Di nuovo il Festival del cinema di Cannes. E di nuovo passerelle rosse, scollature vertiginose e sterili confronti tra La Croisette e il Lido di Venezia, differenze di charme tra Côte d’Azur e Laguna. Il tutto facendo scivolare in secondo piano la competizione tra i suoi film e i possibili rapporti che legano temi e scelte registiche. Siamo del resto lontani da una selezione rigorosa come quella fatta all’ultimo Festival del cinema di Berlino – rassegna questa con una vocazione politica più spiccata e decisamente più sobria di quella francese. Il festival di Cannes tende a trasformarsi in evento mondano più di qualunque altra manifestazione, persino più degli Oscar. Non a caso sono i film fuori concorso delle stelle di Hollywood a tenere banco in questi giorni, dall’ultimo lavoro di Woody Allen, Cafè Society – condito di scandalo riemerso con tempismo perfetto su presunti atti di pedofilia da parte del regista americano – a Steven Spielberg con il suo ritorno al cinema per i più piccoli con GGG, il Grande Gigante Gentile. Ma chi sono i reali contendenti alla Palma d’oro di quest’anno? Proviamo a segnare una rapida mappa del territorio, tra grandi nomi e predestinati.

I Grandi Nomi: Dardenne, Loach, Penn e Jarmusch

Se fossimo a San Remo, li chiameremmo i Big in gara. Sono quei registi che fanno da richiamo al Festival e garantiscono – o quantomeno così dovrebbe essere – uno standard di qualità elevato. Tra questi ci sono gli immancabili fratelli Dardenne e l’inossidabile Ken Loach. Il duo belga, vera mascotte della competizione, con La fille inconnue presenta l’ennesimo lavoro di asciutto realismo con l’aggiunta di un pizzico di giallo: un medico preso dal senso di colpa per non aver aperto la porta del suo studio a una ragazza trovata poi morta, decide di indagare sull’identità della sconosciuta. Il britannico tutto d’un pezzo Ken Loach, lo strenuo difensore della working class, lancia l’ennesimo anatema contro il sistema, scagliandosi questa volta contro la burocrazia e il suo disinteresse per l’umano. I, David Blake, racconta di un anziano carpentiere che soffre di cuore. Per il medico non potrebbe più lavorare, per l’assistenza sociale il discorso è un po’ diverso.

I grandi nomi non finiscono qui. Abbiamo Sean Pean con The Last face e la storia d’amore terzomondista tra la direttrice di un’organizzazione umanitaria (Charlize Theron) e un cocciuto medico (Javier Bardem) in Liberia, Pedro Almodovar con Julieta e l’ennesima donna sull’orlo di una crisi di nervi, infine Jim Jarmusch con Paterson. Il regista di Midnight on earth e Broken flowers torna alla Croisette dopo il fin troppo sottovalutato Only lovers left alive, presentando un’ode ai piccoli piaceri e alla vita ordinaria, come quella del protagonista (interpretato dall’ottimo Adam Driver), conducente di autobus e amante della poesia. Jarmusch torna a suonare il ritmo minimo dell’esistenza, la melodia che si sente sotto il frastuono dell’effimero. La stessa musica che i due vampiri protagonisti della sua pellicola precedente sapevano ascoltare

Gli attesi: Park Chan Wook, Dolan, Refn

Dopo i Big, arrivano i predestinati, attorno ai quali si concentra maggiormente l’attesa. Tra questi ci sono registi già affermati, come Park Chan Wook con il suo The Handmaiden, o astri nascenti come Xavier Dolan, regista canadese ventisettene, che giunge a Cannes dopo aver già conquistato il Premio della Giuria con Mommy nel 2014. Juste la fin du monde è un film drammatico su uno scrittore che scopre di avere poco tempo da vivere e torna dalla sua famiglia dopo molti anni. Di tutt’altro tenore il film forse più atteso dai cinefili: l’ultimo lavoro di Nicolas Winding Refn, The Neon Demon, un horror ambientato nel mondo dell’alta moda con Elle Fanning e Jena Malone. Tutti ci auguriamo che il magnifico trailer non si riveli una trappola, come nel caso dell’ultimo deludente Only God Forgives:

Antoine Doinel

Questo è il nome di uno dei più grandi personaggi di finzione del cinema mondiale. Venne creato da Francois Truffaut nel 1959 e la sua prima apparizione fu ne I 400 colpi: un ragazzino scapestrato a zonzo per una Parigi che lo accudiva e nutriva meglio di quanto facessero i suoi genitori. Lo abbiamo visto crescere attraverso film come Baci rubati o L’amore fugge, innamorarsi di Liliane o della signora Fabienne Tabard. Quest’anno riceverà la Palma alla carriera. Sul palco lo chiameranno Jean-Pierre Léaud, ma noi sapremo che a vincerlo sarà un ragazzino di 14 anni.