster si mettono in posa, ben sapendo di essere passati di moda. Eppure le bancarelle di accessori per accorciare la barba sono in aumento, nasce uno speakeasy bar al giorno (quei locali di cui si scopre l’esistenza solo tramite il passaparola) e i mercati di strada rendono accessibile l’aragosta e troppo cara una porzione di patatine (al tartufo?). Il gin va per la maggiore, i musei offrono meravigliose mostre gratuite e i cani passeggiano senza guinzaglio; e queste ultime tre, forse, sono le uniche cose che Londra ha in comune col resto del Paese.

Vivere a Londra facendo la coda fin da fuori la stazione per infilarsi in metropolitana dopo il lavoro, dover prenotare con largo anticipo ristoranti, teatro, cocktail bar se si vuole essere sicuri di trovare posto, tenersi al passo dell’ultimo street food market, club, spettacolo di successo stanca e sì, costa caro. Ogni giorno ci sarebbero potenzialmente così tante cose da provare e vedere che a volte non si può fare altro che starsene in casa a riposare. Londra dà la consapevolezza che tanta materia prima non possa essere per sempre: un giorno arriverà il momento di andare via, di spostare la propria mappa personale in un altro luogo, meno difficile, meno costoso, meno affollato.

Eppure basta fare una passeggiata in città nel periodo pre-natalizio per ricordarsi che oltre gli affitti esorbitanti, la ressa sui marciapiedi e il vento gelido che taglia la pelle, vivere nella capitale inglese sia pur sempre un’occasione speciale.

Londra sotto Natale dà il meglio di sé. La notte si estende al pomeriggio rubando spazio al sole ma scendere per strada non fa paura: lunghissimi gomitoli di lucine colorate cuciono chilometri di fili luminosi sugli angoli dei palazzi, le facciate dei musei, le vetrine dei negozi. Si passeggia sotto le ali di angelo spiegate al vento in Regent’s Street; si pattina sul ghiaccio nella meravigliosa corte di Somerset House; si beve mulled cider ai mercatini natalizi lungo South Bank e ci si sofferma a contemplare il vischio decorativo di Covent Garden.

Stop, un bacio, e via. Via veloce, schivando centinaia di altri passanti che passano di fretta, più in fretta, camminando verso casa, l’ufficio, i negozi, i pub, i bus ricolmi di altri esseri umani che prendono, arrivano, vanno via, si spostano da un’altra parte, qui non c’è spazio, non c’è tempo, vai.