Da sempre il cinema rappresenta la tentazione di evadere, attraverso storie di donne e uomini in cammino, in cerca di riscatto, fortuna o qualcosa di indefinitoCi sono film con sequenze di viaggi memorabili che hanno saputo catturare l’estetica di un’epoca o indicare la strada alle nuove generazioni. Del resto il cinema, che ha nella sua natura il movimento, è il medium migliore per raccontare il viaggio.

Sono molti i modi in cui il cinema racconta la voglia di nuove strade e rotte, tanto che è possibile tracciare una vera mappa iconografica del viaggio nella settima arte. Senza la pretesa di esaurire tutte le possibili varianti sul tema, ci concentreremo su tre tipologie: il viaggio come fuga, come esplorazione di sé e come metamorfosi.

1. Viaggio come Fuga

Da sempre fuggiamo il passato, le nostre colpe, e un mondo che ci sta stretto. Il cinema ha gioco facile nel tradurre queste pulsioni nel potente feticcio di una macchina che sfreccia nel deserto. La filmografia americana ne è piena, con centinaia di pellicole dove compaiono terre piatte e polverose che si srotolano all’infinito sotto gli pneumatici di vetture larghe e squadrate proiettate verso l’ignoto. Uno dei più suggestivi esempi del genere è di certo Badlands (La Rabbia giovane, 1973), tra i capolavori assoluti del cinema americano contemporaneo e che vede l’esordio alla regia di Terrence Malick (La sottile linea rossa, The Tree of Life). La storia dei due giovani innamorati che fuggono da un mondo privo di prospettive, lasciando dietro di loro una lunga scia di sangue, viene incorniciata dalle sublimi evocazioni di una natura selvaggia e indomabile, quasi fosse la rappresentazione del pericoloso vitalismo dei protagonisti: feroci, indifferenti, bellissimi.

Il tema del viaggio spesso si associa alla wilderness o comunque a una visione del mondo privo di sistemi, vincoli o imposizioni. È il caso di Wild At Heart (Cuore Selvaggio, 1990) di David Lynch, tra i film più sottovalutati del visionario regista del Missoula. Protagonisti sono ancora una coppia di giovani, Sailor e Lula, lui ribelle da fumetto (un carichissimo Nicholas Cage) lei un’indiavolata bionda (Laura Dern) pronta ad abbandonare la possessiva madre per vivere il suo sogno d’amore. Come in una fiaba dark, la trama è lineare e scandita da prove che i due devono superare per sfuggire alle grinfie della madre di Lula e dei suoi terribili emissari. Molte delle sequenze si svolgono nell’abitacolo dell’auto di Sailor, mentre percorrono il deserto infinito, progettando il futuro o ascoltando la radio, come in questo caso:

 

2. Viaggio come esplorazione di sé

Il tempo che si percorre da un punto a a un punto b con un mezzo di locomozione può improvvisamente dilatarsi e diventare il momento più importante della propria esistenza. In quello stato di sospensione è possibile infatti ripercorrere le tappe della propria vita, riflettere sugli errori commessi e tirare le somme. È il caso de Il posto delle fragole di Ingmar Bergman, dove il protagonista, il professor Isaak Borg, in viaggio verso la città di Lund accompagnato dalla nuora per ricevere un prestigioso premio accademico, si ritroverà ad affrontare i demoni di un passato pieno di rimpianti. 

Ma l’auto non è l’unico mezzo con cui si viaggia. Si può benissimo viaggiare a piedi, come Totò e Ninetto Davoli in Uccellacci e Uccellini, capolavoro allegorico di Pier Paolo Pasolini, dove tra strade di campagna e cavalcavia deserti, si riflette sulla  vita, la morte, il potere, tra dentisti dantisti e corvi schierati politicamente.

C’è persino chi il viaggio lo compie su un trattorino tagliaerba perché sprovvisti di patente. Si tratta del protagonista di The Straight Story (Una storia vera, 1999), nuovamente di Lynch, che compie un lentissimo e lineare – straight, per l’appunto – viaggio per riappacificarsi con il fratello. 400 kilometri di strada a cinque miglia all’ora, durante il quale incontrerà una serie di personaggi fondamentali per comprendere il senso di quell’insolito viaggio.

 

3. Viaggio come metamorfosi (la notte)

C’è poi un viaggio che si compie in un tempo specifico, quello denso e misterioso della notte, capace di trasformare il cuore di un uomo. Del resto il cammino mistico o iniziatico è da sempre legato alle ore notturne, come ci ricorda San Juan de la Cruz nella sua opera La noche oscura del Alma, e Dante, che nella Commedia attraversa la selva nella totale oscurità. Nel cinema la foresta viene sostituita dalla città, caotico mosaico di luci e strade in cui perdersi e ritrovarsi definitivamente cambiati. Se il film più iconico di questa genere può essere I Guerrieri della Notte, sono altri i lavori che ricordano più da vicino un percorso di trasformazione attraverso la notte. Il primo è Afterhours (Fuoriorario, 1985) di Martin Scorsese, dove un programmatore di computer di una grande azienda vive una notte da incubo nei sobborghi di Soho, arrivando a conoscere il wild side della vita e forse a mordere per la prima volta quello che aveva solo letto nei romanzi di Henry Miller. Il viaggio inizia emblematicamente con la perdita dell’unica banconota che ha nel portafogli durante una forsennata corsa in taxi: senza la sicurezza del denaro – emblema del suo status borghese – il suo destino sarà in balia di forze incontrollabili.

Un altro capolavoro è di certo Collateral di Michael Mann, dove il tassista Max accompagnerà il sicario Vincent per le strade di Los Angeles, in una lunga notte di omicidi. Da semplice comprimario, Max saprà trasformarsi in eroe, deciso a fermare l’escalation di violenza innescata dal killer.

Se pensate a un viaggio, se siete appena ritornati o se ne state progettando uno, vi consiglio di dare un’occhiata a questi film, per riconoscervi in uno dei protagonisti, o anche solo per percorrere più strade allo stesso tempo, allungando ancora un po’ il percorso prima di tornare a casa.