Immagine

di Roberto Amato

Devo premettere che ad Alessandro Trasciatti mi lega un complicato e mutevole conflitto di interessi, essendo costui il mio unico e trasandato biografo. Potrei comunque parlarne male se proprio lo sentissi necessario. So che tutto sommato non me ne vorrebbe. In realtà vorrei, io, parlarne benissimo, nonostante abbia letto ben poco di quel pochissimo che ha scritto fin qui, ossia sul crinale dei cinquant’anni. Ma anche questo non lo sento necessario. E lo ammetto, è una colpa grave.

Ho conosciuto lo strano scrittore una decina di anni fa. Prima l’uomo e poi il libro. Trasciatti quarantenne era un ragazzotto dalle manone da carpentiere che però faceva il postino. Forse non c’era una grande contraddizione in questo, perché mi sembrò evidente, da subito, che mai avrebbe saputo costruire una porta o un tavolo, e forse nemmeno verniciare una persiana. Un bellissimo libro però lo aveva costruito (in punta di dita probabilmente): Prose per viaggiatori pendolari. Una raccolta di racconti brevi e brevissimi. Illuminazioni che potrebbero definirsi surreali, se la realtà non le facesse lievitare dall’interno come meringhe. Ecco, la leggerezza di una meringa è una qualità tutt’altro che incorporea. Dunque racconti di una concretezza perfino imbarazzante: un libro che sembra un raccoglitore di piccole montagne, o di pensieri solidi come basalti. I viaggiatori pendolari –pendolando – fanno tranquillamente rotolare questi oggetti non del tutto rotondi, e producono un rumore benevolo. Insomma leggono borbottando.

In questo nuovo libro il borbottio trasciattiano prende una via diversa. L’oscillare è più ampio. Il dottor Pistelli, pendolare anche lui, va da una storia all’altra, non però da protagonista. Egli è lo specchio di vicende che sarebbero altrui se non gli capitasse di doverle vivere come una sorta di sopraffazione, non si sa se maligna o semplicemente sarcastica. La malinconica capacità di adattarsi a modelli che lo sovrastano alla fine potrebbe sembrare comica, se non ci fosse qualcosa di protervo nell’aria che avviluppa il personaggio. Ogni racconto ha una via d’uscita che sembra in discesa e che invece, ogni volta, allontana il dottor Pistelli dalla felicità.

Ha la stoffa del grande scrittore Alessandro Trasciatti? Lui vorrebbe che dicessi di sì. E in effetti, il succitato conflitto di interessi, mi consiglierebbe di farlo, dato che un recensore non può che desiderare come biografo un sublime pennuto. Ma un recensore onesto deve saper resistere agli entusiasmi. Certo racconti come L’istinto dell’archivista, Il tormento del portalettere, Amori e disastri di ferragosto, male non son davvero…

A. Trasciatti, Il dottor Pistelli, Garfagnana Editrice, Castelnuovo Garfagnana (LU), 2013, pp. 116, € 12