Venerdì 10 giugno alle ore 18,00, presso la Libreria Incrocio Quarenghi di Bergamo, i poeti Gianluca D’Andrea e Diego Conticello presenteranno la casa editrice Carteggi Letterari e la raccolta “Pettorine arancioni e altre poesie” insieme all’autore Franco Buffoni. L’evento dà la possibilità a La Balena Bianca di parlare di questa nuova realtà editoriale, dei suoi progetti e degli autori fino ad ora pubblicati.


 

 

La poesia è l’occhio irrazionale più lucido inventato dall’uomo, strumento ossimorico per antonomasia con la capacità di squarciare il velo di opacità creato dalla realtà, che ogni giorno di più tenta di nascondersi per non essere afferrata.
Con il suo linguaggio, a volte impenetrabile altre dichiaratamente intelligibile, racconta la cosa più semplice e contorta che esista: l’essere umano. La poesia non è mai statica, ma sempre in movimento, come i bambini che hanno cominciato a prendere confidenza con il proprio corpo e corrono in giro senza sosta. Riprendendo Paul Celan, la poesia ha un’inclinazione creaturale verso il mondo.
La casa editrice Carteggi Letterari è un progetto coraggioso e prezioso, che ha già avviato le collane romanzo, con La strega bianca di Francesca Diano, quaderni di traduzione, che ha esordito con un testo di Pablo Lòpez-Carballo La precisione dell’indifferenza e poesia, la collana più ricca che ha già tre raccolte al suo attivo, quella di Fabio Pusterla, Franco Buffoni e Carmine Vitale, oltre ad altre già in cantiere, basti qui fare riferimento a Gianluca D’Andrea e Valerio Magrelli.
Il progetto è stato condotto dalla sua direttrice editoriale, la poetessa Nàtalia Castaldi, presidente dell’Associazione Carteggi Letterari e fondatrice della rivista on line Carteggi Letterari critica e dintorni, e dal direttore responsabile il giornalista Marco Oliveri che cura anche il sito (www.carteggiletterari.it).
Ma penso che una buona stella li guidi lungo questo cammino: Josif Brodskij e il suo discorso pronunciato a Stoccolma in occasione del conferimento del Premio Nobel 1987 per la letteratura. In particolare alcune frasi dette dal poeta, come quando afferma che l’estetica è la madre dell’etica, spiegando che quanto più ricca è l’esperienza estetica di un individuo, tanto più netta sarà la sua scelta morale e tanto più libero sarà lui stesso. La letteratura, in particolare la poesia, è un formidabile acceleratore della coscienza, del pensiero, della comprensione dell’universo.
Il contesto ha sicuramente aiutato la fondazione di questa casa editrice: Messina che si affaccia sul mare, su queste colonne d’Ercole che dividono l’isola dalla penisola, è un punto di osservazione privilegiato sul nostro malandato paese, e nello stesso tempo protagonista del fenomeno principale della storia del XXI secolo: la migrazione con la sua tragicità ma anche speranza in un futuro migliore. La Sicilia, in questo caso rappresentata da Messina dove perse la vita durante il terremoto del 1908 tutta la famiglia di Gaetano Salvemini, anche per questo motivo ancorata ad un pezzo fondamentale della nostra storia, è un vero e proprio avamposto, una linea d’ombra da dove cominciare a guardare o dove finisce il lavoro dello sguardo. Lo stesso nome della casa editrice Carteggi dà una connotazione marittima, ma questi carteggi sono particolari perché sono mappe che fuoriescono da rotte stabilite, che segnano vie percorribili attraverso le quali sia possibile interpretare e navigare la contemporaneità. Le raccolte di poesie pubblicate e che verranno pubblicate sono da considerare carte con cui orientarsi, seguendo i punti cardinali di un presente mai stato così sfuggevole.
L’ossimoro è presente fin dalle prime due pubblicazioni della casa editrice: l’intimista Fabio Pusterla e il più teatrale e ancorato alla quotidianità Franco Buffoni. Due modi diversi di raccontare la nostra contemporaneità, ma che insieme reggono, anzi di volta in volta si passano il testimone, sembrano come dialogare tra loro.
FRANCO-BUFFONIPettorine arancioni e altre poesie è una meditazione sulla solitudine dell’uomo ed è un’affascinante riflessione sul tempo storico, dove, grazie alla parola poetica, passato e presente sono racchiusi in un unico flusso, che è in sostanza il flusso di coscienza del poeta stesso, vero deus ex-machina.
Si prenda la prima poesia della raccolta Maratonina dell’ultimo dell’anno 2015: cosa ci fanno migliaia di persone in pettorina arancione a Villa Borghese? Credono di far parte di una comunità, speranza più che vana, in realtà assomigliano all’uomo della folla di Edgar Allan Poe. Sono atomi solitari legati solo da un forte narcisismo che niente ha a che vedere con la solidarietà che dovrebbe caratterizzare le vere comunità. In questa poesia Buffoni, con una lingua poetica piena che attinge direttamente dalla realtà quotidiana, spiega il crollo dell’ideale individualistico della odierna società dei consumi. Con tale tipo di società si credeva che tutti sarebbero stati più liberi, in realtà sono stati intrappolati in gabbie dorate che li hanno talmente isolati da non poter dialogare con nessuno, se non rischiando di non essere compresi. Tutto quello che rimane è una disperazione cosmica, che si può esprimere solo con gesti eclatanti e fini a se stessi. Questo ci dice la poesia Roma, Inverno 2012, nata da una notizia dell’Ansa secondo la quale un uomo, dopo aver litigato per l’ennesima volta con la ex-moglie, aveva lanciato il loro bambino da ponte Mazzini. In questa poesia viene fuori tutta la commovente pietas virgiliana di Buffoni che, facendo del passato eternità del presente, fa riferimento con due versi, “mentre un ramo più duro un numero/Sul polso gli raschiava”, alla tragedia della Shoah, dove milioni di bambini sono morti nei forni crematori.
In questo sovrapporsi di tempi storici, Buffoni sta dicendo al lettore che in realtà la Storia non ha insegnato nulla, siamo ancora avvolti da una barbarie che ci rende asettici. Sono ancora i bambini morti, tema caro a Thomas Stearn Eliot, i protagonisti della poesia L’autobus dei bambini morti. In questo caso Buffoni ricorda la poetessa nata a Breslavia ma ormai da molti anni cittadina romana Christine Koschel, che nel ’45 ha visto un autobus di bambini morti durante l’avanzata sovietica. Quello che colpisce il lettore è ancora una volta la solitudine totale di questi bambini, “abbandonati in una fuga dal nulla al nulla”. In Si parva licet, citando Leopardi, Buffoni ammette che il male della Storia non è paragonabile a quello della Natura: in fondo “il mondo/Non era stato pensato per noi”. Il poeta, come un profeta d’Israele, si aggira lungo il filo che lega passato e presente; quello che vede sono solo deserti e rovine. Ma in fondo un filo di speranza ci è dato dall’immagine di due giovani innamorati nella poesia Silvano il pasticcere, che nonostante il tema della morte ancora ben presente danno adito ad un desiderio di fiducia:

Silvano il pasticcere sedicenne
E Guido diciottenne tornitore
Profittavano a Vizzola Ticino
Delle pause-pranzo per vedersi.
Guido passava con la sua Yamaha
E insieme scendevano sul greto
A mangiarsi il panino dei baci.
Per niente strano l’incidente di ritorno
Per via dell’improvvisa
Retromarcia di un camion.
La foto sulla Prealpina
Mostra due mani di vaniglia
Ancora avvinte alla tuta
Sbiadita su un fianco

Fabio Pusterla ha inaugurato la collana di poesia di Carteggi Letterari, e lo ha fatto con quattordici frammenti incentrati sul tema dell’acqua, caro a Gaston Bachelard e alla sua immaginazione materica, vero e proprio liquido amniotico per l’umanità e il poeta stesso. Sono frammenti caratterizzati da una parola intimista che si fa portavoce di una resistenza in un agone che è il mondo. La parola poetica di Pusterla mi ricorda alcune strofe di un componimento dal titolo Lamento dei figli di Giuda in Roma, scritto nel 1855: “Da duemila anni piangiamo/vicino al fiume, le cui acque gialle/indisciplinate e violente fluiscono/lungo i desolati muri del Ghetto;/col coraggio lamentevole dei padri/noi soffriamo uniti dalla sofferenza,/e piangiamo, come piansero quelli,/in eterno nello stesso fiume”.
In questo caso la parola come il fiume si fa immagine della storia dell’umanità intera: il fiume di cui ci parla Pusterla si trasforma nel testimone e nel protagonista della storia di ogni essere umano. L’identità umana, una volta che si scontra con la storia-fiume, viene deformata. Ma è proprio in queste fratture che il poeta ritrova tracce della cultura e dell’identità.
pusterlaUltimi cenni del custode delle acque, così si intitola la raccolta di Pusterla, riflette sulla parola poetica e sulla sua possibilità di ricreare rapporti relazionali puri ed innocenti. Come Buffoni, anche Pusterla è un profeta d’Israele che si incammina per un lungo viaggio attraverso deserti e rovine. Queste macerie sono state prodotte dalla violenza del fiume, dalla forza della natura che come in Leopardi si è fatta madre-matrigna: “c’è furia, ora, c’è/disperazione: distruggi, travolgi,/scavi dentro di te la tua memoria/di melma e detriti, antichissime/deposizioni di roccia, cadaveri./E non ti basta il mio ascolto”. Ma come nella Ginestra di Leopardi, dal negativo può nascere qualcosa di positivo, “Tu cerchi un nuovo corso./Io attendo muto di alzare di nuovo lo sguardo/sulla vasta palude, sulla luce/riflessa dalla tua acqua placata,/capace di ospitare gli stormi/e di risplendere./Nessuna violenza è durabile”.
Il fiume rappresenta anche la violenza umana, Pusterla ricorda chi gettava in acqua le rose innocenti con il cranio spaccato dal calcio del fucile. Al lettore non può non tornare alla mente il corpo devastato e vuoto di Rosa Luxemburg lungo un canale al grido dei Freikorps: “adesso prova a nuotare, troia”. Seguendo il fiume lungo la foce, si arriva al mare dove si protrae un’indicibile violenza contro l’uomo, “Ora si guarda/barche che calano a picco cariche di persone/indesiderate indesiderabili oscene”. Gli ultimi frammenti sono dedicati al fenomeno principale di questo secolo: quello dei migranti. In questo caso il modello è Profezia di Pasolini, la parola poetica dovrebbe farsi empatica nei confronti di queste donne, uomini e bambini sbattuti sui flutti di un mare mai domo. Quello che manca è “l’anello della pietà”, ma verremo pagati con la stessa moneta, quando un giorno torneremo noi ad essere migranti:

L’anello della pietà
lo abbiamo gettato nell’onda
è andato subito a fondo
un pesce se lo mangiò.

Il pesce che se lo è mangiato
fino al mare lo porta
lo porta fino alla morte
del mondo che abbiamo avuto.

Lo pesca un pescatore
sulla riva dell’altro mondo
fa un respiro profondo
e intanto ci guarda annegare.

Non ci sarà pietà
per chi pietà ha negato
l’acqua si chiuderà
tutto sarà sparito.

Non sembra esserci alcuno spiraglio al lieto fine, all’incontro dell’umanità in segno della fratellanza e dell’accoglienza. Ma la poesia, come l’acqua, all’improvviso vira e nell’ultimo frammento Pusterla dichiara la sua totale fedeltà al fiume e al mare, “E mi fido di te/anche quando minacci, e ti gonfi/anche quando porti via/tutto con te”.

Tutte le poesie sono sostenute dai disegni di Francesco Balsamo, artista catanese che si muove nell’ambito di una creatività composita, dove si intrecciano appunto il disegno, la pittura e la scrittura in versi. I disegni creati per le due raccolte poetiche sono splendidi nella loro umiltà. Sì perché Balsamo con un tocco lieve e dimesso entra in punta di piedi, lascia spazio e valore in primis alla parola scritta, vuole che il lettore si avvicini con prudenza all’immagine, che con il suo bianco e nero segue il flusso delle poesie.


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