L’arte di Frida Kahlo è un nastro attorno a una bomba.

André Breton

A Genova, dal 20 settembre all’8 febbraio, Palazzo Ducale ospita le opere di Frida Kahlo e quelle di Diego Rivera, compagno di vita, ma anche grande fonte ispirativa della sua intera produzione. La mente e la mano di Frida si nutrono a fondo della personalità di Diego, artista ma anche appassionato militante del Partito Comunista; per Rivera l’arte è ontologicamente politica, e i suoi inamovibili ideali gli costeranno un rientro forzato in Messico da New York, dove si rifiuta di eliminare il volto di Lenin da una delle sue opere. Frida, animata dalla stessa bandiera e non certo moderata, dichiarerà addirittura di essere nata nel 1910, anno di inizio della Rivoluzione messicana, e non nel 1907.

L’iter grafico e didascalico della mostra permette non soltanto una visione d’insieme del loro percorso artistico, ma anche (con il prezioso contributo audio della curatrice Helga Prignitz-Poda) di penetrare nei dettagli della loro diversità di carattere, di pittura, di inquadratura, di scelta dei soggetti e di percezione sensoriale. Per la prima volta è possibile vedere da vicino il Quaderno di viaggio in Italia di Diego, dalle cui pagine, disegnate a matita Contè, si percepisce l’enorme influenza che il classicismo immanente dell’arte italiana ha avuto su di lui e sulla sua produzione successiva.

La loro storia d’amore, osteggiata soprattutto dal padre di lei, che avvicina il loro legame a quello di un elefante e una colomba, è tormentata, morbosa e costellata di tradimenti e sofferenze; ne subirà le conseguenze soprattutto Frida, donna di carattere e dalla forte personalità ma allo stesso tempo fragile, segnata dal dolore di un’odiosa malattia e da un tragico evento che ha ridotto il suo corpo in pezzi: “Ho avuto due gravi incidenti nella mia vita: il primo quando un tram mi mise al tappeto; l’altro è Diego”. Diego è ciò che la completa, ma i suoi tradimenti – in particolare quello con Cristina, sorella di Frida, e quello con Tina Modotti, fotografa di origini italiane amica di entrambi gli artisti – causeranno lacerazioni profonde a un equilibrio tutt’altro che stabile. Impazzirà per Diego e Cristina, tanto da tagliarsi i capelli e non dipingere per mesi, mentre sarà coinvolta con Tina e il compagno in un menàge non soltanto fisico ma intellettivo e di profonda stima.

Ritratto di Mr Lavin - Diego Rivera

Ritratto di Mr Lavin – Diego Rivera

La produzione della Kahlo è intimamente legata alla sua condizione psicologica; lo dimostra la fitta simbologia che irradiano alcuni dei suoi dipinti. I ritratti e le nature morte sono carichi di dietrologie catartiche, di fili immaginari che collegano i volti reali dei soggetti al misticismo della natura; lo si osserva nel Ritratto di Marucha Lavin: il viso della donna è riprodotto su uno sfondo di fogliame e farfalle che la fanno apparire come sospesa tra due dimensioni. È qui che si snoda la diversità con cui Rivera affronta la pittura rispetto a Frida: il ritratto al marito di Marucha, l’ingegner Lavin, è guidato da una visione neutrale, il soggetto è pulito e nel quadro viene riservato uno spazio alla sua realtà lavorativa; spesso i personaggi dipinti da Diego vengono connotati da elementi professionali, per via della grande attrattiva che il mondo dell’industria esercita sull’artista. La contrapposizione di mano e sguardo dei due artisti si fa dirompente nelle due versioni del Ritratto di Natasha Gelman: Frida le riserva un primo piano in una cornice dalle dimensioni ridotte, profilando un’espressione arcigna e rugosa; Diego la raffigura stesa, tra un fascio di calle, in abito bianco e sandali aristocratici, diva e carica del fascino patinato della Hollywood anni ’30.

È però nei quadri che riguardano Diego in prima persona che il surrealismo inconsapevole di Frida sublimerà al livello più alto: L’amoroso abbraccio dell’universo, la Terra [Messico], io, Diego, e il signor Xolotl del 1949 è in assoluto il dipinto-emblema della pittura dell’artista: l’immagine potentissima di Frida che culla Diego rimanda chiaramente all’iconografia religiosa cristiana, la Madonna e Gesù tra le sue braccia, irrompendo così nel loro imperturbabile ateismo (più di Diego in realtà: appartiene al suo carattere irriverente la sentenza “Dios no existe”). È l’Universo però il protagonista del dipinto e Frida in questa rappresentazione riunisce tutti gli elementi della mitologia azteca e messicana: il giorno e la notte, il sole e la luna, la vita e la morte.

Questa mostra non pretende di mettere in luce i due artisti nella loro diversità; cerca di trasportare lo spettatore nel mondo metafisico dove Diego e Frida hanno fatto incontrare e scontrare la loro arte e le loro vite. E realizzi solo lì, davanti ai loro quadri, alle loro fotografie, ai loro schizzi, quanto dolore, tormento e passione li abbiano contaminati e ispirati.

Frida Kahlo e Diego Rivera sono stati potenza e atto della stessa materia. L’Elefante e la Colomba hanno lasciato penetrare l’arte nelle loro viscere come l’acqua in un arido terreno. Hanno dipinto il mondo con le mani della natura e gli occhi del Messico. Niente ha separato le loro anime, forse nemmeno la morte di Frida; l’epitaffio di Diego sarà scritto a margine di un disegno della sua Colomba incorniciata da un cuore sanguinante: “Para la Nina de mis ojos”.