Halloween è arrivato, e tra zucche, dolcetti e scherzetti, era uno e uno solo il regalo più atteso tra i fan dell’horror, soprattutto quelli di lunga data. Il 31 Ottobre è finalmente uscita per Starz la prima puntata della serie di Ash vs Evil Dead, l’evento più atteso da ogni trentenne maschio cresciuto negli anni Novanta a pane e film dell’orrore. Ma chi è Ash? E chi sono gli evil dead, i “morti malvagi”? Per rinfrescarci la memoria dobbiamo compiere un viaggio nel tempo lungo più di trent’anni.

È il 1978 e il diciannovenne Sam Raimi è impegnato negli studi di letteratura inglese alla Michigan State University. La sua passione è però quella del cinema, e in compagnia dell’amico di sempre Bruce Campell si diletta a girare brevi film amatoriali dell’orrore, come It’s Murder, Clockwork e soprattutto Within the Woods. Quest’ultimo racconta in poco più di mezzora una storia molto semplice: dopo aver profanato un antico cimitero indiano, un ragazzo viene posseduto da uno spirito maligno e fa strage dei suoi amici. Il mediometraggio, la cui unica copia che circola liberamente su internet è talmente rovinata da essere a mala pena intelligibile, contiene in nuce gli elementi che faranno la fortuna della saga: gli spiriti, le possessioni, le soggettive dei demoni, il bosco dall’aspetto tetro e marcescente. Tuttavia, Bruce Campbell non interpreta ancora Ash, il recalcitrante cacciatore di demoni, ma il primo ragazzo posseduto, il cattivo insomma.

Per la nascita vera e propria di Ash bisogna aspettare il 1981 con il cult La casa, in originale Evil Dead. Ancora chiamato con il nome completo Ashley, il nostro eroe ha una fidanzata e un pugno di amici pieni di pessime idee, come ad esempio andare in villeggiatura nel fatiscente chalet sperduto nel bosco, uscire da soli di notte a fare una passeggiata fra gli alberi o evocare un demone sumero dalle pagine un libro scritto col sangue e rilegato in pelle umana. Una volta liberato, lo spirito maligno si impossessa dei giovani trasformandoli in marionette al servizio del male, sorta di zombi senzienti assetati di sangue.

Ciò che non bisogna dimenticare a proposito de La casa è che questo primo film della serie è paradossalmente quello meno caratteristico e soprattutto quello più lontano dal mood del resto della saga. Questo accade principalmente per due motivi. Per prima cosa, il protagonista Ash è molto diverso dal personaggio come lo conosciamo ora, per atteggiamento, carisma e interpretazione da parte di Bruce Campbell. Anzi, si può dire che a parte il nome e l’interprete l’Ashley Williams de La casa è completamente un’altra persona rispetto all’Ash protagonista dei seguiti. Ne La casa, Ash è un ragazzo normalissimo senza particolare personalità e l’interpretazione di Campbell è piatta e sotto le righe. Non è un caso che l’ottimo remake del 2013 si basi sul primo episodio, quello meno personale e più facilmente reinterpretabile.

A partire da La casa 2 (1987) le cose cambiano: Ash inizia a definire la sua personalità e cominciano a venire delineate quelle peculiarità per cui il personaggio è entrato nel mito. Ecco che si inizia a vedere l’Ash sbruffone, combinaguai, scansafatiche, riluttante a prendersi le sue responsabilità, codardo ma in grado di superare le proprie paure. Soprattutto, cambia il modo in cui viene interpretato da Bruce Campbell e ripreso da Sam Raimi. Finalmente Campbell può dare sfogo a tutte le sue capacità di comico slapstick, in un tripudio di espressioni facciali sopra le righe e irresistibili evoluzioni nei combattimenti sempre più bizzarri ed eccessivi, ripresi da Raimi con il suo stile personalissimo fatto di bruschi movimenti di macchina e zoom improvvisi dagli effetti esilaranti.

Già, perché l’altro elemento di rottura più evidente tra il primo capitolo e i successivi è proprio l’introduzione graduale della commedia nell’horror, dapprima come contorno (La casa 2), infine come piatto forte (L’armata delle tenebre e Ash vs Evil Dead). La casa, infatti è un film innovativo e dalla straordinaria regia, ma pur sempre “solo” un horror. Ne La casa ciò che conta è la paura, lo splatter, le uccisioni e gli smembramenti, l’atmosfera malsana della casa e dei boschi: per tutto il film è impossibile trovare traccia alcuna di ironia, salvo forse nella musica leggera e quasi irrisoria che si sente sui titoli di coda, quasi che Raimi volesse stemperare la seriosità del film. L’evoluzione è già ben percepibile nel secondo capitolo, che non a caso non è un seguito ma un remake, come se gli autori avessero voluto ricominciare da capo sotto tutto un altro punto di vista. Non che La casa debba essere considerato in qualche un figlio rinnegato da non tenere in considerazione: il film contiene tantissimi elementi iconici diventati immortali nei seguiti, dal libro dei morti Necronomicon all’aspetto dei posseduti, dalle armi (fucile e – soprattutto – motosega) allo scantinato dove risiede il Male, dai boschi alle soggettive dei mostri lanciati all’inseguimento. La casa 2 può ancora creare qualche spavento, ma sono già più i momenti in cui si ride rispetto a quelli in cui si trema: basti ricordare il sangue da fumetto a volte color rosa a volte color blu pastello, alla sequenza in cui Ash combatte contro la propria mano posseduta o a quella in cui preso da una crisi di nervi ride a crepapelle assieme agli oggetti della casa, che dopo essere stati animati dai demoni si fanno beffe di lui.

Questo elemento comico viene portato alle sue estreme conseguenze ne L’armata delle tenebre (1992), oramai difficilmente considerabile un horror. Seguito diretto de La casa 2, questo terzo episodio cambia totalmente setting, ambientando la vicenda nel medioevo in cui Ash era stato precipitato alla fine del film precedente. È proprio qui che il mito di Ash viene definito e reso immortale, in questo film memorabile dall’infinito repertorio di idee, trovate, battute e invenzioni visive. Impossibile elencare tutte le sequenze memorabili che hanno reso questo film un vero cult, un classico della farsa e della comicità slapstick: il combattimento nel pozzo, la fuga nel bosco, il duello con i cloni miniaturizzati, la scelta dei tre Necronomicon, l’errata formula di evocazione, l’armata di scheletri in stop motion… L’Ash originale è morto, quello della leggenda è oramai consacrato nella memoria collettiva di un esercito di adolescenti.

Quegli adolescenti, oramai non più tanto tali, hanno dovuto aspettare ventitrè lunghissimi anni per vedere di nuovo il proprio eroe sullo schermo… e l’attesa non è stata vana. Sembra che non sia passato un secondo tra L’armata delle tenebre e Ash vs Evil Dead, la nuova serie di dieci episodi prodotta da Raimi. Lo stile di regia è lo stesso, inconfondibile dei vecchi episodi (Raimi però dirige solo il primo episodio: come se la caveranno gli altri registi?), il sangue abbonda e il pedale sulla comicità è premuto a tavoletta. Ma soprattutto c’è lui, Ash, Bruce Campbell, invecchiato e imbolsito, e tuttavia incredibilmente familiare e riconoscibile.

Com’è dunque questo Ash ultracinquantenne? Cosa avrà combinato in tutti questi anni? Come se la starà cavando dopo le avventure nel medioevo? Non tanto bene a quanto pare. Da buon classico proletario americano divide le sue giornate tra il lavoro di sempre al “reparto ferramenta” e le smargiasse serate al bar, a caccia di qualche tardona da rimorchiare dopo averla riempita di balle. Per il resto, sembra trascinare un’esistenza alquanto insignificante nella sua roulotte, lontano da ambizioni e responsabilità. Ma ecco che un giorno cambia tutto, le tenebre si addensano e i demoni fanno ritorno in questo mondo (la sequenza dell’evocazione vale da sola la puntata intera). C’è un solo uomo in grado di sconfiggere il Male per l’ennesima volta… sempre che non decida di fare i bagagli e fuggire dalla città, chiaramente.

Lo stile della serie prosegue quello dell’Armata delle tenebre puntando soprattutto sull’umorismo e sulla comicità, sia verbale che fisica. Campbell è davvero in forma, e il suo essere invecchiato non è una debolezza ma anzi fonte di una serie di gag riuscitissime, come quella della pancera già vista nel trailer. C’è da dire che c’è più sangue e violenza di quanto visto nell’Armata, come se si fosse voluto coniugare le due anime della serie: la sequenza dei poliziotti nella villa ad esempio non ha ad esempio quasi nulla di ironico, e potrebbe far parte di un horror classico.

L’atmosfera che si respira è dunque quella giusta, anche se non ci si può dimenticare di essere davanti a un medium diverso rispetto al cinema: la serie è composta di dieci episodi, e per forza di cose non potrà essere tutta concentrata sul solo Ash, che sarà invece circondato da quella che si preannuncia una scatenata armata Brancaleone: il simpatico collega honduregno Pablo, il cui zio sciamano, detto El Brujo, sembra aver profetizzato l’avvento di El Jefe, il salvatore che sconfiggerà le forze del male; la bella ma rigida Kelly, che pare insensibile al fascino del nostro eroe; la poliziotta afroamericana Amanda, sotto shock dopo aver visto il suo partner trasformarsi in un demone e aggredirla; la misteriosa Ruby, un’affascinante donna che sembra saperla lunga sulla presenza del Male (interpretata da Lucy “Xena” Lawless). Insomma, Ash è definitivamente tornato, e stavolta non è da solo.